Le action figure create con ChatGPT dimostrano che su internet non domina il porno, ma la noia | Rolling Stone Italia
Boomer Gang

Le action figure create con ChatGPT dimostrano che su internet non domina il porno, ma la noia

Se alla lotta di piazza preferiamo la satira dei pupazzetti dei politici, chi scenderà in piazza come i giamaicani cantati in ‘White Riot’ dei Clash?

Le action figure create con ChatGPT dimostrano che su internet non domina il porno, ma la noia

Action figure di Giorgia Meloni e Elly Schlein create con ChatGPT

Foto: dal profilo X di @Atreju2024_

Alberto Piccinini: Sull’album nuovo di Shiva e Sfera ti ho letto, hai già detto tutto. Ho letto anche qualcos’altro in giro. Noto che per la prima volta nelle recensioni a proposito di trap italiana il livore boomer lascia il posto al sollievo di averci capito qualcosa. E di aver chiuso così la pratica, immagino. Divertenti, come sempre, i commenti veri (o presunti): Sfera e Shiva «sembrano Recoba e Nakata» il mio preferito, omaggio a due grandi irregolari del nostro calcio recente. Mi resta soltanto di capire il perché della copertina: la bandiera italiana, le facce nell’ombra, praticamente nere. Niente di buono. Ma è chiaro che di fronte ai Rolex in cassaforte di Fagioli e Florenzi e dei loro amici calciatori – venuti fuori in questi giorni – pegno e garanzia per i milioni di scommesse tipo vecchi film poliziotteschi, l’orologio “che non segna mica le ore” di Sfera Ebbasta è un segno fin troppo facile, trasparente, comprensibile: metafora dell’ipercapitalismo e del come viverci dentro se vieni dalle popolari. Sfera Ebbasta è iperrealismo socialista, praticamente. Fagioli e Florenzi surrealismo, nichilismo, perdita di ogni legame con la realtà, giocatori di Dostoevskij. Così si finisce sempre male. E ti dirò, di fronte a quel che succede nella capoccia di Donald Trump in questi giorni e di conseguenza nel mondo reale, Sfera e Shiva i due ragazzi che “dormivano sognando pacchi di euro”, “Costa Smeralda su uno yatch, se non fumo vado in paranoia”, mi fanno tenerezza per come si avviano di corsa alla crisi di mezza età, vecchio genere maschile bianco, reclutando pure Martina Smeraldi “l’attrice più cliccata d’Italia” già passata per il carrozzone Rocco Siffredi porno d’antan vabbè.

Giovanni Robertini: Hai visto l’ultima stagione di Nuova scena? Come tutti i talent, anche la versione hip hop dà il suo meglio nella fase di selezione. Il campionario umano è notevole: il giovane marocchino Nox con i capelli ossigenati e l’attitude XXXTentacion che è finito a vivere tra le montagne della Val D’Aosta sorseggiando tè alla menta con la madre in una baita; il rapper orgogliosamente calabrese Camil Way, la crudissima realness in canotta del napoletano Nachelo, Lina Simons cantante di origini nigeriane che ha lasciato Benevento per Londra perché «qui nessuno mi chiama scimmia». Tutte bio che riassunte in poche barre a tempo illuminano la scena “nuova” più dei brillocchi VVS Cartier esibiti da Sfera e Shiva. C’è speranza, anche se sempre di talent si tratta, si sente l’ombra di Cannavacciuolo e del Briatore di The Apprentice (e quindi l’ombra nera gigante di Trump) quando il migliore dei tre giudici, Geolier, riceve a bordo di uno yacht i provinanti e, molleggiato con emozione, gli dice «Fratm hai sfunnati». L’hip hop sopravvive all’indole censoria che tutto annacqua di Netflix grazie a qualche inquadratura scappata alla visione in montaggio dei funzionari della multinazionale: nelle piazze di Genova e Torino delle battle rap per le audizioni ci sono frame di graffiti, una bandiera della Palestina dipinta, una scritta “Free Gaza”, un “Più Peroni, meno Meloni”. Anche questo è rap, occupazione di spazi. Cosa sia invece la scritta killer sulla Meloni comparsa sul bancomat vicino a casa mia sabato al passaggio del corteo ProPal stanno cercando di spiegarcelo tutti gli editorialisti della penisola. Ma nessuno sembra arrivare al punto, forse sono troppo “vecchia scena”…

A.P.: Ma quindi il bancomat della scritta “Spara a Giorgia” è il tuo bancomat? Wow. Purtroppo i talk di Rete 4 ci ricameranno sopra un po’ ma non troppo per via del grande evento, l’incontro di Giorgia con Trump questa settimana di Pasqua, fuori porta a Washington. Non oso nemmeno pensarci. A proposito, l’altro giorno sono stato alla presentazione di un libro sulle vecchie canzoni di lotta anni ’70, quelle dure, pesanti come sassi, di Alfredo Bandelli, Pino Masi, Piero Nissim – nostri anarcopunk prima di tutti, colpevolmente dimenticati. La violenza, Quella notte davanti alla bussola, La ballata della Fiat. Qualcuno ha notato come nei testi non ci si facessero problemi a cantare di “teste fracassate”, e battaglie tra polizia coi manganelli e compagni “coi bastoni dei cartelli”. Vecchie storie, soliti fantasmi. Decreti sicurezza. Ma erano canzoni allegre, corali, anche se così cupe: servivano a incutere timore, come i rugbisti maori, come Sfera, Shiva e Simba. Allora ho raccontato di quando i Clash a Portobello nel 1975 videro i ragazzi giamaicani tirare mattoni contro la polizia durante i riot e si chiesero che ci facevano lì a guardare. Nella canzone scrissero “la scuola ci ha reso ottusi”, “abbiamo paura di andare in galera”. Ieri sera avevo davanti uno degli autori delle canzoni, Piero Nissim, quasi 80 anni. E un pubblico di ex militanti settantenni, simpatici. Mi guardavano. Loro il mattone l’avevano tirato, altroché.

E scusa se mi allungo, la noia. È certamente la noia (e i mattoni non tirati) che adesso spinge milioni di persone a realizzare pupazzetti di se stessi tipo action figure, anche vagamente satira politica (Trump, Schlein, Meloni), roba che mi fa un’allegria ai confini del suicidio. La noia è uno dei motori della nostra digitalizzazione (un tempo pensavamo fosse il sesso, il porno, il proibito). Ti sei accorto che Meta AI che adesso abbiamo tutti su WhatsApp inventa le risposte? Per noia ho deciso di usarla: “Ultima fermata Pigneto è una canzone de I Cani (…) contenuta nell’album Surrogati di vita reale del 2003 (…) è la metafora della fine di un percorso (…) si snoda su tappeto di chitarre e percussioni”. Devo aggiungere che non esiste niente del genere? Nel 2003 i Cani neanche esistevano. Certo, la domanda scema gliel’ho fatta io, eppure questa possibilità di cullarsi nell’irrealtà mi dà un senso di calma, come l’annuncio di un’estasi semantica. Adesso due o tre volte al giorno chiedo a Meta AI chi sono io? E ti dirò, le risposte sono sempre meglio della verità, posto che ne esista una a questo punto.

G.R.: E se non fosse solo noia, ma una sorta di ipnosi collettiva? Se l’economia delle piattaforme fosse un’economia della trance? Se l’intelligenza artificiale non emulasse l’intelligenza umana ma perfezionasse tecniche di induzione ipnotica? È la tesi di un libretto molto in hype, Ipnocrazia, da poco uscito per i tipi Tlon. L’autore è Jianwei Xun, peccato che non esista nessun signor Xun: il libro è un frankenstein ideato dall’editor Andrea Colamedici con l’aiuto di intelligenze umane – testi di Byung-Chul Han, Jean Baudrillard e Guy Debord – rielaborate da intelligenze artificiali. Un guizzo indie situazionista alla Luther Blissett – chi se li ricorda senza interpellare Chat GPT? – per invitarci a navigare con furbizia negli stati alterati della nuova realtà trance di Trump e Musk, fregandosene della distinzione tra reale e virtuale, abitando entrambi i mondi come si abita un sogno. Mica facile, ma forse potremmo chiedere un consiglio a Shiva e Sfera.

Altre notizie su:  Sfera Ebbasta Shiva Boomer Gang