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Resistere alle settimane della moda e alla psicosi nordamericana

Lo scontro tra Trump e Zelensky? Lo avevamo già visto su Rete 4. Il vento è cambiato e la trap ci aveva avvertiti. Meno male che ci sono Iosonouncane, Zerocalcare e i Baustelle

Resistere alle settimane della moda e alla psicosi nordamericana

Donald Trump e Kanye West nel 2016

Foto: Drew Angerer/Getty Images

Alberto Piccinini: Noi che da anni assistiamo agli scazzi tra il professor Orsini e Scanzi, tra Scanzi e Borgonovo, Borgonovo e Orsini a proposito di guerra in Ucraina, e con il tempo ci abbiamo fatto l’abitudine, vuoi che ci saremmo stupiti dello scazzo tra Zelensky e Trump in mondovisione nella Sala Ovale? No davvero. E J.D. Vance e quel blogger che ha preso per il culo Zelensky per la mise da guerra in fondo non avevano la parte che nelle scalette dei nostri talk su Rete 4 sarebbe stata di un Bignami o di una Hoara Borselli? Seconde linee, secchioni di destra antipatici ma capaci di qualsiasi cosa, come certi caporali delle SS nei vecchi film di guerra. Il fatto è che Rete 4 ci ha educato all’indifferenza, fin dai tempi di Emilio Fede ma forse anche di Barbareschi e Ci eravamo tanto amati.

Adesso per dire mi lascia indifferente il fatto che qualcuno dovrà pure alzarsi a dire che il professor Orsini aveva ragione su tutta la linea fin dal primo giorno che è apparso sui nostri schermi. E allora mi rifugio su La7 a meditare e fare un po’ di penitenza: recupero il  documentario di Francesca Mannocchi e Daniela Mustica Lirica Ucraina, dove non c’è neppure una voce fuori campo, vecchi e bambini parlano con i sottotitoli, inquadratura fisse lunghe, crateri di bombe, rovine, sciuscià, povere case devastate. Niente Orsini ma soprattutto musica di Iosonouncane. Bellissima, è uscito anche l’album. Sono tentato di affidare a Iacopo Incani e a tutta la sua sardità (ha fatto anche le musiche per il film su Berlinguer) quel che resta della nostra umanità pre (e post) televisiva. L’altro giorno con un post su Instagram se l’è presa con la sfilata della fashion week di Etro ispirata alla cosmologia egizia e a William Burroughs, perché ha usato come colonna sonora i suoi pezzi, Cri e Inam, senza chiedergli il permesso. Perché usare un disco come IRA, «che parla di donne e uomini in fuga dalla disperazione per accompagnare la sfilata di modelle e modelli rivestiti d’abiti scintillanti?». E poi: «Non c’è nulla di più lontano dalla mia sensibilità artistica, civile e politica di una sfilata d’alta moda». Mi tolgo il cappello, intanto.

Giovanni Robertini: Ah, la settimana della moda! Ho visto girare sui social i commenti ultra boomer di Guè che, riassumendo all’osso, dava a tutti i fashionisti degli sfigati. Difficile dargli torto, per chi come me sta a Milano è meglio chiudersi in casa a leggere Pensare dopo Gaza, il nuovo fondamentale saggio di Bifo, libro difficile per tempi difficili: «La forza dei fascisti di oggi non nasce né dal pensiero né dalla politica, ma dalla trasformazione antropologica prodotta dalla decerebralizzazione dovuta alla tecnica e alla psicopatia». Tiè, e aggiunge che «la tracotanza è il loro unico linguaggio»: Trump, Vance, Rete 4, Vannacci, la lista del talk continuo è lunga, i toni sempre più accessi.

E da lì i titoli dei giornali che ci avvisano della “fine dell’era woke”, del politicamente corretto, del “non si può più dire niente”: ora vale tutto, rutto libero! Ed è una cosa che sembra mettere d’accordo anche le fazioni più diverse. Del resto il wokismo era arrivato un po’ come il Covid, non avevamo gli anticorpi, soprattutto i vecchi tromboni – soprattutto i vecchi tromboni di sinistra! – erano stati presi in contropiede. Eppure la trap ci aveva avvisati: era comparsa in Italia nel 2017, in concomitanza involontaria con la nascita del movimento MeToo, e si era mossa in direzione opposta e parallela alle battaglie per l’inclusività, alla schwa, alla cancel culture. Non era in contrapposizione con quel mondo, semplicemente ne rappresentava un altro, anticipando il futuro che oggi è presente. Con cosa fa rima la “tracotanza” descritta da Bifo se non con lo swag, il dissing, il bling bling e i video dove si contano banconote a Dubai? 

AP: Scusa se cambio discorso. «Pure le cose di cui siamo fieri non bastano a salvare il mondo» è la battuta che preferisco del fumetto di 40 pagine con il quale, su Internazionale, Zerocalcare racconta il Quarticciolo, storica borgata di Roma Est assediata dagli spacciatori di crack e dalla minaccia di una cura Caivano, che farebbe sgomberare il poco che c’è di palestra, doposcuola e abitazioni in un edificio abbandonato, l’ex Questura. Proprio come di Iosonouncane, di Zerocalcare apprezzo il dubbio, l’umanità e i limiti di cui abbiamo sempre bisogno, perché in giro non ce ne sono più.

Il Quarticciolo ce l’ho vicino e l’ho sempre sentito nominare da quando sono bambino: è un Rozzano ma senza trap, un piccolo Bronx del neorealismo. Adesso che ti scrivo è al TG 4, immagina come. L’odio. Le forze dell’ordine. Ho detto cura Caivano, ma avrei dovuto dire cura Giordano. Quei servizi di Fuori dal coro con un’inviata cattiva come un caporale delle SS, due buttafuori e un cameraman da sbarco che dopo trenta secondi di «siamo giornalisti di Mediaset, posso farti una domanda?» vengono presi a bottigliate. Giustamente. E il montaggio, la musica, i rumori, i flash. Tutto veloce, accelerato, ridicolo. Ai nostri tempi gli effetti video migliori li usavano per i clip di MTV, i promo e i teaser ricordi? Adesso guarda come siamo finiti. Che tristezza.

GR: E alla fine torniamo sempre a parlare di televisione, prove tecniche di trasmissione del peggio di cui siamo circondati. Per fortuna non siamo soli. Dopo il giovane cantautore emo di provincia Centomilacarie di cui parlavamo settimana scorsa a proposito del suo pezzo dall’iconico titolo tg1, venerdì è uscita una nuova ballad dei Baustelle, Una storia: “Stronzo, non lasciarmi / Fammi male mentre parlano di noi / Al TG 1 della sera / Maledetta primavera”. Bianconi e i suoi compari non mi deludono mai, un piede nel contemporaneo e uno del passato, apprezzo il loro moonwalking di sopravvivenza. Comunque, TG 1 dicevamo. Se in America è quel folle di Kanye West con le sue nazi-provocazioni a captare lo Zeitgeist, come scrive l’autorevole collega di Rolling Stone US Jeff Ihaza nel pezzo tradotto anche su questo sito, da noi ci sono il tg e la trap che ascoltano i ragazzetti. Sanremo è già in cantina, facciamocene una ragione.

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