È un po’ come quando, a ottobre 2020, in piena seconda ondata di pandemia, Cristiano Ronaldo – calciatore giovane e in salute, mentre era stato già ampiamente dimostrato che i più vulnerabili alla malattia erano spesso i più cagionevoli – venne scoperto positivo al Covid-19. Mentre faceva trasparire diffidenza verso l’efficacia dei tamponi come metodo (“ti pare che io sono positivo?” era il senso, più che complottismo), la madre se ne uscì con una frase anche più assurda: «Dio dà grandi battaglie a grandi guerrieri». Ripetiamo, ottobre 2020, milioni di persone già contagiate. La reazione legittima fu una mezza risata: ma in che pianeta vivono Ronaldo e famiglia? Ed è la stessa che viene in mente sentendo l’intervista di Fabio Fazio a Chiara Ferragni di ieri, a Che tempo che fa, in cui lei vende a peso d’oro, come lezioni di vita imparate dal dolore («Ho portato il fazzoletto», si commuoverà), delle banalità da paginetta Instagram motivazionale: dov’è stata finora? Era sul pianeta Terra o no?
Contando che si trattava della prima intervista tv dal pasticciaccio brutto della beneficenza, ma che comunque aveva parlato al Corriere della Sera due settimane fa, va detto pure che metà dei temi si conoscevano già: il punto di svolta di quando è uscita l’inchiesta («Tutto è cambiato il 15 dicembre, il mio mondo è crollato»), l’ammissione dell’errore per quanto riguarda la comunicazione del pandoro («Abbiamo sbagliato, mi scuso»), il fatto che dietro il primo video di scuse in tuta «non c’era nessuna strategia», perché «si pensa sempre che io sia una stratega, ma non è così», nel caso in cui qualcuno avesse scambiato degli ottimi piani di comunicazione con il Truman Show. L’unica vera notizia, alla fine, riguarda il rapporto con Fedez, di cui per questione di giorni il Corriere non aveva fatto in tempo a chiederle: «Con Federico ci sentiamo, siamo due persone adulte che si vogliono bene. Abbiamo avuto altre crisi, ma questa è più forte delle altre. Vedremo cosa succederà».
È il resto, semmai, a fare acqua, specie quando si lascia andare a quel minimo di introspezione lecito per un incontro del genere – Fazio, si sa, non è una iena, fa stare comodi e non pungola, ma certe cose vengono fuori da sole. Ebbene, l’immagine di sé? «Da adesso in poi non cercherò di essere sempre perfetta, di mostrarmi sempre forte. È bello far vedere le imperfezioni». Se sia una forma di marketing dell’autenticità o un’uscita ingenua non possiamo saperlo: resta che sui social se ne parla da anni, di questo essere senza filtri, e lo si fa ovviamente in maniere altrettanto banali; ma se si è arrivati qui è proprio a causa del lavoro di influencer come lei, che hanno spacciato per vite perfette dei post che, in realtà, ovviamente non sono vita. Con annessa tossicità dietro. Poi certo: in tanti ci credevano e ci credono ancora, ma con il tempo la sensibilità e gli anticorpi verso questo tipo di narrazione sono aumentati, e ora è sicuramente di più la gente che guarda il suo profilo come si guarda un bel (nel caso loro) film e non un documentario.
Le sue considerazioni, insomma, sono già state ripetute fino a diventare ovvie, ma sembra scoprirle oggi, senza ammenda sulle sue responsabilità. O meglio, la fa ma è personale. «Bisogna fare attenzione con i social: possono essere orribili, c’è una vita fuori che fa vissuta», dice parlando di sé e di come (traduco) abbia rischiato il burnout. In pratica è la morale – scontata anche questa, ma almeno lì il contesto era diverso – di Vorrei ma non posto, il pezzo di J-Ax e Fedez che fece nascere la loro storia d’amore. Come avesse fatto il giro, e fosse tornata all’inizio; o come se il massimo dell’argomentazione che potessimo permetterci, qui, fosse il testo di un tormentone estivo.
O, ancora, quando riferendosi all’ondata d’odio ricevuta online distingue il pubblico «in persone che riescono a comprenderti al 100% e poi ci sono altre persone che vedono del marcio», asserendo amaramente che «è un gioco che fa parte dei social media». Per carità: i social fanno schifo e gli odiatori, che si sentono sempre impuniti, e spesso lo sono, anche. Ma la sindrome d’accerchiamento che si vede qui ha radici più profonde, ce n’era traccia perfino in The Ferragnez, quando lei, dopo la conferenza stampa al Festival di Sanremo, si era lamentata della «cattiveria» di alcune domande dei giornalisti. Il punto però è che non erano domande “cattive”: erano domande tipo di una sala stampa che, per mestiere, mette in difficoltà e tocca i nervi scoperti dell’ospite. È il ruolo dei giornalisti, di cui Ferragni, che su Instagram è abituata a esprimersi senza contradditorio, sembra non tenere mai conto. Il problema quindi, ed è ovvio anche qui, non è tanto chi cerca il «marcio»: è lecito cercarlo, il problema semmai è quando, come nel suo caso, lo si trova.
Insomma, la versione di Ferragni vista a Che tempo che fa sembra un alieno venuto da Marte: se l’idea è di suscitare empatia con il pubblico, cosa che finora non è mai riuscita né a lei né al marito, siamo lontani, perché dà l’impressione di essere uscita da una bolla e racconta con sofferenza o stupore la scoperta di aspetti della vita quotidiana di cui chiunque è a conoscenza. Come Ronaldo e il Covid. O come, tornando a lei, quando in riferimento alla crisi del matrimonio spiega che «nei momenti in cui poi chiedi privacy, è difficile averla» (stiamo parlando di due che hanno girato una docuserie sulla loro vita di coppia), o che facendo così, cioè dando tutto in pasto ai social, «abbiamo sacrificato una parte del privato», e alla lunga è stato un problema. Di nuovo: ma che aveva capito? Che si aspettava? A maggior ragione tenendo conto che è una persona scafata, un’imprenditrice che ha raggiunto risultati brillanti ed è stata tra i pionieri di un mestiere: possibile non ne avesse tenuto conto?
Fa strano, insomma, e non suscita ancora vicinanza. Ma qualcosa d’interessante, in questa discesa sulla Terra, c’è lo stesso. C’è che è la prima e forse la più illustre influencer ad andare in crisi direttamente a causa del proprio mestiere, a parlare delle ombre di una vita così (con banalità, ok, ma comunque ne parla) e in generale dei limiti di mettere sé stessi a disposizione degli utenti, pure a costo di farci tanti soldi e avere la sensazione di avere tutto sotto controllo. Evidentemente non è così, e questo dell’imprenditoria digitale di sé è un mostro che gli stessi influencer credevano di poter governare, sbagliandosi. La carriera di lei, qualunque forma prenderà o non prenderà, non è finita, né sono andati in crisi questi modelli e non è detto che, al di là delle parole, Ferragni non continuerà a cavalcarli. Eppure, la sua caduta è emblematica di quanto sia pericoloso e fallace tutto questo, in primis per chi ci guadagna. Il messaggio allora, più che ad aprire gli occhi di chi ancora non si era reso conto di niente, serva prima di tutto ai colleghi: chissà che anche loro, partendo da lì, non tirino il freno e cambino qualcosa.