Ogni estate noi provinciali ci ricaschiamo. Alla volta della primavera ci ritroviamo sempre a un passo dalla Consapevolezza, con la punta del naso fuori dall’abisso, un piede già in fuga da Matrix. Lo avevamo quasi capito, che il mondo propinato dai media, social e tradizionali, non esiste. Lo avevamo quasi capito che esistono soltanto due cose: la Provincia e la Menzogna. Tutti quei lustrini, quei personaggi dagli incarnati perfetti, tutto quello champagne (ma vi pare possibile che una sola, singola, regione della Francia produca i milioni di bottiglie stappate ogni giorno sui social?).
È il solito vecchio complotto: noi ci spacchiamo la schiena sulla scrivania di un’assicurazione nel buco del mondo, facciamo la fila in posta per ritirare raccomandate mentre l’impiegata si lima le unghie, ma qualcuno ce la fa. Qualcuno vive una vita bellissima. Qualcuno nasce povero e grazie a impegno e talento si compra uno yacht. Il sogno americano. E, noi, a consigliare alle vecchie cacciaviti in ferramenta, a compilare file Excel per raggranellare briciole di stelle. Non ci sono stelle, non ci sono i loro fotoni galattici. Esiste solo il bar con i videopoker, esiste quella inutile rotonda stradale, il manto da rifare in via Cavour, il cane del vicino che ce la molla davanti al cancello, la nuova ordinanza che vieta di appoggiare le bici ai muri. E basta.
Tutto il resto è Truman Show. Vogliono convincerci che, da qualche parte, esista l’America. Ma quale America? Non fidatevi della coppia di amici che è andata in luna di miele a New York. Quelli salgono sull’aereo, la British gli fa il lavaggio del cervello, svengono per una settimana, li alimentano con l’endovena, gli caricano foto farlocche sui cellulari. Tornano tutti contenti, con il cappellino I <3 NY, e ci portano questo messaggio: “da qualche parte, su questo pianeta, la gente fa jogging a Central Park”.
Arriviamo a maggio talmente saturi di queste idiozie, talmente disincantati dalle nostre grame routine, che troviamo quasi il coraggio di ammetterlo: siamo pile umane che alimentano un Sistema tautologico. Il mondo come volontà e mistificazione. Non c’è via di fuga. È nel tempo delle ciliegie che, ogni anno, stiamo per aprire gli occhi. E, poi, eccoci lì ancora una volta: d’estate, Loro, i padroni del mondo, assoldano qualche figurante. E noi ci facciamo fregare, in modo da ricominciare a sgobbare, in autunno, con rinnovato entusiasmo. Fingono di mandarci degli emissari dall’America, il centro dell’Impero, là dove pulsa la luce. E la Provincia esulta, scoppietta, bacia pantofole, accende bengala, s’inchina ai propri signori lontani e per un istante vicini. Concerti, matrimoni, foto rubate sui pontili, coni gelato sul corso.
Due anni fa, Tiffany Trump a Ponza e Ivanka Trump in Puglia. Addirittura esistono le parenti del Presidente che, avendole si dà il caso concepite, forse non è solo un generatore automatico di tweet, ma un mammifero dotato di sperma fertile. Come no. La settimana scorsa, la sedicente moglie di Bruce Springsteen ha festeggiato il compleanno a Villa d’Este. E qualcuno ha commentato su Facebook, allegando un’immagine come prova: “L’ultima volta che è stato a Como ha fatto la foto con la mia Beatrice!!! Persona stupenda e gentile anche perché bea è entrata nel negozio apposta per fare selfie con lui ed è stato molto disponibile!!! Grande boss!!!!”
E tu dirai: ma, nell’era dei social, dove puoi vedere qualsiasi faccione tu voglia in due colpi di pollice, che caspita te ne importa di rincorrere un tizio tra marciapiedi e guardie del corpo…per un selfie? Be’, signori miei, a quanto pare noi si continua a essere dei corpi. Vogliamo toccare l’America. Convincere la nostra epidermide che quella dimensione esista davvero, convincere nostro cugino che ci segue su Instagram, vogliamo continuare a essere complici dell’inganno universale. Perché ci si sente meglio, ci si sente salvi. Avevamo bisogno di una dose di speranza. Ne abbiamo bisogno, di quella merda. Solo d’estate, la maggioranza, quelli che non si possono permettere costosi lavaggi del cervello aeroportuali, possono (credere di) constatare che Springsteen non è un ologramma.
Per plagiarci, i giornali collusi con Matrix si prodigano in una minuta ricostruzione dell’abbigliamento delle star d’oltreoceano (di questo “oltre”, chi può avere certezza?). Un vestiario immancabilmente banale e rassicurante: bermuda, maglietta, cappellino. Così anche noi provinciali abbiamo la prova che non usino Photoshop per celare anatomie non-umane. Pare proprio che, davvero, anche loro siano dotati di quattro arti e di un cranio. I Padroni scelgono figuranti dalle fisionomie che ci rassicurino, sempre un po’ più bassi e più bruttini di quello che ci saremmo aspettati. Un caso? Il messaggio subliminale è questo: perfino gli uomini come voi – anzi, addirittura più insignificanti di voi – possono vivere il Sogno. Ed ecco LeBron James in Costiera amalfitana, chiamato da Repubblica “Il Re” (maiuscolo), quando siamo abituati ad avere a che fare tutt’al più con un sindaco vestito da rappresentante Folletto. Proprio a me, in cassa integrazione, è stato concesso di intravedere il Re? Scopriamo da una talpa che il giocatore di basket “non ama stare tanto tempo in mare”. Anche i Re sboccano, vedete? Facciamo pace con la vita.
A fine giugno il Resto del Carlino parlava di “un marziano di passaggio a Bologna”: Michael Jordan. Si parlava di “avvistamenti”, di “caccia a Michael”. Più o meno velati riferimenti a un mondo parallelo: solo chi si comporterà secondo le regole del Pensiero Unico, solo chi giocherà bene le proprie carte, potrà decollare verso quest’altro pianeta. È evidente che la partita è truccata, che la navicella spaziale è di cartapesta. E, noi, che questi prescelti li avevamo segretamente invidiati e apertamente insultati fino al giorno prima, ci facciamo comprare da un autografo fasullo, da un sorriso a favore di paparazzi, da una stretta di mano sudaticcia. La volpe assaggia l’uva, e subito la dichiara squisita, prelibata.
Nell’agosto del 2017 scambiammo due spilungoni neri che ciarlavano su una panchina a Forte dei Marmi, firmati dalle teste pelate ai piedoni in scarpe da basket, per migranti che facevano la bella vita a spese dello Stato. Poi ci dissero che erano niente po’ po’ di meno che Samuel L. Jackson e Magic Johnson. E giù a prenderci in giro. Loro. E noi non trovammo argomenti sensati per controbattere. Ci avevano fregato ancora. Invece, per una volta, noi avevamo sfiorato la verità. Attori e campioni sono cartoni animati, invenzioni della Pixar, bot digitali, allucinazioni collettive: quei due erano davvero figuranti africani.