Rolling Stone Italia

No, il dibattito sull’Auto-Tune no!

Mentre arrestano i rapper perché fumano hashish, noi ci balocchiamo col confronto sul software che corregge l’intonazione e con l’indignazione per i meme scemi in stile Studio Ghibli

Foto: ChatGPT

Giovanni Robertini: In questa esplosione di nuova economia boomer fai da te quasi mi stupisco che nessuno abbia pensato di mettere dazi sull’Auto-Tune, che è un’invenzione californiana credo. Almeno provare a riequilibrare gli scambi: meno chitarre e pianoforti esporti, più paghi l’Auto-Tune e viceversa. Ecco, sarebbe un argomento da suggerire a Elio quando continua la sua battaglia contro i trapper che devono tornare a studiare e buttare via l’Auto-Tune perché così «guadagnano molto e lavorano relativamente poco». Adesso però ha preso una china pericolosa, l’argomento è clickbait ma si fa prestissimo a diventare Rete 4 contro i maranza. L’altro giorno gli ha risposto Fabri Fibra (48 anni) dopo essersi consultato con Neffa (57 anni): «Usare l’Auto-Tune è difficile. L’Auto-Tune non ti aiuta a cantare meglio, è uno strumento che si aggiunge alla voce (…) come poteva essere la chitarra elettrica con Axl Rose dei Guns N’ Roses sopra che urlava». Bene. Rose Villan ha aggiunto: «Sbagliato mettere i trapper nella categoria dei delinquenti». Perbacco. Il fatto che Fabri, Neffa e Rose Villain promuovano così la nuova serie del talent rap Nuova scena non depone tanto a favore: se dobbiamo ricominciare ogni volta daccapo con la chitarra elettrica, gli urlatori e i capelloni, non se ne esce più.

Alberto Piccinini: Hai ragione, siamo sempre prigionieri di questa ruota, l’estetica degli eterni sessantenni e della loro decadenza. Hai letto? Oggi Linus (67 anni) dice che delle canzoni di Sanremo quest’anno non resterà niente. Padronissimo, sarei quasi d’accordo. È la mancanza di dubbi che mi colpisce, vuol dire che l’aria è cambiata. Come i titoli su Brain May (77 anni) che rivela in un’intervista di aver negato ad artisti gangsta rap di usare campioni dei Queen, perché non voleva che le canzoni promuovessero violenza o abuso contro le donne. Tutto legittimo, ci mancherebbe, ma l’assoluta certezza che per caso non abbia fatto una cazzata o un errore di valutazione, beh, mi colpisce. Così restiamo prigionieri di un’estetica da sciurette, da professor Aristogitone della scuola media, altro che boomer. Tipo la follia dell’altra settimana su ChatGPT e Studio Ghibli, con il povero Miyazaki trascinato pure da morto nel cordoglio per la fine dell’umanità dietro l’angolo. Diamine: 50 anni di sofisticatissimi saggi sulla morte dell’autore, Barthes e Foucault, sul plagiarismo situazionista, sul furto come opera d’arte per ritrovarsi adesso in questa situazione da Nonna Speranza? E tutto per quattro meme scemi. Dai. Sospetto che avesse qualche ragione mio figlio piccolissimo a scappare in lacrime da Totoro.

G.R.: Infatti. Dazi anche su ChatGPT. No, adesso ce l’hai su WhatsApp, e pure se cerchi roba su Google ti risponde un’intelligenza artificiale. Non so tu ma quelle quattro righe in alto sopra i risultati le trovo un po’ cringe, posso dire? E quando si apre la pagina abbasso sempre gli occhi. Per me la cosa più interessante e internazionalista della settimana l’ha fatta Baby Gang (22 anni) che è uscito con il suo primo singolo cantato in arabo con il rapper marocchino ElGrandeToto, Rassi. Niente dazi, qui è il caso che ci diamo una svegliata. ElGrandeToto, nato a Casablanca e cresciuto a Grenoble, è l’artista più streammato nella regione MENA (Medio Oriente, Nord Africa). Due anni fa è stato condannato a otto mesi con la condizionale per incitazione alla violenza e diffamazione perché durante un conferenza stampa ha detto che fumava abitualmente cannabis. Anzi – recupero da Repubblica – «Fumo hashish e allora?», nel Paese che è il primo produttore al mondo. La cosa preoccupante, è stato arrestato e processato in tribunale per le denunce che ha avuto da vecchi cantanti e giovani YouTuber infami, mentre tutta la scena marocchina lo sosteneva. Che storia. Altro che Auto-Tune!

A.P.: A proposito di Brian May, hai letto? L’altro giorno hanno beccato un carabiniere sardo di 52 anni che la sera cantava in una cover band dei Queen. Rivogliono i 18 mila euro che si è guadagnato così, tra un “mamma mia” e un “Radio Gaga”. Mi è venuta spontanea la domanda: e di giorno che faceva? Poi mi ha aiutato il dio dello storytelling rivelando che una volta ad Alghero aveva avuto i complimenti di Tony Hadley degli Spandau Ballet per la bella voce, così la sceneggiatura ce la siamo portata a casa. E mentre stavo mettendo su il nuovo disco di Cristiano Godano ho trovato una dichiarazione sulla sua vecchia amicizia col ministro Crosetto, fondatore della cooperativa Zabum di Cuneo. «Sono in buoni rapporti, ma non ci frequentiamo», ha detto. «Se ci dovessimo incontrare ci saluteremmo. Ho ottimi ricordi della sua sensibilità artistica: ha contribuito ad alimentare la scena live». Live è parola impegnativa per un ministro della guerra, amicissimo degli industriali delle armi. La cosa che più mi lascia perplesso è la fonte della dichiarazione: i nostri amici del Foglio, unici a riportarla almeno secondo Google. E in questo meditare sul cui prodest politico m’è sfuggito di ascoltare il disco. Bello invece il disco dei Baustelle, anche se un po’ uguale a sempre. “Le lettere di Craxi / le pose, le frustate / le apparizioni non accreditate”, il ritratto di Moana Pozzi lo metto vicino a quello di Luciano Bianciardi romantico a Milano. Leggo questi commenti sul suono californiano, jingle-jangle, anni ’60. Sarà. A me pare che sempre di più suonino come i vecchi Ricchi e Poveri, però con le parole vere, sepolte nell’inconscio italiano, boomer quello sì.

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