Alla fine è successo. Me lo aspettavo, certo che me lo aspettavo, però non proprio adesso, nell’anno del ritorno dei pantaloni a vita bassa e della frangetta a tendina, e non con un potenziale tanto devastante. E invece, ecco che WhatsApp annuncia che manca poco (troppo poco) al lancio di Community – in sostanza, la nuova funzione che prevede di poter raggruppare le chat e trasformare gruppi più piccoli in un mega gruppo – e tutto ciò a cui riesco a pensare è: «Che diavolo succederà, adesso, alla chat delle mamme?».
Sia chiaro: un dilemma del genere non si limita alla mia sola esperienza. Di questi tempi, qualunque madre subisce la sua prima “chat delle mamme” quando ancora il pargolo non è venuto al mondo. E ciò avviene diventando, lei ingenua, parte del gruppo WhatsApp delle gestanti conosciute all’ora di yoga prenatale del giovedì alle sei, o addirittura fondatrice di quello del corso pre-parto del martedì alle dieci. Ma se da questa prima esperienza, la mamma (ancora ingenua) coglie solo dei piccoli segnali d’allarme (tipo la condivisione delle preoccupazioni legate al colore e alla frequenza delle cacche), e a cui è tuttavia ancora possibile sfuggire, è con l’obbligatoria chat delle mamme del nido che le proprie scelte di vita famigliare iniziano a diventare materia di revisionismo storico.
Centinaia di notifiche, persino un’applicazione ad hoc, dove le pappe immonde, i dannati travasi, le uscite all’aperto tra i pianti sono documentate da foto tutte identiche e tutte ugualmente commentate, nel crescendo di disperazione per la mamma (ormai consapevole) che aspetta solo che quella chat venga archiviata per far posto a qualcosa di molto peggio: la chat delle mamme dell’asilo. E che, alla fine di questa panoramica complessiva, la porta a chiedersi una sola cosa: «È possibile che, per noi madri, esista una punizione tanto grande, per il solo fatto di aver figliato?».
Cerco di rifletterci, ma sono distratta dal cellulare che si illumina nella cascata di botta e risposta che si sta consumando proprio lì, nella raccapricciante chat dell’asilo, dove la testa di un padre (l’unico) è già stata conficcata dalle rappresentanti sul palo del biasimo, esposta come monito a chiunque osi mandare ancora il bambino a scuola con il naso che cola.
Però lo faccio, sì. Prendo coraggio e decido che è giunto il momento di inoltrarmi in quella selva oscura, ché in qualche modo dovrò pur sopravvivere al potenziamento della chat delle mamme di WhatsApp. Si tratta solo di capire come farlo. Allora scrollo indietro, per ripercorrere le tappe di questi anni scolastici e scovare uno, anche solo uno, discreto barlume di positività. Perché «deve pur esserci», mi dico; «ci sarà per forza», mi ripeto. Ma più mi addentro nel chiaroscuro delle minacce velate e dei garbati auguri, più ogni messaggio sembra presagire il nuovo girone infernale che ci si prospetta: la mega Community della chat delle mamme.
«Qualcuna sa chi è il positivo nell’altra classe?» e «I vostri, li avete tamponati?» sarà la prima raffica che giungerà dal gruppo delle tamponatrici seriali. «Ma è mai possibile che ci debbano chiedere anche la carta igienica?» e «Certo che con quello che paghiamo, la didattica lascia a desiderare» i dardi scoccati da quello delle sempiterne insoddisfatte, coloro forti di una sola certezza: ossia che i figli loro, da quella scuola scadente, non ce li toglieranno mai. «Questo libro non è montessoriano!», «E questo non è di Giorgia Cozza!», urleranno invece le mamme educatrici dall’alto delle loro torri montessoriane. Mentre, dall’oscura grotta del gruppo mensa, «Il würstel a pranzo, nooo» echeggerà a mo’ di lugubre lamento. E nulla, nulla potrà contro la piaga della tempesta del gruppo Privacy, dove, dai cieli grigi delle foto di classe condivise, tuonerà perenne la minaccia del «Se la condividete sui social, vi denuncio!», mentre una pioggia scrosciante di emoji si cheterà solo, e forse, per lasciare spazio ai venti gelidi dei lavoretti commissionati.
Soltanto allora, in un momento di apparente tranquillità, da qualche parte nell’inferno della Community delle mamme si udirà un solitario belato: «Scusate, la scuola quando chiude?». Sarà invece una madre innocente, o forse un padre che aveva silenziato per un anno la chat, ad aprire definitivamente le pesanti porte della dannazione eterna. Il gruppo dei gruppi: quello per il regalo di Natale alla maestra. «Stavamo pensando al braccialetto con la scritta e a un panettone», inizierà a dire una rappresentante di classe. A quel punto, nell’annuale diatriba che corroderà le nostre anime per giorni, a tutte noi che abbiamo avuto l’incauto desiderio di figliare sarà chiaro: dalla Community della chat delle mamme non ci spetterà alcuna redenzione.