Il risultato è che oltre a fisioterapisti, mental coach, assistenti, portavoce, amici e amichetti e fidanzate al seguito, la figura principale e inedita oggi nei box e sulla griglia di partenza per ogni pilota è quella del papà. Categoria inaugurata a suo tempo da Hamilton che con suo padre Anthony ha condiviso vittorie e brucianti sconfitte. Indimenticabile è l’abbraccio appena dopo la sconfitta del 2021. Lungo e intenso, dopo un campionato – meritatamente vinto da Verstappen – ma segnato da un’ultima gara dalla dubbia gestione della Federazione Internazionale.
In questo avvio di campionato 2025 si è così visto Anthony Hamilton andare a consolare subito il giovane Hadjar, esordiente pilota Racing Bills che dopo pochi metri è andato a sbattere, complice una pista bagnata e un’inesperienza dettata anche dall’assurdità di regole che impediscono veri e propri test invernali. Il clima alla corte di Helmut Marko non è dei più affettuosi e Hadjar sa benissimo quanto ogni errore può costargli caro.
In griglia ormai è una presenza fissa e rassicurante anche quella di Adam Norris, padre di Lando e solo di una manciata di anni poco più vecchio di Fernando Alonso, decano dei piloti e forse l’ultimo esponente di una categoria ormai associabile già alla cappa e spada che alla moderna Formula 1.
Adam Norris, manager nell’industria fintech, è addirittura andato in pensione anticipata anni fa per dedicarsi totalmente alla carriera del figlio, che con la vittoria di oggi è ampiamente il favorito per la conquista del titolo mondiale dopo un anno trascorso tra errori e psicodrammi – molte volte autoindotti (e non poche volte evidenziati dalla ruvidezza di Verstappen) da una fragilità prima di tutto emotiva – nonostante le indubbie qualità velocistiche.
Chi ha ancora un’idea di pilota di Formula 1 tutto eccessi e rischi, un cavaliere epico solo alla guida, dovrà dunque ricredersi, i tempi sono cambiati. Ora la Formula 1 accalca nella propria pit-lane lusso e più o meno presunta eleganza. I brand che s’impongono insieme a quelli della finanza sono quelli della moda globale (addio sigarette e uomini a cavallo in terre montane innevate e lontane da ogni forma di civiltà urbana).
Orologi dalle quotazioni assurde e capi d’abbigliamento dallo stile discutibile sono gli stilemi di un mondo che si aggrappa a dei ragazzini per ottenere pubblico e ricavi. Se fece scandalo l’esordio a soli 17 anni di Max Verstappen protetto e spinto dal nerboruto padre, ormai non fa più quasi notizia – la giovane età – del diciottenne bolognese Kimi Antonelli, pilota Mercedes già di evidente valore, ma anche già avvezzo alle interviste e allo stanco rito delle risposte copia incolla da ufficio stampa.
In questo tripudio di esperti e figure dedicate in cui la parola performance si mischia spesso a torto con la parola cura, le figure dei padri, da quelli più discutibili – quanto almeno alcuni esaltati genitori ai bordi dei campetti di periferia –, a quelli più consapevoli e affettuosi, riportano il mondo della Formula 1 a una misura più umana che contenga dentro di sé gioco e desiderio. Una lotta anche un po’ infantile, ma tutta da giocarsi fino in fondo.
Si tratta in fondo di ragazzini che tolto il casco rivelano sorrisi timidi o sguardi sconsolati. Uomini grazie a un’armatura costruita a colpi di maturazione forzata e psicologia performativa che rivelano l’inconsistenza e la leggerezza tipica di chi ha vissuto fino ad allora solo ed esclusivamente per una cosa: correre e correre in macchina.
Fuori dalle piste ognuno di loro spesso mostra ancora molti meno anni di quelli compiuti, frutto di una disabitudine al mondo, visto tutto e subito, ma solo e sempre di sfuggita tra un aeroporto e una pista di gara. Un delirio in parte violentissimo che offre però la possibilità per un candore imprevisto. È il segreto del gioco e anche del suo divertimento che tuttavia maschera spesso insensatamente un rischio palpabile ed evidente a ogni errore e a ogni curva mancata.
Ecco allora la presenza dei padri proprio là dove non te li aspetteresti mai, figura caduta in disuso e in via di perenne sparizione in società. Incapaci, inadatti, eccoli qui i padri a misurarsi con dei figli eccezionali, ma ad alto tasso di fragilità.
Una fragilità comune, quella che ha mutato due amici e due avversari come Ettore e Achille in un padre e in un figlio. Un abbraccio prima della partenza, uno sguardo d’intesa prima d’indossare il casco e poi una gara, da giocare al massimo divertimento fino all’arrivo: unica certezza la presenza dai padri una volta tagliato il traguardo.
Padri che espongono al pubblico i propri limiti e anche il proprio narcisismo, il proprio ruolo e la propria fama e in alcuni casi anche il peso forse insostenibile di una presenza-assenza ossessiva come fu per Mick Schumacher e l’ombra di un genitore impossibile da togliersi dalla mente.
L’Australia si chiude con un trionfo – seppur dimezzato – di McLaren e di Lando Norris, segue Max Verstappen mai domo e sempre affamatissimo. La Mercedes in perenne stato di terza forza segue con Russell e con uno straordinario Kimi Antonelli in recupero fino alla quarta piazza. Ferrari e Hamilton dispersi tra le anomalie di una gara da sopravvivenza, ma anche con l’angoscia rossa da non far montare perché nulla è ancora perso, ma che inevitabilmente in Ferrari inizierà a montare. Ottima la Sauber e ancor meglio una Williams in grande spolvero con Albon nonostante un impolverato Carlos Sainz scivolato per prati.
Settimana prossima si va in Cina pronti a riconferme e rivincite per una banda di ragazzini pronti a far danno tirando fuori colpi da meraviglia anche per far durare più a lungo possibile questa infanzia salgariana fatta di duelli e sfide. La realtà attorno incombe con contratti, discussioni da manager e con manager, visioni imprenditoriali, scelte da pirati, traffici e trafficoni più o meno leciti e quell’assurda e irrefrenabile ricerca tecnologica che segna il senso stesso di uno sport fortemente anomalo, ma il cui cuore è tutto per loro, trickster di un mondo che si vorrebbe sempre uguale a se stesso e con le medesime regole. A loro il compito di cambiare, facendo saltare il banco e svelando questo gioco da adulti in mano ai ragazzini. Che gente!