Alberto Piccinini: Come va? Obbligatorio ricominciare i dialoghi della Boomer Gang con il caso Baby Gang che su Instagram aveva scritto di Berlusconi: «Quando c’era lui l’Italia era la vera Italia non si può dire niente a quest’uomo». B, diceva Baby, è l’unico che si occupa di carceri e guarda avrei capito al limite il messaggio trasversale gangsta tipo aboliamo il 41bis. La cultura hip hop internazionale ama da sempre il made in Italy: le scarpe, il cinema di mafia, il Berlusca. Ice Cube, Kanye West, Lil Pump e Lil Wayne hanno endorsato Trump. James Brown amava Nixon. Invece in un altro post Baby Gang dice che no, scherzava. Dice anche che «tanti suoi compaesani maranza si sono arrabbiati perché ora in Marocco gira la voce che sono razzista e appoggio la Lega». Ecco: vorrei ringraziare questi compaesani maranza perché sanno come si sta al mondo, sono anche compaesani miei.
Giovanni Robertini: Certo, un po’ di delusione per l’endorsement, vero o falso che sia, di Baby Gang rimane. Forse ci si aspettava di più da questa seconda generazione di rapper, dopo il cinismo ironico della prima che aveva trasformato Berlusconi in icona di “gangster, pusher, hustler, escort”, citando Gué. Ma te li vedi a votare Sinistra Italiana, che vuole vietare i jet privati, cancellando così una delle photo opportunity più gettonate dell’hip hop? Come si può tenere insieme hype e street credibility appoggiando Letta, Bonelli o Conte? È come mettersi ai piedi una Geox mentre rappi delle Jordan, non so se mi spiego… E i politici italiani non stanno al passo: Bernie Sanders si faceva intervistare da Killer Mike, Mélenchon aveva usato per la sua campagna elettorale su Tik Tok un pezzo di Yeat, Monëy So Big, mentre da noi il PD in piazza Sant’Apostoli balla ancora Life Is Life, pezzo anni ’80 degli austriaci Opus, boomerismo da villaggio vacanze. Ha ragione Salvini quando dice che Letta «vive su Marte».
AP: Endorsement è parola sconosciuta da noi. Aspettavo che Tiziano Ferro calasse la bomba anti-Meloni e invece niente. Leggo l’intervista di Carzaniga qui su Rolling per sapere che «sento, da artista, di non dovermi schierare» e già mi casca il cascabile – con ronzio in sottofondo di uffici stampa e pr. «Salvo che sui diritti», aggiunge Tiziano e dice che i suoi figli non avranno il passaporto italiano ma si terranno stretto quello americano. Mi sta bene. Però, o ti schieri o ti dichiari in esilio politico, sennò non torna.
GR: Tutti “zitti e buoni”, magari ci salverà in corner Damiano dei Måneskin? La speranza rimane, anche se mi sembra che i nostri cantanti abbiano paura a usare la parola fascismo… Troppo da boomer pure quella? Forse sì. Allora potremmo iniziare a chiamarlo phascismo? Sui social circola già da un po’ (okkio ai phasci, i nuovi phascisti) spesso in tweet liquidi con tanto di schwa e asterischi, ma l’origine non è chiara, c’è chi ne attribuisce l’invenzione ai no vax, secondo cui il ph starebbe per Big Pharma, ma poi quel significato sembra essersi già perso, e rimane questo neologismo un po’ drill, pure trap, comunque nuovo, starebbe bene come titolo di un pezzo di Lorenzo Senni, Stop Phascism. Abbiamo bisogno di dare un nome nuovo a quello che ci aspetta, e questo potrebbe essere quello giusto.
AP: Giustissimo, ma che musica ascolteremo col governo phascista? Neanche una musica decente sono mai riusciti ad avere. Edoardo Vianello e i suoi altissimi n****, Enrico Ruggeri punk a Milano e i compagni gli correvano giustamente dietro. Pupo. Lucio Battisti. Battisti, leggo sul Secolo, «è l’unico trofeo che può sventolare un’intera generazione altrimenti costretta alla quaresima sonora dal monopolio rosso». Il Battisti iniziatico, gnostico, quello del «planando sopra boschi di braccia tese» o dei «canti delle genti nuove all’imbrunire». Bah, io se fossi Giorgia Meloni punterei tutto su Giovanni Lindo Ferretti. L’inno accappella alla finale di Coppa Italia, una reunion dei CCCP – Fedeli alla Linea il prossimo 25 settembre 2023, anno I.
GR: Sembra passato un secolo da un’intervista dell’estate scorsa a Emis Killa in cui diceva che il rap in Italia «è un ambiente molto di sinistra, e se sei di destra ti danno contro». Da allora ho visto solo stories di trapper come Lazza che si lamentano di pagare le tasse regalando i loro soldi allo Stato. Pure Madame, in teoria una progressista de sinistra, nel freestyle delle 64 Bars per Red Bull rappa “non è un Paese per realizzati / tasse sui guadagni / tasse sulla fama / un cinquanta allo Stato di quel che ho sudato”. Altro che flat tax… Trap tax! Se non è di destra questo anarco liberismo, allora cosa lo è? E ben vengano Elodie, Ariete, Levante che le cantano alla Meloni. Ma tutti gli altri dove sono?
AP: Io quasi temo il grande endorsement di Jovanotti. Per la Meloni. Lasciami aggiungere che Aboubakar Soumahoro è più impenetrabile di un disco di Cecil Taylor.
GR: Il free jazz teniamocelo per i lunghi anni di isolamento politico che ci aspettano. Un po’ come faceva Kareem Abdul-Jabbar, il cestista dei Lakers che nella bella serie tv di HBO, Winning Time, viene raccontato nella sua villa di Los Angeles mentre fa yoga tra incensi hippie e ascolta con le cuffie Albert Ayler leggendo la rivoluzione prossima ventura delle Black Panthers. Ecco, senza villa, cuocendo una pasta col pensiero magico, mi preparo anch’io al punto di non ritorno guardando il nuovo video di Björk, Atopos, un viaggione tra funghi psichedelici e colti raver bucolici. Nel 2018 era uscito un pezzo della rivista scientifica Big Think che, basandosi su una ricerca dell’Imperial College di Londra, titolava che i funghetti magici come la psilocibina possono aiutare a combattere il phascismo. Ma così è troppo facile, no?
AP: Ah sì, quello già lo diceva William Reich a suoi tempi. Comunque il mio disco della settimana è Bajascillator di Bitchin Bajas, un trio di sconvoltoni di Chicago che stanno sotto col minimalismo, Terry Riley e il rinascimento psichedelico. Ne avremo molto bisogno.