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Da Rai 3 alla Biennale, s’incazzano le destre. E meno male che c’è Miuccia

È stata una lunga settimna: se in casa Rai diventa tutto prevedibile (Scurati censurato il 25 aprile), al Fuori Salone le influencer addentano bigné al salmone mentre si discetta intorno alle opere di autrici protofemministe. E poi, chiaramente, c'è Taylor Swift

Antonio Scurati. Foto via Instagram

Giovanni Robertini: Far incazzare questa destra di governo sta diventando troppo facile, basta invitare uno scrittore come Antonio Scurati a fare un monologo per il 25 aprile dalla Bortone su Rai Tre e scatta la censura preventiva. Insomma, c’è la notizia, ma non c’è la notizia. È tutto “come da scaletta”, per usare una terminologia da autore tv. Apprezzo invece il lucido sforzo del nostro amico Luca Cerizza, curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia, di mostrare il lato più cialtrone e scureggione del potere senza provocazioni se non quella “concettuale” di un’installazione d’arte di Massimo Bertolini: un labirinto di tubi per ponteggio con al centro una fontana dove l’acqua crea un movimento costante e ai lati due rulli musicali che diffondono la composizione di Kali Malone e Caterina Barbieri. Non è piaciuta al sindaco di Venezia Brugnaro, beccato come una baby gang qualunque a schizzare l’acqua della fontana, né al rosicone Sgarbi che ha parlato di “orrore contro l’umanità”. Manco il Fantozzi della “cagata pazzesca” alla Corazzata Potemkin! Però gli amici che erano al vernissage, protetti da un solido snobismo (forse hanno ragione loro, e l’unico modo per far incazzare la destra davvero è ignorarla!), hanno notato solo le due muse del drone, Kali e Caterina, aggirarsi silenziose e aliene per lo spazio delle Tese delle Vergini rifiutando ogni photo opportunity, tenendosi per sé l’unico frame – uno scatto di coppia tra i tubi pubblicato su IG – in grado di opporsi (da sinistra vs. destra) al bombing di selfie di Chiara Ferragni con vestito da mille e passa euro durante l’inaugurazione della bella mostra di Vezzoli. Già Picci, non ci hanno invitato anche quest’anno all’inaugurazione della Biennale, peccato, forse ci saremmo potuti imbucare come Fedez al Coachella…

Alberto Piccinni: Mah che vuoi che dica? Quando dici Biennale di Venezia prima di tutto penso a Alberto Sordi nei panni del fruttarolo Remo Proietti con la moglie Augusta, fotografata sulla sedia come un’opera d’arte, ricordi? Poi mi faccio schifo da solo, in quanto quello è l’apice del qualunquismo criptofascio italiano, ve lo meritate. Pochi ricordano che nella sequenza precedente dell’episodio i Proietti vanno a sentire un concerto di musica contemporanea obbligati dal “figlio intellettualoide” (chiosava sempre Tommaso Labranca) dove a un certo punto stanno tutti in silenzio per due minuti, ovviamente. “Augù stamose zitti pure noi sennò ce cacciano”, dice lui perplesso. “Magari” risponde lei, e s’addormenta. Comunque meglio dormire che Sangiuliano penso, e un po’ mi consolo. Ho un illuminazione: se la nuova coppia Fedez e la content creator Giulia Ottorini fotografati insieme al Coachella in California non fossero altro che i nuovi Remo e Augusta Proietti? «Gli influencer hanno rovinato il Coachella», ho letto l’altro giorno sul Post che spiegava bene come per quelli che vanno al festival solo per farsi vedere senza sapere che ci suona sia stata coniata un’espressione: no-chella. Carina. I festival in generale mi sembrano dei rituali scomodi, peggio adesso di ieri, preferisco i concerti per dieci persone compreso me e ho un debole per le storie di autoriduzione degli anni ’70 ma è un limite mio, quanto alla musica contemporanea Damon Albarn che se la prende coi ragazzi del pubblico perché non ballano e cantano su una sua hit di trent’anni fa boh secondo me si sopravvaluta. Ho letto anche che al Coachella c’era Taylor Swift tra il pubblico con il suo fidanzato giocatore di football. Un concorrente di Squid Game the Challenge, gioco di Netflix, non udente avrebbe interpretato un labiale di un filmato tra i due: «Scusa» – dice lei a lui – «sono ubriaca». Fine della notizia. Era su Il Fatto che copiava il New York Post che copiava l’eco di Paperopoli.

Giovanni Robertini: Apprezzo il tuo tentativo di studiare Taylor Swift per salvare la sinistra, ma qui a Milano, nella tentacolare settimana del Salone del Mobile, l’opposizione politica l’abbiamo delegata a Miuccia Prada: due giornate evento al Circolo Filologico di Milano intitolate “Miu Miu Literary Club”, in pratica una riserva indiana della cultura dove si serviva champagne a influencer vestiti buffi e costosi mentre scrittrici come Jhumpa Lahiri, Claudia Durastanti e Sheila Heti discettavano intorno alle opere di due autrici protofemministe dimenticate, Sibilla Aleramo e Alba De Céspedes. C’era chi, addentando un bignè al salmone, si lamentava del fatto che fosse pagata svariati kappa (il modo milanese di dire “migliaia di euro”) la modella Tina Kunakey, ex di Vincent Cassel, per fare un semplice reading, alla faccia dell’emancipazione e della sorellanza. Giusto, in alto i calici di bollicine, si apra il dibattito! Sempre meglio del torpore letterario del Salone del Libro torinese prossimo venturo. A proposito, ho letto e messo tanti cuoricini al post del nostro amico scrittore Francesco Pacifico: mostrava la sua distanza, morale e intellettuale, dall’amichettismo del mainstream letterario pubblicando un blurp (la cosiddetta “frase promozionale”) di Viola Ardone all’ennesimo romanzo di Walter Veltroni, una supercazzola con l’aggettivo “commovente” incorporato. Il tema è sempre quello: la casta, i romanzi brutti, gli amici degli amici, la promozione, lo Strega, le vendite e le ospitate tv… Che tristezza, tocca farci salvare da Miuccia.

Alberto Piccinni: Scusa ma Miuccia Prada avrà autorizzato il nuovo videoclip di Tony Effe Miu Miu? Dal punto di vista culturale, dico, non del product placement. Oddio, sembra una parodia della Gialappa’s, Maccio Capatonda apocrifo. Quando compaiono Vittorio Sgarbi e una capra mi stupisco che non abbiano trovato il modo di buttarci dentro pure Rocco Siffredi e Chiara Francini. Povera trap. Tornando a Taylor Swift sono due giorni che cerco di studiare a fondo l’album ma niente, dopo la terza canzone tutto mi evapora in una nebbiolina tipo Fleetwood Mac alla radio, hai presente? Colpa anche dei critici che hanno preso il compito con una serietà impressionante, dalle 6000 battute in su. Bello il pezzo del New Yorker, Amanda Petrusich spazientita: «A che serve fare tutti questi soldi se non ti comprano la libertà dai marchi industriali?». Vallo a dire a Tony Effe e a Miuccia Prada. Il Corriere della Sera inizia la recensione citando la Poetica di Aristotele e qui mi sono vergognato per la categoria. Mi è piaciuto molto il riferimento del nostro Claudio Tedesco a Tunnel of Love di Bruce Springsteen, disco pop semidimenticato che risale all’inizio della storia del Boss con Patti Scialfa. Si era vestito bene, ripulito, innamorato, aveva lasciato i vecchi amici, l’autostrada, pure ingrassato. Uno di noi. Segnalo che Tunnel of Love si sente in sottofondo nel nuovo film di Luca Guadagnino Challenger perciò è matura la riabilitazione. E comunque sì, sono disposto pure a tracciare la mappa degli ultimi fidanzati di Taylor Swift, l’attore Joe Alwin, lo scapestrato cantante Matt Healy e ora il giocatore di football se questo può darci un prospettiva per la sinistra. Il 18% degli americani è sempre convinto, secondo un recente sondaggio, che Taylor Swift sia un’agente segreta di Biden. Magari. Avessimo anche noi un agente segreta così. Annalisa? Miuccia Prada? Magari.

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