Alberto Piccinini: Non è l’attesa di una puntata di Report essa stessa una puntata di Report? Ti scrivo in questa domenica d’autunno mentre si appressa la sera: l’ora dei Var, dei pensieri più cupi. Non senti l’anelito alla verità ultima delle cose, poggiata sul fondo del liquido amniotico dell’anima della stirpe nostra? E de li meglio mortacci. Come cazzo parlo? Parlo come Alessandro Giuli, l’ultima maschera della tragicommedia di questi anni fasci, uscito più da un film di Wes Anderson che da Amici miei, l’abbiamo capito bene. Il problema non è quel che dice nei suoi discorsi, per quanto ammetto che il termine “aberrigeno” tirato fuori l’altro giorno alla presentazione di una rivista a Venezia, cioè colui che nasce dall’errare (“come conchiglia sulla montagna”), mi pareva ottimo per il testo di una canzone di Amedeo Minghi, tipo. Invece: qual è l’algoritmo di Giuli? Come fanno a stare insieme il sole delle Alpi e le stirpi biologiche (programma criptonazi della Lega, 2017), il liquido amniotico, l’attualismo gentiliano, il fermacravatta d’oro e quell’aspetto basettone da Teddy Boy? Ricordo che i teddy boy inglesi erano i più cattivi di tutti: si mettevano le giacche lunghe che non voleva nessuno e picchiavano gli immigrati al ritmo di rock’n’roll. Ma dove siamo, in una sfilata di Alessandro Michele? In un raduno di nazisti perbenisti? Ti ricordo anche che le musiche della trasmissione Vitalia, sulle feste dei popoli preromani su Rai2 (dove lui suonava il piffero nei boschi), che andrebbe studiata nelle scuole di partito, erano di Walter Maioli, fondatore degli Aktuala a Milano negli anni ’70 e spacciatore di strumenti etnici esotici nel negozio Ricordi (ebbe clienti Battiato e Battisti, per dire). Psichedelia occulta? Sono molto confuso. Cosa ci nasconde Giuli? Sbaglia l’algoritmo o sbagliamo noi? Mi dà sollievo soltanto la sua battuta che sarebbe stata carpita al ristorante da un cronista del Fatto: “Non sono così moderno da essere omosessuale”. Christian De Sica in Vacanze di Natale, le basi proprio, e tutto che ricomincia a girare come un pezzo delle Iene.
Giovanni Robertini: Sorrentino, intervistato qui su Rolling, dice di ascoltare solo indie tristissimo affidandosi all’algoritmo: «Ascolto… aspetta che con Spotify ormai non sai mai che cazzo ascolti… (prende il telefono). Ascolto gente che si chiama Lost in Lona». Sono un duo svizzero, di Basilea, nessun hype, manco una recensione su Pitchfork. Eppure il regista dice di avere un’intesa perfetta con l’algoritmo, beato lui e tutti i pigri consapevoli, i passivi attivi con il sorriso. Perché il problema non è lasciarsi andare o meno all’algoritmo. Certo ci si può anche chiamare fuori come hanno fatto quelli del sito Hearing Things, nuovo magazine musicale fondato da un gruppo di fuoriusciti da Pitchfork. Il vero problema è invece comprendere l’algoritmo degli altri tipo Alessandro Giuli, impresa difficilissima, hai ragione. Se i discorsi del Ministro della Cultura finissero nel mio Spotify l’algoritmo li metterebbe in qualche compilation di freak folk o new weird America insieme alla psichedelia degli Animal Collective o ai Lankum, band folk irlandese adorata dai tizi di The Wire. O anche a Battiato, o alla «svastica in centro a Bologna solo per litigare» di Calcutta. E farebbe un grande errore l’algoritmo, un po’ come fanno quelli che parlano solo della supercazzola di Giuli.
AP: Stato del giornalismo italiano: disperato. La mia lettura preferita della settimana, praticamente un piacere segreto all’ora di colazione, sono state le pagelle del Red Carpet alla Festa di Roma, che su Repubblica.it (diabolici) si possono leggere tutte ogni giorno da cima a fondo. Le scrivono le colleghe Anna Lupini e Alessandra D’Acunzo che non conosco, ma origlierei volentieri i loro discorsi la mattina al tavolo accanto del bar, perché la loro limpidezza mi riconcilia con il mondo. «James Franco il bello di Hollywood (…) smoking con papillon, vestibilità un po’ old style. Voto: 9. Kasia Smutniak (…) tutta la semplicità e potenza del total black con dettagli luminosi. Voto 10». Wow. Ma dove si vede la valenza terapeutica della cosa sta nelle recensioni negative, mai neanche un po’ sbagliate, tutte le cose al loro posto «Selene Caramazza, rombi e ruches (…) Effetto Arlecchino. Voto 5». Tutta roba di Alessandro Michele, prendi e porta a casa. Promosse invece le ascelle non depilate di Tecla Insolia: «Super natural beauty (…) ci piace paragonarla a Sofia Loren che all’inizio della sua carriera non si depilava». Bingo. E adesso torno alla discografia dei Grateful Dead, che mi è appena morto Phil Lesh. Addio.
GR: Hai visto la storia di Instagram del boomerissimo Leonardo Pieraccioni che di notte si apposta con una cassa davanti alla stanza della figlia quattordicenne amante della trap facendole sentire nel sonno De André sperando di convertirla? Che tenerezza, ma pure che cringe! Certo, vedendo al terzo posto dei pezzi più ascoltati su Spotify Mi piacciono le armi di Simba La Rue, forse scatta una morale di protezione, il Parental Advisory è “la bestia” delle discografiche, esca di marketing per fare soldi sugli adolescenti, genitori tremate. Ma, e lo diciamo da sempre qui nella Boomer Gang, la trap è il meteo.it della società, e ci becca sempre nelle previsioni, cicloni compresi. De André, grandissimo per carità, non può farci nulla, ditelo a Pieraccioni. È vero che ci manca la ballata politica, la canzone impegnata, l’album di protesta, ma non guardiamo indietro, la metafora giusta nella trap è quasi sempre nascosta, subliminale, altro che “explicit lyrics”! Qual è il grande problema, quello che dominerà da qui in avanti il dibattito politico e che deciderà le sorti di quello che resta della sinistra? La sanità, giusto? Ecco, l’album primo in classifica questa settimana è Containers di Night Skinny e un dei pezzi più condivisi del disco lo rappano Nerissima Serpe e Papa V e si chiama Tessera Sanitaria: «Sto fumando tanto ultimamente / tessera sanitaria nella mia tasca». Capito? Lo stato al sociale è così al collasso che l’ansia cresce, soprattutto tra i ragazzi, e l’unico uso che si può fare della tessera sanitaria non è per farsi visitare da un buon dottore della mutua – ormai estinto – ma per prendere sigarette e cartine al distributore automatico. Figlia di Pieraccioni, dillo al babbo!