Alberto Piccinini: Come va? Io insomma. Da quando con Thread i social si sono moltiplicati mi alzo la mattina con un’ansia, i sudori, certe vampate (tipo Christian De Sica in Vacanze di Natale, hai presente?). Giuro, non so più cosa penso davvero. Altro che Natale, mi ci vorrebbe un Nirvana. Raccolgo gli ultimi neuroni funzionanti per dirti che del caso Ferragni la cosa veramente sospetta mi sembra l’assenza totale del signor Balocco dal dibattito. Lui è il padrone, no? Il Willy Wonka di Cuneo, come ama rappresentarsi da quasi vent’anni negli spot. Lui ci mette i soldi: con 50mila euro compra il marchio dell’ospedale Regina Margherita, con 1 milione la faccia e i post di Chiara Ferragni; decide di non fare pubblicità in tv e risparmia 2 milioni (non capisco nulla di marketing, l’ho letto su Open). Vende il pandoro a quasi il triplo del suo prezzo, 9 euro. Ci fa – se i dati sono giusti – quasi 3 milioni lordi. Totale? Troppo? Troppo poco? La scommessona però l’ha fatta lui, dopo anni di spot con le gemelle Kessler, persino Ilary Blasi (nel 1987), un azzardo da pokerista beneficenza inclusa. E noi stiamo qui a puntare il ditino su Chiara Ferragni, i suoi golfini e i suoi bambini? Ma chissenefrega. Lei è come Christian De Sica a Cortina. Come Berlusconi col mascara e la calza sulla telecamera. Come Meloni che adesso andrà in giro a rompere i coglioni col suo pandoro di Natale, il Mes, fino al giorno delle elezioni europee. Non è vera. Nessuno è vero, è tutta fuffa, retorica, comunicazione. Il signor Balocco sì che è vero. Torniamo alle basi: “Succhiate il sangue fino all’ultima goccia”, scriveva Friedrich Engels nel 1845, “con la beneficenza restituirete al dissanguato la centesima parte di quel che gli appartiene!”. Esagero?
Giovanni Robertini: Ma no che non esageri, anzi. Ieri ho incontrato un’amica che lavora per il brand di Chiara Ferragni, mi ha detto che passerà un Natale di merda, ha paura di perdere il lavoro. Volevo dirle più o meno quello che hai appena scritto tu – Balocco, Willy Wonka, Scrooge e il capitalismo – e invece ho cambiato discorso e le ho chiesto: “Hai visto il nuovo spot Esselunga? Quello della noce? A me ha fatto piangere”. Ce l’hai presente, no? Due ragazzetti vicini di casa in Brianza, terra di Berlusconi ed Emis Killa, la famiglia di lei prima di trasferirsi in Australia va al super e Marta compra a Carlo una noce. Una dozzina d’anni dopo Marta torna là dove Carlo vive ancora, gli chiede se si ricorda della noce, e lui le mostra l’albero sotto cui sono seduti, nato proprio piantando il suo regalo. Commovente, ma non basta, nessuna polemica, quasi un flop di marketing rispetto alla pesca e i genitori separati. Sembra un secolo fa, era solo un mese prima della rottura tra Meloni e Giambruno, guarda gli scherzi del capitalismo emotivo. Ora il pandoro della Ferragni l’ha oscurato, ma siamo sicuri che Carlo non sia in realtà il solito travestimento incel da “bravo ragazzo” che col ricatto della noce che da “defaticante post cenone” si è fatta albero la vuole legare a sé per tutta la vita, nascondendosi sotto il guscio vuoto del patriarcato? Sai cosa doveva fare Marta? Prendere una motosega, tagliare quel cazzo di albero e poi estirpare le radici e lanciarle addosso a Carlo in fuga.
AP: Capisco, le lacrime sono pericolosissime. Guarda Chiara Ferragni appunto. È quando piange che capisci che il video è finto. A me c’è una cosa che ha fatto piangere quest’anno: What I Was Made For, Billie Eilish sui titoli di coda di Barbie. Mi è dispiaciuto molto vederla in seconda posizione dietro Miley Cyrus – ultra Ferragni ultra cheap, con piscina, occhiali a specchio e tutto – nella classifica di Rolling delle canzoni migliori dell’anno. A proposito, caro Damir Ivic, gli autonomi degli anni ’70 non avevano bisogno di capire qualcosa del free jazz. Loro erano free jazz, sta tutta lì la questione. Mettendo da parte qualcosa da leggere in queste vacanze ho trovato un vecchio saggio di Mark Fisher, Uscire dal castello dei vampiri, allora molto discusso e discutibile perché se la prendeva con quello che a lui sembrava il moralismo piccolo borghese che dominava Twitter (erano dieci anni fa), contro la coscienza di classe. Non possiamo stare sui social usando argomenti che la stampa di destra è in grado di utilizzare molto meglio noi, diceva Fisher. La paura, la colpevolezza, la buona educazione come sola misura delle azioni inchioda ciascuno alla sua identità, la solitudine è già una sconfitta: “Dobbiamo uscire dal dibattito istituito dal capitalismo comunicativo (…) e ricordare che siamo coinvolti in una lotta di classe”. Mi sembra molto appropriato al momento. Sforzarci sempre di immaginare un altro mondo, un altro punto di vista, la possibilità del prossimo arrivo di un Messia. Adesso esagero, vabbè.
GR: Ecco, non credo che le polemiche ci distraggano dai veri problemi, perdo volentieri il mio tempo scrollando meme e opinioni sulla Ferragni, sulla pesca, sullo spot Trenitalia, i campi della conoscenza oggi sono praterie lisergiche da attraversare senza moralismi, in compagnia delle proprie idee e di qualche amico, senza abbandonarsi alla solitudine, come dice Fisher. Sarà lo spleen natalizio ma pure io ci sono rimasto un po’ male per le classifiche di RS sugli album italiani dell’anno. Anche mettendo da parte la mia antipatia per Colapesce e Dimartino, secondi in classifica, non posso sorvolare sulla prima posizione, il disco di Tedua. Lui mi piace, ha la faccia da cinema e la strafottenza dell’artista, ma la sua visione romance del rap, del ragazzo difficile di buoni sentimenti, del ghetto boy che può tranquillamente andare a cena dai genitori della fidanzata perché sa cos’è la Divina Commedia, la trovo banale, buona solo per i ragazzini che giustamente sono suoi fan. E invece il fatto che citi Dante permette a noi boomer e Gen X di non vergognarci del fatto che lo ascoltiamo. Il trucco lo aveva scoperto in tempi non sospetti Jovanotti con la sua grande chiesa che va da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa. E con tutta la sua lievità il trucco anni fa l’ha smascherato Calcutta: “A me quel tipo di gente, no, non va proprio giù / Taranta, Celestini e BMW”… Ah, per me Relax disco dell’anno, ma nessuna polemica, colleghi di Rolling! Si fa per dire. Buon Natale!