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‘Modern Art’, il gioco per imparare la vita mercanteggiando in opere d’arte

Lo Sgargabonzi è finito in mezzo ai lupi e ne è uscito innamorato del game designer Reiner Knizia e delle sue creazioni che, al contrario di molte altre, funzionano allo stesso modo della realtà
modern art Reiner knizia

Foto: @thegametable

È ormai storia di questo Paese come Reiner Knizia sia il game designer preferito di un’eccellenza che fortunatamente abbiamo e ci teniamo ben stretti: io stesso. Autore (e matematico) tedesco che spicca non soltanto per la perfezione kubrickiana di molti suoi titoli, ma anche per il suo essere prolifico. Si contano, in poco oltre trent’anni, più di settecento giochi di cui Knizia è autore.

Non è semplice districarsi in questa giungla di stelle alpine iridescenti e orchidee di limpida perfezione, ma se dovessi scegliere un solo gioco per rappresentare la caratura artistica di Knizia, probabilmente sceglierei uno dei suoi primissimi: ovvero Modern Art, del 1992 ma tutt’oggi in catalogo in una nuova fiammante edizione. Modern Art è un titolo che unisce la meccanica dell’asta a quella della speculazione. Le regole sono molto semplici e stanno in quattro paginette. Tutt’altra cosa è giocarlo bene.

Ogni giocatore impersona il ruolo del proprietario d’una galleria d’arte moderna e dovrà cercare di allestirla con le opere degli artisti che, secondo la propria intuizione, saranno i più richiesti e quindi i meglio quotati. Vince chi, alla fine delle quattro stagioni in cui il gioco si dipana, avrà incassato più soldi.

Si distribuiscono ai giocatori uno schermo, una quantità di denaro e un numero variabile di carte. Ognuna di esse rappresenta un’opera, e ognuna avrà una propria modalità di messa in vendita. Ci sono opere che innescano un’asta libera, ovvero quella classica in cui si fanno offerte senza un ordine particolare. C’è l’asta segreta, che è un’offerta a pugno chiuso in cui il maggior offerente ottiene l’opera. C’è l’asta a offerta singola, in cui ogni giocatore ha una sola occasione per fare un’offerta o superare una precedente.

Poi c’è l’asta a prezzo fisso, in cui il battitore decide il prezzo d’acquisto dell’opera che, andando in senso orario, viene proposto a ogni giocatore. Il primo che accetta acquisisce l’opera. Eccezione: se nessuno intende acquistarla, dovrà farlo il battitore pagando alla banca lo stesso prezzo da lui proposto. Infine l’asta doppia, in cui i quadri in vendita saranno due dello stesso artista e si potrà collaborare alla vendita con un altro giocatore.

Ogni stagione si conclude quando la quinta opera di un artista è stata messa all’asta. In base quindi al numero di quadri esposti nelle gallerie dei giocatori, ogni artista acquisirà una propria quotazione sul mercato, che andrà a sommarsi allo storico delle stagioni precedenti. Tutti i quadri ottenuti dai giocatori verranno quindi venduti al loro corrispettivo valore monetario.

La bellezza di questo gioco sta, tra le altre cose, nell’assenza di qualsiasi algoritmo che lo bilanci o che tenga tutti in partita. Il destino di un giocatore è totalmente nelle sue mani. Modern Art non lo vinci con il calcolo, con il ragionamento capillare, ma con il sesto senso, l’esperienza, l’opportunismo, il calcolo delle probabilità, la gestione del rischio, la lettura del pensiero dell’avversario e del gruppo di gioco in generale. 

Reiner Knizia è spesso criticato per come i suoi giochi siano freddi, astratti, poco ambientati, e per come si basino completamente sulle meccaniche (come se questo fosse un difetto e non una caratteristica). Be’, Modern Art fa eccezione, perché è un titolo in cui le meccaniche, pulitissime e intuitive e che tutt’oggi sono le stesse di quando uscì, strutturano l’ambientazione in maniera perfetta e coerente. Amo quei giochi che hanno una controparte così diretta nel mondo reale. Se sei un bravo giocatore di Risiko, non è detto che saresti un grande generale. Se sei bravo in un gioco speculativo come Modern Art, è facile che avresti delle possibilità come broker. 

Mi manda in bestia come certi giocatori dalle capacità cognitive che considero almeno normali indugino in errori marchiani. Per esempio, c’è chi non capisce che i quadri che uno ha in mano e mette in vendita non vanno quasi mai ricomprati dal banditore: venderli agli altri giocatori è l’unico modo per poter incassare liquidità durante i round. Poi c’è l’errore che mi fa più incazzare di tutti: offrire più di quanto, anche nella migliore ipotesi, quell’opera possa restituirti. Se siamo nella terza stagione e metti che quell’Otto Dix potrà renderti 10 se va bene, 6 se va male ma più probabilmente ti renderà 8, cosa cavolo mi offri 15?!?!

Questa gente poi, finito il gioco, magari ha pure una famiglia, un lavoro, delle responsabilità, un acquario, una serra, una piccola impresa di incontri clandestini di pitbull contro neonati con la quale ricavare quel tanto che basta per vivere una vita onesta e dignitosa.

A me invece, fin dalla prima partita, posso dire che mi hanno buttato fra i mercanti d’arte e ne sono uscito Cosimo il Vecchio.

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