Oggi ho messo la maglietta del Cinema America. E lo farò anche domani, e dopodomani. Lo faccio da un paio d’anni, da quando Valerio Carocci mi ha chiesto di dare una mano, conducendo alcuni dibattiti. Sono onesto, con grande superficialità e pur conoscendo la loro storia, trovavo un po’ radical chic quel riunirsi a San Cosimato, sotto l’egida di Bertolucci e tutto il cinema che conta. Ma quando mi ha raccontato il progetto di andare al Casale della Cervelletta, e al porto di Ostia, porto liberato dalle mafie, di portare film e artisti in due posti dimenticati da chi fa cultura ma anche dalla società che dovrebbe occuparsi delle periferie, allora gli ho detto di sì. Per poi scoprire che San Cosimato non era il salottino che credevo.
Carocci e i suoi ragazzi, che conosco tutti – compresi quelli aggrediti, ora so cosa vuol dire rappresaglia: ho tanta voglia di restituire botte e infamità a chi ha fatto loro del male, ma farei solo un torto a loro e ai loro valori –, sono un presidio culturale, sociale, morale. Sono il meglio che questa città, Roma, in piena decadenza, ha saputo produrre, sono la speranza e la voglia di reagire. Per questo sono stati aggrediti da dieci fascistelli nichilisti che si sentono le spalle coperte da chi il veleno che hanno in testa lo sintetizza ogni giorno dai social, dalla tv, dalle leggi e dalle decisioni liberticide che promuove e fa approvare, che si chiamino legittima difesa o #chiudeteiporti.
No, nessuno zero a zero, esattamente come Jeremy Irons che ha messo la maglietta del cinema America e ha detto che bisogna vigilare perché “non si ritorni a 70 anni fa” e bisogna farlo soprattutto quando “si va a votare” o come Edoardo Leo che ha detto “prendetevela con me”. Prendetevela con noi, più vecchi e più abituati alle vostre aggressioni, perché c’eravamo quando quelli che poi sarebbero finiti persino in Campidoglio da Piazza Vescovio alla Balduina giravano con spranghe e catene. Fatelo, perché come i ragazzi del Cinema America, eroi che resistono nonostante una città e un Paese che li tradisce da quando sono nati, non abbiamo paura.
Fatelo, perché siamo tutti in pericolo. Perché l’aggressione contro di loro, contro quelle magliette bordeaux accusate di essere antifasciste – lo sono eccome e ne andiamo orgogliosi –, non è casuale, non è una goliardata di quartiere – i qualunquisti e quaquaraqua già tirano fuori le intemperanze di alcuni outsider di zona, chiassosi ma mai pericolosi –, non è neanche una questione personale. No, è un fatto politico, è il simbolo di una Roma che è sempre più schiava di un fascismo strisciante, che sta cercando di occupare territorialmente quartieri e periferie, da Torre Maura a Ostia, e che vede questi giovani uomini e donne come un pericolo. Perché non sono legati ai partiti, perché non occupano ma conquistano pezzi di città con il loro entusiasmo, il loro lavoro, la loro voglia di crescere e di migliorarsi e migliorare il posto in cui vivono e le persone con cui vivono. Senza ideologie ma con valori chiari: tolleranza, integrazione, condivisione. Che portano la cultura dove arriva più difficilmente e per questo sono pericolosi per chi coltiva elettori, camerati, violenze e sopraffazioni nel buio dell’ignoranza.
Portare ovunque il cinema, quando i miopi distributori ti fanno la guerra e i politici pure, è un atto politico, anzi rivoluzionario. Il Cinema America paga di tasca sua per migliorare questa città e questo Paese e ora non riesce, nonostante un finanziamento già deciso dal MiBAC, a prendere possesso, ristrutturare e usare il cinema Troisi. Guai a dargli un altro presidio di civiltà, bellezza, arte. Potrebbe creare un altro avamposto di valori preziosi e questo fa paura ai mandanti morali di quei 10 vigliacchi che, come ha detto David Habib, uno degli aggrediti, sui social, hanno seguito, provocato, aggredito e coperto di inusitata violenza quattro ventenni che non hanno risposto a nessuna offesa, non hanno reagito, non hanno picchiato. Si sono solo rifiutati di togliere quella t-shirt. Non facciamolo neanche noi, altrimenti saremo complici di quel fascismo mafioso che ha usato i suoi camerati picciotti per far paura a una delle esperienze più nobili che abbia visto questa metropoli, coperta di immondizia, reale e morale. Diventiamo la scorta di questi ragazzi, che da anni lavorano per noi senza avere nulla in cambio.
Reagiamo, come ha detto Irons. Proteggiamoli, non solo quando volano pugni, schiaffi e fioccano fratture e punti in faccia, ma anche quando vengono ostacolati nelle loro attività dalla politica, dall’industria, dal sistema. Perché a dispetto delle sue dichiarazioni da Washington Salvini – che comunque parla “di comunisti e fascisti”, depotenziando la radice politica e ideologica dell’aggressione con parole volte solo a dire “che qualcuno ha dato pure di questo la colpa a Salvini” –, preferisce prendere le parti di un tabaccaio giustiziere, o andare in aeroporto a prendere Battisti, piuttosto che presentarsi, con quella maglietta, a San Cosimato, alla Cervelletta o a Ostia. Togliesse, il ministro dell’interno, quelle felpe ridicole e mettesse quella maglietta. La battaglia di questi attivisti della bellezza è necessaria a tutti noi, a meno che non teniamo al fatto che questa città continui a cadere in una decadente violenza, in uno squallore morale, in uno squadrismo fascista che, come pochi ma buoni (vedi Zerocalcare) ricordano, è in atto da anni, dall’omicidio di Renato Biagetti nel 2006 si contano a decine gli atti criminali con una chiare matrice politica in un’escalation costante.
Non sottovalutiamo cosa è successo. Fa parte di un progetto chiaro, in atto da anni e che ora trova terreno fertile in una situazione politica favorevole, chi fa cultura è un oppositore, così come chi esibisce striscioni con su scritto “Ama il prossimo tuo” e viene ridicolizzato pubblicamente dal suo ministro dell’interno e pestato dai militanti del partito del suddetto. Non sottovalutiamo quest’aggressione che è coerente con l’ostilità strisciante del potere per questi ragazzi. Non sottovalutiamo e scendiamo in piazza. Ma non per protestare, per guardare dei film. Seduti, sulle sedie, con la maglietta del Cinema America (potete comprarle nei luoghi in cui vengono proiettati i film). Invadiamo i quartieri di Roma con quelle magliette. Mettiamogli paura con il nostro sorriso, con l’orgoglio di essere antifascisti (questo Paese si fonda su questo valore), con la voglia di bellezza che quell’indumento rappresenta.
Scortiamo, con i nostri gesti, la nostra presenza, il nostro abbigliamento Valerio Carocci e i ragazzi del Cinema America. Lo dobbiamo prima di tutto a noi stessi.
E scusatemi, amici miei, se non ero lì con voi, quella notte.