Giovanni Robertini: A Milano è stata la settimana del Salone del Mobile, puoi immaginare come mi sono depresso. È così ogni anno. E allora mi sono chiuso in casa – di mia madre, che la mia l’ho affittata a dei designer danesi, pulitissimi tra l’altro, me l’hanno lasciata meglio di come l’hanno trovata – e mi sono messo a sfogliare il libro di brand:new, la trasmissione di Massimo Coppola su Mtv dove eravamo autori anche noi due. Leggi qui (anche perché se non è hai conservata una copia il libro edito da minimum fax è introvabile): «Una volta all’anno, come se non bastassero le sfilate, Milano viene assalita dalla folla festante dei mobilieri, quelli che il design è vera arte, quelli che il feng shui, le ciotole giapponesi, la musica fichetta…». Capito? Sopra c’è scritto Aprile 2001! Duemila e uno, capisci? A parte che non è cambiato un cazzo, tranne che ormai certa musica fichetta a me piace, lunedì mi sono sparato un’ora di droni di Kali Malone senza fiatare, sarà l’età. A parte questo, senti che scrivevamo sul Salone: «Mi piacerebbe che Gadda fosse ancora vivo. Mi piacerebbe che Gadda scrivesse un pezzo nello stile di quello contro i borghesi milanesi che sta in mezzo a La cognizione del dolore: un capolavoro, puro divertimento. Sì. E pensare che tutto ebbe inizio qualche migliaio di anni fa con un tizio che aveva messo un po’ di paglia per terra. Per stare più comodo. Non immaginava certo tanto clamore. Pensate a questo saggio cavernicolo che torna a casa sua, cioè nella sua caverna, e trova duecento persone fichette che bevono Martini commentando il suo pagliericcio. Potrebbe pensare che sono scemi. O potrebbe tentare di venderglielo. E tra le due ha scelto sicuramente la seconda. E così ci ha fottuti tutti…». La domanda è ancora valida: ci ha fottuti tutti?
Alberto Piccinini: Ah non mi ricordavo proprio il pezzetto sul pagliericcio dell’uomo primitivo e il Salone del Mobile. Però ricordo che ci facevano molto ridere le citazioni fumettare da ragazzini anni ’70, tipo B.C. o Antenati. E del Salone del Mobile ci faceva ridere la serietà di tutta l’operazione: quella roba calvinista-bausciona che Milano sconterà nei secoli dei secoli. Ho seguito il lungo reportage sull’inaugurazione, è durato mezzo Tg1. È una perversione lo so, ma c’hai fatto caso? Danno una notizia, tre marchette e giù un quarto d’ora di cazzate. Insomma, è arrivata Giorgia Meloni seguita dai suoi orrendi topi di sezione e dalla sorella Arianna; ha affrontato il solito tripudio di ciotole e sedie scomode lodandone l’Eccellenza, come avrebbe fatto di fronte a Mondoconvenienza o a Poltronesofà; ha detto che le donne italiane devono fare più figli italiani perché sennò i migranti chissà che si mettono in testa. Ti basta? A me sì. Non apro nemmeno il dibattito sulla barzelletta del Fatto Quotidiano: Checco Zelone l’aveva fatta identica l’anno scorso, tutti a ridere; e quante ne hai viste sulla settimana enigmistica di cielo mio marito con idraulici e vicini di casa? Vabbè. La mia conclusione: Milano si merita la sora Cecioni della Garbatella, se la merita tutta. Lei, e pure Ilary Blasi. Tenetevele che tanto noi qua a Roma ne abbiamo viste d’ogni. Il nostro rapporto con le sedie e le ciotole è fermo a “le vacanze intelligenti” di Alberto Sordi con la moglie alla Biennale di Venezia, inchiavardato nel DNA. Va da sé che “Open to Meraviglia” dello studio Armando Testa commissionato dalla Santanchè è purissimo Mondoconvenienza. Elevo perciò un pensiero a Tommaso Labranca e alla nostra beatissima gioventù.
GR: Scusa, se torno al librino di brand:new, ma c’è una serendipity che levati. Il monologo subito dopo quello del Salone del Mobile inizia così (e siamo sempre nell’aprile 2001): «Sono stato a un dibattito con Moretti…». Ora, non ho ancora visto il nuovo film, Il Sol dell’Avvenire, ma già leggo che fanno a gara a chi stronca di più Nanni. Non so se val la pena entrare nel dibattito, dovrei chiedere prima al mio analista. Comunque, torno al pezzo di brand:new: «Davanti a me una signora molto alternativa correggeva compitini di inglese. Ragazze parlavano di feste per la serata. Faccio cose, vedo gente. Poi molte persone sole. Ma fiere di esserlo. Insomma. Abbastanza fiere. Comunque inizia il dibattito. Che bello. Un’isola incontaminata dalla dittatura della tv. Tanto tempo per parlare. E allora i fan si scatenano. C’è chi urla incoraggiamenti a portare a termine il progetto sul pasticciere trotzkista. Chi fa domande brevi e incisive. C’è anche qualche giornalista masochista che usa termini come “filino abbozzato” e “audience”. Moretti li piglia per il culo e si becca i loro stessi applausi». Insomma un bel dibattito. Tu l’hai visto il film nuovo? Poi, ricordiamoci di fare dibattito, mi raccomando, io intanto sento quando è libero il mio analista.
AP: Oddio Moretti. Me l’hanno messo al cinema sotto casa. Che faccio? Ci vado o non ci vado? Tanto non mi nota nessuno lo stesso. Stamattina mentre ci stavo ancora pensando ho messo su l’album nuovo degli Everything But the Girl. Che ti devo dire? Tracey Thorn è una sorella, una compagna, una confidente. Canta con la voce scura dei suoi sessant’anni le solite canzoni, autocoscienza generazionale, genitori al parchetto coi figli, divorzi e amanti. Ha fatto benissimo. Moretti si tinge i capelli, va in monopattino e balla Battiato per strada (ancora), ripete il vecchio giochetto della sua intrattabile stronzaggine, ma non lo capisce più nessuno, mi fa una gran tristezza. Comunque su Moretti si sta riallineando la nuova generazione di critici: il nostro Carzaniga dice che è un capolavoro, uhm, io non mi fido per niente. A proposito, oggi vado a vedere la mostra di Vezzoli: Vita Dulcis, Palazzo delle Esposizioni: teste antico romane e pezzi di film antico romani, Fellini, Alberto Sordi. Una sòla completa, ma proprio questa romanità cialtrona mi rilassa. Pensa che al vernissage hanno fatto anche il set di Vanity Fair, come stessero girando una serie tv finlandese: c’erano Sorrentino, Scamarcio, Guadagnino. Ho visto le foto. Mi sa che la vera performance era quella. Giorgia non l’avrebbe capita, e neanche Ilary temo.
GR: Qualche novità dal nostro “Osservatorio trap”, che poi è anche rap, drill, pop, ci siamo capiti: sarà la primavera, il friccichio nell’aria ma i giovanissimi artisti delle playlist Spotify sono tornati a parlare di sesso, er sociologo amico nostro la inquadrerebbe come “voglia de scopà”. Contraddicendo l’opinione diffusa dai colonnini destri dei quotidiani online che vuole la Gen Z sempre più disinteressata al sesso, Madame pubblica un album di liriche esplicite e sudatissime, erotismo caliente e fluidità (Pensavo a madre natura/con due poppe da paura/che fa suora di clausura se le chiedo un job) mentre Blanco, innamoratissimo, sta in mutande sui cartelloni di mezza Italia (più grandi dei 6X3 di Forza Italia) trasformati per l’occasione in diffusori di ormoni, quasi un’installazione da Salone del Mobile. Il machismo volgarotto e ahimè sessista sembra aver abbandonato la top ten dei singoli, ormai è roba da maranza o da boomer del patriarcato: spuntano ironia e consapevolezza. La prima è quella nerdissma del collettivo Fuckyourclique che venerdì ha fatto uscire un pezzo manifesto del maschio sfigato, Sto Così: “Sono un fallito anche se faccio le hit/il primo rapper senza una bitch…”. La seconda è nelle risposte all’intervista a La Repubblica di Wayne, ex Dark Polo Gang. Ci racconta che si è stancato degli abusi di droghe («la parte dark l’ho vissuta e non è bella») e dei cliché della trap («mi riconosco più nelle fragilità che nel machismo»). Dalla DPG (spacciatori negli androni/sbirri fuori dai balconi) al PD il passo è breve. Chissà: forse i tempi per un feat. con Elly Schlein sono maturi.
AP: Adoro il revival della Dark Polo Gang. Appena ho visto Totti e Derossi in tribuna all’Olimpico la sera di Roma Feyenoord ho postato a mio figlio il vecchio video di Totti e Derossi della DPG: “Doppio bicchiere di succo rosa/ Mi fa vedere ‘sta tipa doppia/ Sulla trequarti Totti e De Rossi”. Che capolavoro. A questo siamo già.