#MeToo, Robinho peggio di Weinstein. Ma continua a giocare. | Rolling Stone Italia
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#MeToo, Robinho peggio di Weinstein. Ma continua a giocare.

Nell'epoca degli scandali sessuali, delle gogne pubbliche e delle carriere spezzate per un sospetto, il giocatore brasiliano ex Milan continua a scendere in campo nonostante una condanna a nove anni per stupro, e nessuno dice niente.

#MeToo, Robinho peggio di Weinstein. Ma continua a giocare.

speedpix / Alamy / IPA

C61CXX Robinho, Robson Souza, Brazil

Succede che in epoca di #metoo, di ombrelline rottamate, di abiti neri e solidali, di corsivi incazzati, pugni chiusi, gogne pubbliche, carriere stroncate su un sospetto e titoli di coda rimossi, ci sia uno stupratore che stranamente se la passa liscia. Non se ne capisce il motivo, mi sono chiesta il perché, ho cercato in giro un qualunque editoriale che mi spiegasse la ragione per cui uno stupratore con una condanna in curriculum (e più di un sospetto sul fatto che sia un recidivo) si goda vita e carriera come se niente fosse, ma resta un grande punto di sospensione.
Sto parlando del calciatore Robinho, 34 anni, uno che doveva essere il nuovo Pelè e poi ha avuto alti e bassi, giocando anche nel Milan dal 2010 al 2014.

Bene. Nel 2008 il brasiliano va a Manchester e a fine gennaio 2009 viene arrestato dalla polizia con l’accusa di stupro. Avrebbe abusato di una diciottenne nel nightclub Space di Leeds il 14 di gennaio. Guarda caso, Robinho, la settimana precedente l’arresto era scappato in Brasile, beccandosi una multa dal club. La faccenda si conclude col pagamento della cauzione, il portavoce del Manchester che “È innocente” e tutte le accuse che cadono appena tre mesi dopo.

Poi arriva al Milan. Il 22 gennaio del 2103 giunge una nuova accusa di stupro. Stranamente, le modalità somigliano a quelle per cui fu accusato in Inghilterra. Si trova in un locale con la moglie (il Sio), adocchia una diciottenne albanese. Porta la moglie a casa e torna nel locale con un gruppo di amici. Qui, in sei, abusano della ragazza nel guardaroba approfittando del suo stato confusionale.

Da quel momento cosa accade a Robinho? La stessa sorte toccata ai Brizzi, a Louis C.K. per un atto di onanismo, a Spacey per le presunte molestie? A Weinstein? A persone che hanno commesso presunti stupri e ad altre che non hanno neppure sfiorato una ragazza? Si sono aperti dibattiti sul presunto mostro? E’ stato allontanato dal dorato mondo del calcio? No.

Robinho continua a giocare. A guadagnare milioni. Nel 2013/2014 32 presenze col Milan, gol e ovazioni. I giornali che raccontano le sue prodezze in campo, gli stadi che applaudono. O fischiano, ma mica perché ci sono delle ombre pesanti su di lui, no, perché a un certo punto gioca pure male. Successivamente se lo riprende il Santos, poi Cina, poi Atletico Minero, nel 2015 la nazionale brasiliana lo convoca nella Coppa America, fino all’arrivo a gennaio 2018 al Sivasspor, serie A turca.

E qui viene il bello perché a novembre del 2017 Robinho è CONDANNATO A 9 ANNI di carcere per stupro della ragazza e lui, a quel punto, scaricato dal Santos (che si limita a dire “serve un’immagine positiva”) per pararsi il culo, entra in trattativa per comprarsi la squadra turca del Sivasspor e nel frattempo, dopo la condanna, firma comunque in qualità di giocatore con la stessa squadra (in cui sta giocando).

Del resto, anche DOPO la condanna di novembre, i giornali continuano serenamente a celebrarlo. Pianeta Milan, il 25 gennaio, festeggia il suo compleanno ricordando i suoi gol più belli con il titolo “Amarcord”. I giornali titolano “Robinho che magia con il Sivasspor!”, “Il gol di Robinho è un gioiello!”. “Conquista subito tutto e tutti!”. Tutto Bologna azzarda “E se provassimo a prendere Robinho?” e così via.

Nessuno, e dico nessuno (a meno che non mi sia sfuggito qualcosa, ma di sicuro è un qualcosa di poco rilevante) scrive due righe sul fatto che un giocatore con una condanna per stupro continui a frequentare gli stadi applaudito da ragazzini, indossi una maglia, sia strapagato, rappresenti una squadra, una città, una nazionale, perfino. Per un po’ è valsa la presunzione di innocenza che comunque non è valsa per i Brizzi & co. Ma dopo la condanna? Certo, andrà in appello.

Però ci sono le motivazioni del giudice, che raccontano come lo stupro di gruppo sia stato feroce anche per il disprezzo con cui lui e i suoi amici deridevano la vittima e la insultavano. (4 suoi amici si sono resi irreperibili, tra parentesi). Di questo i giornali hanno scritto, certo. Ma fredda cronaca copiata dallo stesso comunicato stampa, nessuna opinione, nessuno che abbia detto “Fuori dagli stadi”.
Resta il fatto che il mondo del calcio se ne sta in silenzio e le femministe pure. Anzi, le donne. Sembra quasi che il calcio resti cosa da maschi e nel mondo dei maschi chissà, lo stupro è meno grave che una mano morta nel mondo del cinema.

Dov’è la lega calcio turca? Dov’è la Uefa? Dove sono gli articoli indignati? Al momento, di questa orrenda storia, resta un gran silenzio e quei miseri 60 000 euro dati alla vittima come risarcimento. Quelli che Robinho guadagna in un giorno, probabilmente.

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