«È solo una ragazzina, sciocca». La principessa Anna d’Inghilterra, secondogenita di Elisabetta e Filippo, ha fatto dei giudizi taglienti il proprio biglietto da visita. E Diana è stata una delle sue vittime d’elezione. Se casa Windsor – che si trattasse di Buckingham Palace, Balmoral o Sandringham – è stata vissuta come un covo di vipere dalla giovane principessa di Galles, la cognata ha avuto buona parte di responsabilità. Poi è successo qualcosa: Diana ha abbandonato poco a poco quell’allure da timida ragazza sopraffatta dalle dinamiche di corte e si è trasformata in un’indomita ribelle, strada solcata, in anticipo, proprio da Anna. Il destino le ha portate entrambe a decisioni dolorose trainate dall’amore o dalla sua mancanza. E da quell’antipatia epidermica è sfociato poi un accordo di pace, per quanto fuori tempo massimo.
La lingua di Anna cominciò ad affilarsi molto presto. A differenza del fratello Carlo, bimbo intimorito dal peso della corona materna che avrebbe un giorno ereditato – giorno che ancora deve arrivare – la femminuccia di casa da subito scelse un altro genitore da cui trarre ispirazione: Filippo. Come il padre, sapeva che non avrebbe ricoperto alcun peso dinastico di rilievo, a parte quel titolo di Princess royal che si concretizza nella gestione di patronati, in nastri da tagliare e ospedali da inaugurare. La giovane principessa decise dunque di fare della protervia il suo tratto distintivo. E a nulla valse la decisione del consiglio familiare, quel triumvirato composto da Elisabetta, Filippo e dalla Regina Madre, di inserirla nella Girls Guide Company, un movimento scout che avrebbe dovuto far socializzare la scontrosa ragazzina con le sue coetanee, di estrazione ordinaria. Fu un fallimento. Anna aveva un solo interesse, a forma di quadrupede: i cavalli. Passione che la porterà persino a partecipare alle Olimpiadi di Montreal del 1976, così sintetizzata dal suo mentore Filippo: «Se non produce flatulenza e non mangia fieno, Anna non ci bada». Discorso valido per vestitini, fiocchi, tiare e orpelli. Con una eccezione: i maschi. La vulgata, riportata anche nell’ultima stagione di The Crown, vuole che nella sua giovinezza ci sia stato anche un focoso boyfriend: Andrew Parker Bowles. Che all’inizio degli Anni 70, per circa quattro intensi mesi, le allietò i pomeriggi. L’ufficiale all’epoca aveva già una relazione con la signorina Camilla Shand, la quale a sua volta si divideva tra lui e il principe Carlo. Il complicato ménage à quatre terminò quando Andrew e Camilla decisero di sposarsi, con gran piva del principe di Galles e spallucce di Anna. Nella sua vita, infatti, di lì a poco entrò Mark Phillips: non un duca ma un cavaliere, medaglia d’oro nel concorso completo a squadre alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Le nozze arrivarono, fastose, a Westminster, l’anno successivo. Le prime, in casa Windsor, a essere illuminate dalle luci televisive. Il sì della principessa, che da maschiaccio con gli stivali per un giorno si trasformò in reginetta da prima pagina, fu seguito da oltre 500 milioni di telespettatori. Da quel momento Anna non fu più l’anonimo ramo di un affollato albero genealogico: l’opinione pubblica si era accorta di lei. Salvo poi rigettarla nell’ombra solo sette anni dopo. Quando sulla scena irruppe una ragazza di 19 anni, la contessina Diana Spencer.
Ingrid Seward, veterana delle cronache reali, sostiene che fu la biondina a inseguire la corona, e non viceversa. La futura principessa incontrò Carlo, la prima volta, ad Althorp House, la fastosa residenza Spencer. L’occasione era la presentazione in famiglia dell’erede al trono da parte della sorella maggiore di Diana, Sarah, che con Carlo aveva un filarino neanche troppo convinto. La piccola di casa per la prima volta si trovò di fronte, restandone affascinata, un principe come quelli incontrati solo nei romanzi di Barbara Cartland, che le tenevano compagnia nei tediosi e ripetitivi inverni della sua infanzia. Questo però era in carne e ossa. Due anni dopo, nell’autunno 1979, quando ormai Carlo e Sarah avevano rotto da un pezzo, Diana si fece invitare dall’altra sorella, Jane, e dal marito di lei, il barone Robert Fellowes, nella loro residenza scozzese, guarda caso confinante con Balmoral, il buen retiro estivo della regina. E fu così che durante un pomeriggio qualunque Diana si trovò a passeggiare su quel viottolo delimitato da infinite distese erbose, il preferito di sua maestà. Che, scrutandola da lontano, la riconobbe subito come la figlia del conte Spencer, che aveva servito Giorgio VI come scudiero. «Diana, sei tu? Che sorpresa vederti, cosa ci fai qui?». E fu così che la ragazzina acqua e sapone venne invitata a Windsor la primavera successiva. Poi a luglio, a una festa nel Sussex, Carlo si decise a baciarla per la prima volta. I giochi erano fatti. L’anno dopo, nella cattedrale di St Paul, il principe di Galles prendeva moglie, pur con Camilla nel cuore.
Nel Regno Unito, e non solo, scoppiò una contagiosa Diana fever. La prima foto le fu scattata da Arthur Edwards mentre, neofidanzata, teneva in braccio due bimbi della scuola materna dove aveva iniziato a insegnare: la gonna, in controluce, lasciava trasparire le gambe. Timida e virginale, ma noncurante di fronte all’incedere del grandangolo sulla propria intimità. Questa inedita e contraddittoria carica erotica incarnata di una ragazza tutto sommato anonima convinse l’allora direttore del Mirror a pubblicarla in prima pagina: il giornale quintuplicò le vendite. L’effetto Diana non si esaurirà nel giro di qualche mese. Ma la casa reale era pronta per una principessa mediatica?
La più severa con la nuova arrivata, sin da quelle prime attenzioni della stampa, fu Anna. Il gelo tra le due per la verità aveva cominciato a stratificarsi già durante il fidanzamento di Diana. Carlo, lungi dall’essere premuroso e romantico, era spesso assente. La sua promessa invece veniva invitata, come principessa in pectore, a presenziare ai riti di famiglia. Un pomeriggio, a Windsor, annoiata, si spinse fino all’ultimo piano della Torre e si trovò di fronte la futura cognata. Le avevano insegnato che quando ci si imbatte in un’altezza reale prima si deve accennare una genuflessione e poi si aspetta un cenno, anche solo per un saluto reciproco. Aspetterà invano. Anna non ha mai amato quel genere di riti o forse non li amò in quel frangente. Squadrandola, passò oltre. Diana rimase ammutolita.
La sua antagonista, invece, non perse mai la favella. Additando e giudicando la cognata come troppo attenta alle facezie. E accusando la stampa di darle troppo spazio. Gridò allo scandalo quando, scrutando le prime pagine del 4 novembre 1982, si accorse che il discorso della regina per l’apertura del Parlamento era passato letteralmente sottotraccia: tutti parlavano solo dell’acconciatura di Diana al suo primo impegno dinastico come principessa di Galles. Stesso sbigottimento stizzito manifestò pochi mesi dopo, nel marzo 1983, quando il fratello e la consorte partirono per il primo viaggio di Stato in Australia. Fu deciso che i principi portassero anche William, nato nove mesi prima, per scaldare i cuori di quella remota porzione di Commonwealth. Ebbene: cuori ma anche occhi, mani protese, commozione furono solo per Diana. Anzi Carlo spesso veniva invitato dalla folla a farsi da parte. La calca voleva vedere lei, la principessa. Non era mai accaduto prima che un membro acquisito della famiglia reale suscitasse più consenso dell“avente diritto”. Carlo, ovviamente, si rabbuiò. Anna si inferocì. «Pensa solo ad apparire, a sorridere, a scegliere i vestiti giusti per sedurre le telecamere».
Certo i commenti arrivarono alle orecchie di Diana, già nel pieno della tempesta emotiva scatenata dall’anaffettività del marito e della famiglia di lui. «Se la incrocio, cambio strada», disse colei che all’epoca era la futura regina. «Ha sempre in canna un commento al vetriolo da indirizzarmi. Può anche nascondersi dietro le opere caritatevoli che patrocina (vedi Save The children, di cui Anna è presidente onorario dal 1970, ndr). Ma io so fare molto meglio». La storia le darà ragione.
I colpi bassi proseguono, neanche troppo attutiti. Anna e il marito disertano il battesimo di Harry. La principessa avrebbe espresso il desiderio di fare da madrina al nipote, proposta che Diana rinvia al mittente. Il giornalista televisivo Terry Wogan non perde occasione per insistere sul punto, in una storica intervista Tv. Anna risponde tagliente: «Dice che ci sono rimasti male? Non credo che abbiano sofferto così tanto per la nostra assenza».
E mentre Diana abbandona il candore degli inizi, cominciando a cavalcare la notorietà, Anna negli anni 80 inizia a fare i conti con un matrimonio scricchiolante. Mark Phillips è sempre più spesso all’estero. Ha messo su un’azienda che commercia selle per cavalli, gli affari lo portano anche in Australia. Lì, frutto di una notte di passione con un’insegnante d’arte e provetta amazzone, Heather Tonkin, lascerà anche una figlia, Felicity. Lo scandalo verrà alla luce solo nel 1990 e nel frattempo anche Anna aveva cominciato ad abbandonarsi alle distrazioni. Nel 1985 torna, suo malgrado, padrona della scena: i tabloid titolano “La principessa e il gorilla”, dando alle stampe i particolari più scabrosi della sua relazione con Peter Cross, la guardia del corpo, con tanto di riferimenti al sottoscala di Gatcombe Park, residenza di sua altezza, dove sarebbero avvenuti i primi bollenti rendez vous. Colpo durissimo per la regina, preludio di un’infilata di scandali che si diffonderà a macchia d’olio tra i suoi discendenti. E mentre Carlo, proprio in quel periodo, riprende il discorso con Camilla condannando a morte il suo matrimonio, la sorella minore affronta prepotentemente, di nuovo, la ribalta. Nel 1989 il Sun pubblica in blocco una serie di lettere ricche di frasi stucchevoli e a tratti esplicite rivolte al suo scudiero, Timothy Laurence. Ma questa non è un’avventuretta da fienile. La principessa è risoluta. E, con quegli occhi gelidi per cui è famosa, inchioda la madre. «Lo voglio sposare». Elisabetta ci mette la pezza. I giornali parlano di una buonuscita multi milionaria versata all’ormai ex genero Mark Phillips. Viene siglato il divorzio lampo e il nuovo matrimonio di Anna con Timothy. Tutto nel 1992, il famoso annus horribilis della sovrana, che vedrà anche Carlo e Andrea firmare le carte delle rispettive separazioni, da Diana e Sarah Ferguson. L’incendio che avvolge il castello di Windsor a novembre è la metafora del crollo familare.
Diana di certo non presenzia al secondo matrimonio della cognata. Tuttavia le scrive un biglietto di felicitazioni. Sa che è stata proprio lei, nell’indifferenza generale, a strigliare Carlo per aver ricominciato a frequentare Camilla, bollando il comportamento del fratello come «disonorevole e offensivo». Le strade delle due principesse, una di sangue l’altra per acclamazione popolare, da quel momento, non si incroceranno più. Eppure sarà Anna, in quel di Balmoral, a incarnare l’angelo custode che veglierà su William e Harry nelle ore successive al tragico schianto dell’Alma. Passerà ogni minuto accanto a loro coccolandoli, consolandoli, distraendoli. Un ramoscello d’ulivo, postumo. L’unico che Diana sarebbe stata felice di cogliere dalle sue mani.