Harry Ukrainì | Rolling Stone Italia
freak show

Harry Ukrainì

La settima puntata di 'Freak Show', la rubrica in cui le opere digitali di Max Papeschi incontrano i testi surreali di Enrico Dal Buono. Che cosa è successo davvero nello Studio Ovale?

freak show

Artwork by Max Papeschi

Il più grande escapista della storia si è liberato dall’assedio di carri armati che avevano già lo Champagne in fresco nei minifrigo, dall’assedio di allegri ceceni in gita fuori porta che per consolarsi si sono attaccati con i canini alla carotide di alci e marmotte dei boschi, da quello dei kamikaze nordcoreani che se non si lasciavano accoppare poi Kim gli faceva passare dei guai seri.

Si è liberato dalla cavalcata delle valchirie con pene di Wagner, dalla scocciatura di decidere il colore della camicia la mattina, da quella particolare categoria di pervertiti che si eccitano con grandi e turgide lettere Z, è evaso da innumerevoli incontri con politici europei che provocano la malattia del sonno come la mosca tse-tse, dalla Casa Bianca dove ha capito perché – quando uno ti tiene fermo e l’altro ti pesta – si dice che ti picchiano “all’americana”, dai tempi delle burocrazie occidentali per cui tutto può andare in malora ma con i modulini in regola, dall’amore eterno per l’Ucraina dello zio Vladimir, dall’associazione mentale per cui tre generazioni di europei se sentono il sostantivo “guerre” pensano subito all’aggettivo “stellari” e si ricordano solo quel robottino così caruccio che fa blinblìn.

Dalla scocciatura di doversi annodare la cravatta, dalle radiazioni di Zaporižžja che però gli hanno conferito il potere dell’ubiquità, dalla credenza degli italiani più illuminati secondo cui gli ucraini sono un popolo di sole badanti che si riproducono per partenogenesi, dalla Storia che tutti dicevano che era finita e lei invece voleva dimostrare di avere ancora una luminosa carriera davanti.

Altre notizie su:  Freak Show