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Tutto quello che ancora non sappiamo del caso Jeffrey Epstein

A sei anni dalla sua morte, i dubbi sulle vicende legate al finanziere, condannato per abuso su minore, rimangono molti. E, secondo alcuni, sono molteplici le "bombe" che potrebbero ancora scoppiare

Jeffrey Epstein

Jeffrey Epstein (a sinistra) e Donald Trump (a destra) nel 1997

Foto: Getty Images

Qualche giorno fa, la Casa Bianca ha tentato un’operazione all’insegna della trasparenza facendo recapitare ad alcuni influencer di estrema destra dei file contenenti documenti sul defunto finanziere e pedofilo Jeffrey Epstein. L’idea era che queste persone spulciassero il materiale (in quella che il procuratore generale degli Stati Uniti Pam Bondi aveva etichettato come “Fase 1”) e condividessero le loro scoperte con i loro milioni di follower. In questo modo avrebbero dimostrato l’impegno dell’amministrazione Trump a condividere liberamente le informazioni con gli americani.

Questa mossa, però, è tornata indietro come un boomerang. Ciò che Bondi aveva annunciato su Fox News e che poi ha effettivamente reso pubblico consisteva perlopiù in un elenco dei contatti di Epstein e nei registri di volo dei jet privati da lui utilizzati: tutte informazioni già pubbliche da anni (e peraltro in forma meno redatta). I teorici della cospirazione, impazienti di vedere la cosiddetta “lista dei clienti di Epstein” (di cui peraltro non è mai stata provata l’esistenza), hanno definito l’operazione una farsa e hanno ribadito le loro consuete convinzioni su un insabbiamento in corso. Bondi ha dichiarato che gli agenti dell’FBI dell’ufficio di New York avrebbero trattenuto dei documenti e li ha richiesti via lettera al direttore del bureau, Kash Patel.

Lunedì scorso è apparsa nuovamente su Fox News affermando che la sede centrale dell’Agenzia aveva ricevuto una «vagonata di prove»: migliaia di documenti aggiuntivi che sarebbero stati pubblicati con alcune censure per proteggere l’identità delle vittime e per ragioni di «sicurezza nazionale». Nel frattempo, la Casa Bianca pare si sia lasciata andare a recriminazioni sulla trovata di Bondi e abbia tentato di placare i lealisti MAGA che l’avevano criticata duramente online.

Non è dato sapere se Bondi renderà mai pubblico un nuovo faldone per la “Fase 2”. Ma, se lo farà, è poco probabile che dia soddisfazione ai sostenitori di Trump più avvelenati, i quali credono nell’esistenza di documenti segreti che provano che alcuni loro avversari liberali di spicco avrebbero abusato delle ragazze minorenni che Epstein, insieme alla sua socia Ghislaine Maxwell, ha coinvolto nel suo giro di sfruttamento sessuale.

«In pratica, la sua rubrica telefonica e i registri di volo sono stati in qualche modo travisati fino a far nascere l’idea che esista una specie di lista dei clienti», spiega Julie K. Brown, la cui inchiesta sul caso Epstein per il Miami Herald ha vinto vari premi giornalistici. «A quanto ne so, non esiste nulla del genere. Da nessuna delle centinaia di persone con cui ho parlato e dalle vittime, né dalle le testimonianze giudiziarie che ho letto (e vi assicuro che ho letto quasi ogni singola causa che è stata intentata, ogni singola informazione che è stata registrata) ho mai sentito o visto il minimo accenno riferito a un elenco di clienti».

Nonostante sia probabile che questa fantomatica lista non esista, ci sono altri aspetti della storia di Epstein che potrebbero essere chiariti negli anni a venire, qualora venisse alla luce il materiale giusto. Ecco alcuni grandi interrogativi che rimangono aperti.

Le circostanze della morte di Epstein
Quando, nel 2019, Epstein è deceduto in una cella del carcere di Manhattan dove era detenuto in seguito all’arresto con l’accusa di traffico sessuale, la sua morte è stata dichiarata suicidio per impiccagione. Ciò ha dato il via ad anni di teorie della cospirazione (nessuna delle quali è mai stata confermata) sul fatto che persone potenti a lui collegate ne avrebbero ordinato l’omicidio per tutelarsi.

Brown sostiene che, anche se il Dipartimento di Giustizia ha reso noti i risultati di un’indagine sulla morte di Epstein evidenziando gravi mancanze da parte del personale del Metropolitan Correctional Center di New York, «non ha fornito i documenti su cui queste conclusioni si basano». Fra questi, presumibilmente, dovrebbero esserci le testimonianze di altri detenuti, guardie e medici, spiega l’autrice. Anche l’autopsia di Epstein non è stata resa nota. L’omissione di questo materiale significa che non c’è piena trasparenza sull’episodio della morte di Epstein, avvenuta prima di andare a processo.

Cos’altro sapeva l’FBI
Un modo per fare rapidamente luce sulla saga di Epstein, a detta di Brown, sarebbe che il Federal Bureau of Investigation non censurasse le migliaia di pagine di documenti relativi alle sue investigazioni, che vanno indietro fino al 2007, quando è subentrato in un’indagine iniziata dalla polizia di Palm Beach. L’FBI, tecnicamente, ha pubblicato un’enorme quantità di quel materiale nell’archivio del suo portale online, anche se in gran parte è censurato.

«Molte delle cancellazioni, se si osservano bene quei documenti, sono del tutto superflue», dice l’autrice. «Hanno eliminato il nome di Jeffrey Epstein da alcuni documenti. In pratica si dice: “Siamo andati a casa di [testo cancellato, nda] a Palm Beach”, quando poi c’erano rapporti che dicevano che le ragazze erano a casa di questa persona… sembra quasi uno scherzo».

È impossibile dire cos’altro ci sia nei documenti in possesso dell’FBI, ma senza dubbio è materiale che darebbe un’idea approfondita del modo in cui le forze dell’ordine hanno individuato Epstein come obiettivo criminale, incluso, forse, se hanno esaminato i suoi libri finanziari e le modalità con cui ha accumulato un patrimonio che ammontava a un netto di circa 560 milioni di dollari, al momento del suo arresto nel 2019. Se questi documenti saranno resi pubblici, dice Brown, «potremo capire meglio chi esattamente l’FBI abbia interrogato e quante prove avesse realmente a disposizione all’epoca. Ma queste risposte, anche se dovessero emergere, non porteranno nessuno in prigione».

Secondo Brown, i file secretati potrebbero anche delineare un quadro che dimostra se l’FBI non ha fatto tutto ciò che doveva quando si è messa sulle tracce di Epstein, nel 2006. Oppure se tutto è stato gestito a regola d’arte, se «il Dipartimento di Giustizia abbia omesso il passo successivo di sporgere denuncia [per reato federale, nda]». Gli avvocati di Epstein, nel 2008, gli hanno fatto ottenere un accordo segreto di non perseguibilità per il fatto di essersi dichiarato colpevole dell’adescamento una minorenne, per cui non ha quasi scontato nessuna pena detentiva.

«Parte del motivo per cui esistono tutte queste teorie della cospirazione legate al caso è che il governo ha nascosto la verità per tutti questi anni», aggiunge Brown. «Hanno tenuto nascoste cose che non dovevano occultare».

I dettagli sugli aerei (e sui passeggeri) di Epstein
Grazie a una richiesta inoltrata dal Miami Herald in base al Freedom of Information Act, nel 2019 l’U.S. Marshals Service ha reso pubblici alcuni rapporti delle ispezioni effettuate sull’aereo di Epstein mentre viaggiava tra New York e le Isole Vergini americane. I nomi dei passeggeri sono stati annotati, ma i documenti sono apparsi in forma del tutto manipolata, nascondendo i dettagli su chi e quando ha volato con Epstein.

La Federal Aviation Administration, poi, non ha mai condiviso i documenti completi sulla lista dei viaggi compiuti dai vari aerei di Epstein negli anni.

I possibili legami di Epstein con gli ambienti dell’intelligence
Il fatto che Epstein sia riuscito a farla franca per così tanto tempo e abbia spuntato un accordo vantaggiosissimo per le accuse del 2008, evitando così un processo federale, ha fatto emergere l’ipotesi che fosse legato a qualche agenzia di intelligence che gli ha dato protezione (almeno per un po’). Gli piaceva raccontare storie che suggerivano un suo ruolo di faccendiere, uno che faceva consulenze ai leader mondiali e conosceva bene i mercati internazionali illegali.

Ma sebbene Epstein fosse «molto ben introdotto», come sottolinea Brown, non ci sono prove inoppugnabili che abbia agito per l’intelligence statunitense o di altre potenze straniere. Abbiamo solo le dichiarazioni dei suoi ex collaboratori, come il defunto truffatore Steven Hoffenberg, che in un’intervista dal carcere del 2002 ha detto alla giornalista Vicky Ward di ricordare che Epstein alludeva a un lavoro legato a «questioni di sicurezza nazionale» che implicava «ricatti, dissuasione e scambio d’informazioni a un livello molto complesso e pericoloso». Gli aneddoti riportati da queste fonti sono, ovviamente, tutt’altro che probanti.

Il contenuto dei computer e delle telecamere di Epstein
Ci sono prove del fatto che gli hard disk dei computer sono spariti dalle case di Epstein a Palm Beach e a Manhattan, prima delle perquisizioni delle forze dell’ordine a distanza di oltre un decennio l’una dall’altra. Non si sa cosa potessero contenere, né se l’FBI sia riuscita a recuperarli o a esaminarli. I computer sequestrati dalla polizia in Florida, nel 2005, non hanno prodotto prove valide per l’accusa. Non è chiaro cosa contenessero i dispositivi sequestrati dai federali nel raid effettuato a New York nel 2019.

Le proprietà di Epstein erano dotate di videocamere. Se le registrazioni siano sopravvissute o meno resta un mistero.

I documenti giudiziari relativi a vari casi
Non sappiamo che tipo di prove o testimonianze siano state presentate durante i due gran giurì federali relativi alle attività di Epstein, dato che questa tipologia di procedimenti è segreta. Non abbiamo le prove presentate durante il processo del 2021 in cui Ghislaine Maxwell è stata condannata per traffico sessuale di minori (le richieste in base al Freedom of Information Act del Miami Herald relative a questo materiale sono state respinte); e nemmeno quelle della causa civile nelle Isole Vergini Americane, con l’accusa di racket mossa contro gli eredi di Epstein, dopo la sua morte, che è stata composta in via extragiudiziale. Non disponiamo neppure di tutte le informazioni relative a una causa intentata da alcune vittime di Epstein contro l’FBI.

Il numero e la portata dei procedimenti giudiziari che riguardano Epstein, e che sono iniziati quasi due decenni fa, sono il motivo per cui Brown ha subito dubitato delle promesse di Bondi di garantire la massima trasparenza con la pubblicazione di quei documenti. «Francamente ho i miei dubbi che abbia capito il caso», dice Brown. «Il modo in cui ha detto, fin dall’inizio, “Ho il fascicolo sulla mia scrivania”, mi ha fatto pensare che non è possibile che abbia il fascicolo di Epstein sulla sua scrivania. Perché quel fascicolo è talmente grande da riempire una stanza».

«Mi pare che non abbia capito fin dall’inizio quanto sia enorme questo caso, l’arco di anni che copre, quante persone siano state interrogate e quanti casi giudiziari abbia portato ad aprire», dice Brown. «Non è così semplice come ricevere un fascicolo sulla scrivania e decidere di renderlo pubblico. È una cosa molto più grande».

Ecco perché le persone che continuano a dare per scontata una notizia bomba su Epstein sono destinate a rimanere ripetutamente deluse. Potrebbero ancora emergere alcuni fatti collegati, ma altri rimarranno sepolti per sempre. E giustizia non sarà mai veramente fatta.

Da Rolling Stone US

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