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Le canzoni italiane, da Rabagliati a Vasco Rossi, sono antifasciste. Come la Costituzione

Se ci tenessimo davvero alla memoria dovremmo forse dimenticarci di tutte le pippe teatrali dei vari Scanzi, Massini, Scurati e guardare avanti con ‘Siamo solo noi’ nelle cuffie

Foto: Ivan Romano/Getty Images

Giovanni Robertini: Non la senti anche tu nell’aria questa brezza di orgoglio boomer? Nella settimana di zombie, fantasmi e bare da Halloween, dall’aldilà dei nostri anni ’90 qualcuno ha bussato. Kim Gordon, il pezzo migliore rimasto della Gioventù Sonica, è passata in concerto a Milano con una fluidissima band dell’età della figlia, vampirizzandone l’energia punk come in quel film di Jim Jarmusch. Se Kim, la mamma di tutte le brat, non riesce a essere patetica neanche quando fa i balletti su TikTok, lo chicchissimo minimalismo stradaiolo del cinquantenne rapper Nas – anche lui in tour in Italia – fa invece invecchiare di botto le inutili cafonate da palazzetto sold out all’italiana, con coreografie da talent e scalette sanremesi. Vecchia scuola fa buon brodo (esempio di classica battuta cringe da boomer), ce lo dimostra anche l’omaggio in vita fatto a Fabri Fibra e Bassi Maestro da parte di Kid Yugi. In S.X.S.I.C. Yugi non solo remixa un loro vecchio pezzo, ma imita perfettamente metrica e flow di Fibra aprendo a un nuovo genere, la coverizzazione del rap italiano. Il passo successivo è il karaoke di Fiorello con Mi piacciono le armi di Simba La Rue, manca poco.

Alberto Piccinini: E ci mancherebbe che non sento la brezza. Senti qua. Avevo appena fatto in tempo a riscoprire la forza loureediana della versione originale di Siamo solo noi di Vasco Rossi, sentita nella messa in scena teatrale di Altri libertini di Tondelli fatta da Lucia Lanera, che Vasco (di cui, lo sai, apprezzo a malapena giusto la versione originale) mi è tornato con il post dell’anno: “Non ci crederai… ma sono tornati… bulli arroganti… e le facce ghignanti”, accanto alla foto di suo papà che si fece due anni nel lager di Dortmund militare prigioniero dei nazisti. Riporto esattamente l’uso (scorretto) dei tre puntini di sospensione perché è sintassi ultraboomer da social, nonni novax, maschi bianchi incazzati. E mi sarei aspettato pure il caps lock perché rende bene la fatica dell’esprimersi, come se ogni parola nascesse da un vuoto rabbioso, scusa la retorica, che poi – mi è venuto in mente – è lo stesso meccanismo del Vasco Rossi dal vivo, sempre in equilibrio precario, sospeso tra i suoi “eh” e i suoi “ah”. Ma no, invece devo intristirmi perché il presidente della commissione cultura della camera Federico Mollicone – il fascio fashion con gli occhiali firmati, hai presente? – se la prende con Vasco e gli ricorda “i milioni di italiani che hanno dato fiducia a questo governo”. I milioni di italiani. A Vasco Rossi. Come se fosse un magistrato qualsiasi. Incredibile. Ma cos’è? L’egemonia culturale ai tempi di Halloween? Ti riporto una battuta che Paolo Rossi, il comico, ha messo nel suo ultimo spettacolo. “Attento che sono tornati”, gli fa uno dal pubblico quando si mette a parlare di fascisti. E lui: “Ah perché? Se n’erano andati?” Già. Meglio Rossi che morti.

GR: Già, meglio Rossi. Mi stavo già arrendendo all’idea che l’eredità più rock e potente che abbiamo, l’anti fascismo, fosse condannata all’antipatia della retorica tanto che l’ascolto di un monologo di Scurati su Mussolini potesse al massimo diventare la punizione per due studenti di liceo che avevano fatto il saluto romano. Se ci tenessimo davvero alla memoria dovremmo forse dimenticarci di tutte le pippe teatrali dei vari Scanzi, Massini, Scurati e guardare avanti con Siamo solo noi nelle cuffie. O magari Kid Yugi che nel pezzo di cui ti raccontavo prima a un certo punto rappa “Mi sono liberato il 25 aprile”. Anzi no, scusa, lascia stare Kid Yugi. Genius.com, che le sa tutte, mi informa che in realtà questa barra del rapper di Massafra è “una frecciatina alla sua ex fidanzata Valeria Gisonna, la quale il 25 aprile precedente tramite TikTok ironizzò sull’essersi liberata del proprio ex”. Vabbé, bella ciao comunque.

AP: “Continueremo a cantare le tue canzoni”, ha detto Mollicone a Vasco Rossi. Spero che gli vadano di traverso. Hai ragione: le canzoni italiane, da Rabagliati a Vasco Rossi, sono antifasciste. Come la Costituzione. E Mollicone è il tipo che due anni fa se la prese con Peppa Pig perché in una puntata c’era un personaggio con due mamme. Adesso hanno fatto la legge contro la Gpa; potevano chiamarla legge Peppa Pig se non ci fosse dietro una crudeltà spaventosa. Sai cosa? Quel che è pericoloso non è l’idiozia, è il potere. Provo a non pensarci. Hai sentito il disco dei Cure Song of a Lost World? Che ti devo dire? Ne sono soggiogato. Lo ascolto “come il diciottenne del 1989 che non sono mai stato”, così ha scritto il critico di The Quietus, “trucco e vestiti dark che non ho mai portato, sdraiato sul letto guardando la notte fuori dalla finestra”. Bello. Una canzone dice: “Il mondo è diventato vecchio/niente è per sempre”, ma se stai con me fino alla fine non m’importa. Fino alla fine. Un’altra: “Niente è rimasto di quel che amavo / Sto da solo con niente alla fine di ogni canzone”. Quella voce. Penso che il passato non è una cosa che abbiamo perso e neppure un posto dove vorremmo tornare, ma uno stato della mente. Come la voce di Robert Smith. Come le musiche bellissime di Iosonouncane nel film con Elio Germano su Berlinguer. Come la mia amica Luisa che venne con me ragazzetto al funerale di Berlinguer e aveva i capelli verdi e dritti in testa come Robert Smith. Vabbè, vabbè ciao.

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