Diego Pablo Simeone, cari miei, è quello che voi non sarete mai. Proprio per questo stasera – qualsiasi cosa voi pensiate, tifiate, facciate – dovreste guardarlo e ammirarlo, perché se dovete guardare qualcuno di simile a voi allora che senso ha Netflix, che senso hanno le serie tv e tutte quelle cose lì dentro verso le quali trasciniamo ambizioni e speranze di una vita che non ci appartiene? Bravi, bravi tutti, bravi voi che vi siete scandalizzati per Simeone quando, dopo il primo gol dell’andata si è preso il pacco tra le mani e lo ha mostrato alla tribuna, bravi tutti voi che vi siete schifati, che avete scritto “ora la Uefa lo squalifichi” e che vi siete appellati al fair play quando lo ha soltanto multato per gesto inappropriato. Io ero al Metropolitano di Madrid, a pochi passi da Diego Pablo Simeone, e vi giuro, vi giuro, che uno così incazzato per 100 minuti di fila non l’avevo mai visto. Mai. DPS salta sbraita incita e addirittura calma il pubblico; esulta, infama, prega – prega! – abbraccia i giocatori, li prende a pacche, ringhia sugli arbitri, non li molla un attimo, chiede ammonizioni, falli, si lamenta, entra in campo, Simeone balla, non allena ma performa, e quando l’uomo addetto alle panchine lo richiama a rientrare nella sua area delimitata abbraccia pure lui, come dire: ti capisco amico, ma tu non capirai mai me.
Ed è vero. Chi ha criticato Simeone non lo capirà mai. E non lo capirà di certo lo Juventus Stadium stasera, quando l’Atletico e la Juve si giocheranno i quarti della Champions. E non lo capirete sicuramente voi, che vi svegliate, copulate – se va bene – prendete il caffè, fate la colazione bio, andate a correre oppure in palestra, fate la doccia, poi vi mettete i calzini giusti, le Vans, i pantaloni giusti, la felpa giusta, il cap giusto e perdete le mezzore per postare la storia giusta, e dopo una giornata di Pc e mobile andate a fare l’aperitivo giusto, guardate la serie giusta e poi andate a letto, dormite e ricominciate e non rischiate mai niente. Simeone invece è un mostro un indemoniato un guerriero un condottiero un capobanda una rockstar fatta giocatore prima e allenatore poi. Cuore e coraggio. Corazón e coraje. Simeone è l’Atletico, l’Atletico è il Wanda Metropolitano, il Wanda e quei 67mila dannati che urlano per tutta la partita sono lui, dentro di lui. Simeone sì, contiene moltitudini. Ha fame quanto tutti loro messi insieme e, anzi, è lui che la trasmette a 67mila cristiani. Ergo, lui la fame di 67mila cristiani la contiene.
Il problema non è Simeone. Il problema siete voi, siamo noi. Che non saremo mai pronti al martirio professionale e sentimentale come è pronto lui. Immaginatevi nel vostro posto di lavoro comportarvi come si comporta lui in panchina – che, appunto, sbraita urla prega incita infama pretende urla si incazza continuamente – e pensate quanta tutta questa rabbia, questa sana rabbia, potrebbe contribuire a un migliorare ciò che fate e che siete. Ma non è il vostro caso perché, semplicemente, voi (noi) nella stragrande maggioranza dei casi non fate nella vostra vita quello che amate fare. Vi trascinate verso il prossimo episodio con una noia costante in sottofondo. Lui no. Prendete il suo taglio di capelli: ve lo fareste mai? No, vi vergognereste. Simeone invece È il suo taglio di capelli. Da indiano, da Genny di Gomorra (è Genny che ha copiato lui, tra l’altro), da lottatore, da liberatore, rivoluzionario. Da chi non sarà mai uno composto, tranquillo, ma da uno che sarà sempre pronto allo scontro, alla battaglia. Simeone all’Atletico è da 8 anni. L’ha presa che stava retrocedendo, l’ha resa da subito una squadra tra le più potenti in Europa. Il Wanda – un grande, grandissimo stadio – è stato costruito per far capire a tutti che questo percorso è compiuto e irreversibile. Ecco perché il Wanda è l’Atletico, l’Atletico è Simeone e Simeone è il Wanda. Simeone ha condotto tutto il Popolo dell’Atlètico in vittorie mai sperate e sconfitte che avrebbero ammazzato un toro. Ma lui, l’Atletico e il Wanda no. Io non lo so come sia possibile riprendersi dalle sconfitte che ha subito l’Atletico, la più clamorosa in finale di Champions, praticamente vinta fino al 90°, tra l’altro contro i nemici di sempre, i nemici più vicini, più dolorosi, il Real. Uno normale, dopo sconfitte così, si prende un anno sabbatico, cambia aria. Lui no, torna subito sul pezzo, sul campo, e non può affidarsi a nessuno se non a lui, perché è lui che deve motivare gli altri: l’ambiente, i 67mila del Wanda, i giocatori. Per motivarli, la sera precedente alle partite importanti, lui la notte entra in camera loro e prima che si addormentino ci parla, come una brava mamma fa con i propri figli, perché – sostiene DPS – in quel momento si è più ricettivi.
Se volete capire Simeone basta leggere il suo libro: poche pagine ma dense. Il mio metodo per vincere, si intitola. Qui DPS spiega che sforzo viene prima di successo anche nel dizionario e che lo sforzo non è negoziabile, mai. Che leader si nasce perché hai una serie di caratteristiche diverse dagli altri: il leader cammina in modo diverso, guarda in modo diverso, trasmette qualcosa di diverso. Che la fortuna non esiste, tutto passa per il lavoro e la passione feroce. Che nelle difficoltà si diventa migliori. Che bisogna affrontare i problemi e prenderli di petto. Che si gioca e si vive sempre al limite.
Quindi state pure tranquilli, contenuti, al vostro posto. Voi Simeone non lo capirete mai. Non capirete mai chi non molla mai mai mai e poi mai. Chi esagera perché si danna e non ha pace. Chi è consapevole che se non dà tutto non dà niente, chi sa che se non dà tutto diventa mediocre e quindi è condannato a vivere sopra: sopra il livello del limitatore. Guardatelo mentre si prende il pacco e ve lo mostra. Scandalizzatevi. Ma non potrete fare altro, perché al suo posto, voi, non ci arriverete mai neanche vicini. Non lo capirete mai, non sarete mai DPS. Guardatelo entrare allo Stadium di Torino e poi guardatevi allo specchio: vedrete una differenza abissale. Voi camminate in modo normale, guardate in modo normale, trasmettete poco o niente. Vedrete la differenza tra chi è nell’Arena da una vita e di chi invece come voi l’arena (Allianz in questo caso) se la guarda alla tv. Come guardate una serie mentre sognate di essere un personaggio che non sarete mai. Così come non sarete mai Diego Pablo Simeone.