Ci siamo quindi, Renzi did it again: scombina ancora una volta le carte, le getta a terra e con loro ribalta pure il tavolo da gioco. Si apre la benedetta crisi di governo, che poi è quella di un governo in crisi da sempre essendo nato contro qualcuno e non in favore di qualcosa (fu sempre Renzi il manovratore, quella volta contro il salvinismo nella sua fase da manganello in mutande collezione primavera/estate).
Come finirà non lo sa nessuno, di certo non si tornerà al voto perché la riduzione dei parlamentari spaventa i “giganti” odierni della rappresentanza democratica che tengono famiglia e soprattutto non tengono lavoro fuori dalle due Camere. Conte può andare a caccia dei “responsabili”, sperare nella formazione di suoi gruppi parlamentari autonomi da qui al 20 gennaio, trovare nuovi appoggi, far rientrare Renzi, andare alla conta bersagliera. Di sicuro rivitalizzare questo governo di mummie sarebbe cosa buona e giusta ed è esattamente quello che il manovratore di Rignano cerca di fare con questa sua ultima evoluzione tattica – certo, insieme all’aumento di peso che ne deriverebbe in caso di puntata vincente.
Il problema è che Renzi pur essendo l’unica mente politica pura dell’arco parlamentare italico è ormai percepito non già come il punk rottamatore degli inizi, ma come la stanca rock band in declino di idee che inanella un “best of” dopo l’altro per tirare a campare. Che non sia così è tanto vero quanto irrilevante a questo punto, già siamo inondati dai meme che lo raffigurano bebè capriccioso alle prese con i lego. Quand’è così è dura risalire la china.
Del vagito punk della prima ora in verità c’è ancora traccia: in questa fase – e a due anni dal voto, ricordiamolo sempre – Renzi non si sta ponendo il problema del consenso. Per gli elettori la sua è una figura di politico narcisista e incomprensibile, addirittura irresponsabile nel momento di apertura di una crisi di governo in piena pandemia. A poco vale il fatto che una crisi di governo – specie da noi – non sia affatto la fine del mondo e che questa in particolare si configuri come un passaggio sì complicato ma comunque destinato all’assorbimento e che possa davvero scuotere le acque stagnanti del momento. Definire l’azione di governo come “sterile” è infatti equivalente a bollare la Covid-19 come “semplice influenza”. Stessa identica cosa spaccata.
Il governo è inadeguato, il suo leader unfit e la maggioranza è un’accozzaglia di desperados eterogenei e perlopiù impreparati. La gestione della pandemia è stata tra le peggiori del mondo, la politica del bonus a lotteria – nel senso che chi l’ha preso ha provato la stessa sorpresa gioiosa del jackpot alla slot machine – non è una politica di lungo periodo, né di medio, né di breve. È una politica da miserabili, da clientela, da vecchia Democrazia Cristiana.
E però Renzi da questa ennesima veronica politica ne esce comunque indebolito (all’esterno). Anche a livello di comunicazione la conferenza stampa di ieri è stata un mezzo disastro. Non puoi sostenere la giravolta proponendoti come “responsabile” e parlarmi del problema “dell’acciaio e dei trasporti” o “della logica dei grandi costruttori di cattedrali” o fondare la stabilità “sulla chiarezza e nella chiarezza”. Ma che vuol dire? Se spacchi il giocattolo ma parli come Andreotti l’effetto sull’elettore è lo spiazzamento più totale.
Se per giustificare una mossa politica così complessa da raccontare e ancor più difficile da digerire ti schermi dietro alla Bellanova, non ne esci come leader coraggioso e con visione. O Bismarck o uova alla Bismarck, è un dilemma che devi risolvere.
Così come non puoi dare lezioni di democrazia e di libertà e poi raccogliere otto domande alla volta in sala stampa per rispondere solo a quelle che ti pare (peraltro nel silenzio generale) o attaccare il fantozziano cashback essendo stato tu il paladino degli 80 euro, vale a dire il genitore straccione dell’odierna politica accattona. Ora vedremo che cosa succederà – e per fortuna stiamo tranquilli con l’abitante del Quirinale –, l’orizzonte è ampio e il tempo abbondante sia per continuare a dare le carte sia per scalare posizioni nel gioco dei pesi della politica. Di sicuro questa non sarà l’ultima acrobazia renziana dell’anno: il 2021 è appena cominciato e Renzi si è già aggiudicato il titolo di “baddest motherfucker in the House”. Ecco, ora dovrebbe cominciare anche a farsi capire.