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Finalmente i mediocri hanno trovato la loro eccellenza: restare a casa meglio degli altri 


Eccoli lì, appagati e zavorrati al divano a spiare dal balcone chi trasgredisce all’autorità. La rivelazione più terribile di questa epidemia sono loro, i "restoacasisti" pronti a inchinarsi al primo inquisitore che passa

Foto: Antonio Masiello/Getty Images

Finalmente un’orda di mediocri che non avevano mai raggiunto nessun risultato degno di nota nella loro vita, che non avevano mai vinto neppure una partita di freccette all’oratorio, che non avevano mai creato nulla di bello – di più: che non avevano nemmeno mai ambito a creare qualcosa di bello –, hanno trovato un modo per essere eccellenti: restano a casa, meglio degli altri. Tu da’ a un grande mediocre un piccolo vantaggio e quello te lo farà pesare per l’eternità. Quando questo (doveroso) lockdown cieco e senza domani incontrerà un domani – perché, prima o poi, lo incontrerà – rimpiangeranno a vita la loro gloria tutta pigiama e piaghe da decubito. Mostreranno per decenni, prima ai figli e poi ai nipoti e poi ai bisnipoti, i loro selfie davanti alla tv, e subito dopo la foto di un runner con una fascetta primi anni ’20 o di un ingorgo stradale di anacronistiche auto senza ali: “Guarda il nonno, che bravo, lui a casa felice e patriottico” biascicheranno, “quegli altri criminali, insofferenti e infettanti, fuori”.

Caricatura di una religione orientale, l’inazione elevata valore supremo non per raggiungere un più elevato grado di coscienza, ma per mancanza di alternative plausibili. Il vuoto non come ideale di chi ha sondato l’impermanenza di ogni cosa, ma come mangime per ingozzare la propria falsa coscienza da delatori.
 Inazione & delazione. La formula del suddito perfetto.

In una classe entra il professore e dice: “Adesso basta con italiano, equazioni e disegni. Adesso facciamo il gioco del silenzio. Chi tace meglio viene promosso”. Ed ecco che i più insulsi della classe, senza chiedere né perché né percome, serrano subito le mandibole e gongolano nel profondo dell’anima muta. Non gli sembra vero, a questi qui, di essere valutati per una qualità così imbecille e livellante. “E la lode va a chi fa la spia. Per alzata di mano”. Le braccia si alzano, tra i banchi si formano muri da pallavolo.

“Bambino Marco ha il singhiozzo!”
“Bravo, bimbo Gigi, venti like per te”.

Gente che non solo sta a casa come è sacrosanto fare nelle prime fasi dell’emergenza, ma che ubbidendo senza porsi alcuna domanda all’ordine di una faccia televisiva a caso trova una insperata realizzazione esistenziale. “Tu vuoi andare nel mondo e ci vai a mani vuote, con la promessa di una libertà che gli uomini, nella loro semplicità e nel loro disordine innato, non possono neppure concepire” dice a Gesù il Grande Inquisitore di Dostoevskij. “Oppure a Te sono cari solo quei pochi uomini bravi e forti? (…) Noi abbiamo corretto la Tua opera, l’abbiamo basata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità. E gli uomini si sono rallegrati che finalmente il loro cuore sia stato liberato da un dono così terribile.” Eccoli lì, la barba incolta e il cuore liberato dalla libertà, a spiare dal balcone vicini di cui nulla sanno e nulla vogliono sapere: apparentemente – solo questo conta – trasgrediscono all’autorità, al mistero, al miracolo. I contagi scendono e salgono per miracolo, sì, dal momento che i restoacasisti neanche si pongono domande come quella sull’effettiva quantità di tamponi effettuati.

Inventarsi tutti i giorni una vita là fuori è un bel casino, costa fatica, rimpianti e rimorsi. Una scelta dopo l’altra, rinunciare a un possibile futuro dopo l’altro. I bivi, le decisioni. Cambiare lavoro, difendere la propria dignità in un’email a costo di perdere una commissione, fare l’elemosina a quel barbone o investire nel secondo cappuccino, provarci con quella ragazza rischiando l’umiliazione del rifiuto. Che fare? Dall’altra parte, hai gli ordini. Che pace. Qualcuno che ti dice ciò che devi fare e basta, ti affranca dal peso di essere un individuo unico e fallibile. C’è chi ricorda la leva come il periodo più sereno della gioventù. Rifa’ la branda, destro, sinistro, marche. Eccoli qui, appagati e zavorrati al divano dallo spirito di rivalsa e dal cibo in scatoletta, i nostalgici dei caporali.

Basta mettere un punto interrogativo alla fine di una frase per suscitare questa reazione: si invoca la corte marziale e si allega una foto di medici eroi. Hai un dubbio? Bene, guarda i dottori in Lombardia, li stai uccidendo tu.
 Gente che non ha la minima idea – come del resto nessuno di noi – degli effettivi morti, contagi, metodi di trasmissione del virus. Né, naturalmente, di come ripartire. Stare a casa e basta, per sempre, fortissimamente. Tu ci stai ma cominci a pensare che “a oltranza” sia la pezza con lo smile per coprire un abissale vuoto politico? Bene, sei un traditore della patria. La rivelazione più terribile di questa epidemia è il bisogno diffuso – finalmente demistificato – di inchinarsi al primo grande inquisitore che passa.

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