Secondo l’Istat, tra trent’anni, 100 italiani in età lavorativa dovranno mantenere 62 pensionati. Oggi siamo a quota 37. A breve, ogni due persone che lavorano ce ne sarà una che ha già smesso, da sostentare. Un uomo, una donna e un vecchio: il nucleo famigliare del futuro. Molto occidentale, molto civile, molto ecologico. Il curioso caso della famiglia moderna.
All’epoca di mio padre, a Ferrara, c’era l’amico che se ne andava all’estero o a Milano. Oggi c’è l’amico che rimane. I trentenni vivono in qualche grande città, i settantenni in provincia. Emblematico il caso della Sardegna: nel 2017, 4.835 residenti in meno dell’anno precedente, con un’età media di 46,4 anni. Ogni volta che telefono ai miei genitori e percepisco un graffio in più nelle loro voci, che aspetto un centesimo di secondo in più per ricevere una loro risposta, mi chiedo come potrò gestire la situazione quando non saranno più autosufficienti, io a Milano e loro nella bassa.
A centinaia di chilometri di distanza, una badante non basta. La scelta più conveniente per una partita iva (la retta di una casa di riposo si aggira sui 1.500 euro su scala nazionale), nonché la più umana, sarà prenderli a vivere con me. Tra qualche anno abiterò con la mia ragazza e due o tre vecchi. Considerato che le donne campano di più (oggi la loro speranza di vita alla nascita è di 85 anni contro gli 80,6 degli uomini) e che gli infarti non attaccano in branco, con un po’ di fortuna riuscirò finalmente a farmi una famiglia come Dio comanda. Da tre componenti, adatta a un trilocale sulla linea gialla, redenta dall’istinto di riproduzione e dalla complicità con la sovrappopolazione del Pianeta Terra. Un uomo, una donna e una vecchia.
Gli anziani sono migliori dei marmocchi sotto innumerevoli punti di vista.
Un pensionato in media guadagna 1.039 euro. Non un granché, ma è comunque meglio dello stipendio dei bambini, delle autentiche zavorre. Chi non ha ancora messo su famiglia intimorito dalle spese che i figli comportano al giorno d’oggi, potrà provare l’emozione di prendersi cura di una vita fragile e indifesa senza rinunciare al ristorante e alle vacanze, e senza angustiarsi per il futuro: si tratta indubitabilmente di un mantenimento a tempo determinato.
Invece di emozionarci quando pronunciano una nuova parola, possiamo emozionarci quando se la scordano. Pratica zen di rinuncia agli aggregati, vediamo i vecchi congedarsi dal mondo pezzo per pezzo, svuotare il mare delle apparenze con il cucchiaino della demenza, più illuminante di qualsiasi maestro buddista. Una convivenza assai più edificante di quella con i bambini e la loro insensata fame di esistenza. Quanto suona più sincero, preciso, scientifico, dire alla creatura che mantieni, invece di “quando sarai grande”, “quando sarai morto”.
Perdono i denti – puoi metterli sotto il cuscino ortopedico per la fatina degli spicci – ma grazie al cielo non ne ricresceranno di nuovi: niente apparecchi da cambiare in continuazione – una dentiera è per sempre.
Con i vecchi si dorme meglio. Il bambino grida, piange e scalcia perché ancora non apprezza la bellezza del sonno, della tregua dalla coscienza. I vecchi, che di coscienza ne avranno invece piena l’anima, spesso hanno l’accortezza di abusare di sonniferi. La carrozzella sanno manovrarla da soli. Non devi litigare per scegliere il nome ma tu, in un gioco di squadra con l’Alzheimer, puoi ogni volta spassartela interpretando un personaggio diverso: oggi assicuri di essere il cugino Anchise di Parma, morto da 27 anni, domani il calzolaio Galeazzo, morto da 32.
Non dovrai scervellarti per inventare nuove favole, ma ascoltare sempre gli stessi tre o quattro aneddoti, tranquillizzanti e attesi come ritornelli delle tue giornate.
Gli alimenti, invece di diventare sempre più solidi, andranno via via liquefacendosi agevolando così pratiche di preparazione e smaltimento. Allo stesso modo non dovrai adeguare di continuo gli indumenti a un corpo – quello del moccioso – con mire espansionistiche da autentico fanatico. Ridurrai il consumismo e non favorirai le condizioni di lavoro disumane degli operai bangladesi.
Potrai fare l’amore in santa pace. Di più, potrai fare sesso vero e ribaltare mobili e stoviglie. Il tuo alleato si chiama ipoacusia neurosensoriale: grazie al cielo con l’andare degli anni la coclea non è più in grado di convertire le vibrazioni (leggi: “sfondami, stallone!”) in suoni. Non dovrai insomma temere quelle orecchiette super-performanti, non dovrai, tra un bacio e l’altro, guardarti attorno con l’ansia che due occhietti invadenti si siano posati sui tuoi lombi al lavoro. Basta una banale cataratta, un presbitismo comme il faut, altroché progresso, perché tu possa girare nudo per casa, come gli svedesi. Con loro potrai dire “adoperare” invece di “usare”, che goduria. E, per imboccarli, potrai concederti il vezzo di gridacchiare, invece di “ecco che arriva l’areoplanino”, “ecco che arriva l’apparecchio”.
Organizzerai festicciole sonnacchiose e sussurrate. Niente nascondini e rubabandiere, fango per casa, piatti all’aria e strepiti e scenate. Basta un tavolo modesto e il burraco o la briscola tratterranno gli invitati, inciviliti dalla disgregazione fisiologica, per tutto il pomeriggio.
E i giri nei parchetti, che pacchia i giri nei parchetti senza la paura che un bambino pigli e si butti sotto un’auto in corsa o accechi un coetaneo con un bastone acuminato. I tuoi figli anziani si metteranno buoni buoni su una panchina a lamentarsi per l’umidità. Intanto ci puoi provare con le badanti, la versione civilizzata delle babysitter.