Alberto Piccinini: Niente, ho visto pure la terza puntata di The Idol. Uno dei motivi sta nel fatto che te lo centellinano quasi settimana dopo settimana come facevano coi vecchi sceneggiati Rai. E ho sentito dire che neppure Levinson e Tesfaye sanno bene fino a dove arriveranno, forse neppure quando. Altro motivo è che una volta decretata a furor di social la bruttezza di una serie ci sentiamo tutti più intelligenti a guardarla. Un po’ come coi miliardari che sono scesi giù col Titan e sono implosi all’istante tipo film di serie Z, cosa che tuttavia personalmente me li ammanta di un certo fascino da Capitano Nemo se permetti. Non trovi? Tornando a The Idol c’è l’interesse professionale nel vedere rappresentato il mondo dello showbiz americano, grandissimo tema dai tempi di Marilyn e Judy Garland. Lo spettacolo come grande metafora di tutto: il capitalismo, il potere, il sesso, la seduzione. Praticamente un saggio di Michel Foucault musicato da George Gershwin. Ma anche molto meno: qui il diavolo, cioè The Weeknd, ha il savoir-faire di uno spicciafaccende, è quasi un animatore da villaggio vacanze, che però, come sappiamo dai tempi di Fiorello e del karaoke, sono sempre i più pericolosi.
Giovanni Robertini: “Mai fidarti di uno col codino”, dicono a Jocelyn a proposito di The Weeknd, Tedros nella serie, e un nome più tamarro era difficile trovarlo. Certo l’associazione codino/diavolo è un po’ azzardata, quasi comica: The Weeend è l’animatore di un villaggio turistico con open bar e Fentanyl a colazione, una sorta di Fiorello al ralenti che usa slogan motivazionali e ricette per il successo come quegli influencer che ti appaiono quando scrolli Instagram. “Fai un sacco di soldi senza lavorare”, “1000 euro in 10 minuti, basta che ci credi”, hai presente il genere? E penso che alla fine abbiano ragione loro, e ce l’abbia pure il wannamarchismo un po’ pop porno di The Weeknd: il lavoro è finito, non ce n’è più, e in attesa del nostro reddito di vita minima, tanto vale provarle tutte, uno su mille ce la fa come ci ricordano vecchi tormentoni. Non serve neanche vendere l’anima al diavolo – antico spauracchio morale de sinistra – perché te la pagherebbe troppo poco, non abbastanza almeno per fare shopping da Valentino a Beverly Hills. Serve solo “crederci sempre arrendersi mai” più un po’ di tamarraggine e spacconeria, senza dimenticare il codino. Te la vedi Elly Schlein col codino?
AP: Uhm. Il fatto è che quando arriva roba sfacciata come The Idol vuol dire che il patriarcato e il capitalismo stanno tentando di recuperare il terreno perduto. Hollywood è sempre Babilonia, le ragazze sono vittime sacrificali della Bestia, la famiglia tradizionale era meglio quando si stava peggio, la ministra Roccella dice che eccetera. Un po’ come Basic Instinct e tutta la filmografia di Paul Verhoeven, sempre stroncatissima e ambiguissima. E pure l’apparizione di Britney Spears, le stagioni di Non è la Rai, Proposta Indecente, tutte le fantasie dei pigmalioni hollywoodiani. Da Jocelyn/Lily-Rose Deep dovremmo imparare ad accettare l’infinita crudeltà del ballo neocapitalista (hai presente la scena dei piedi spaccati?), e pure le botte della madre pazza però trasformate in fantasie erotiche. Il capitalismo è un rituale sadomaso, il fascismo è il suo prodotto, questo l’aveva già detto Pasolini 50 anni fa. Insomma, è chiaro che poi ti viene da ridere. Quando è troppo è troppo.
GR: Mah. Ci sarebbe pure sta ennesima infornata di tormentoni del venerdì, anche se mi sono già annoiato, e – lo so – pure tu. Ma c’è una novità che salta all’occhio oggi. Apro New Music Friday di Spotify e ci sono Mark & Kremont che citano esplicitamente Born Slippy degli Underworld, Nicki Minaj che fa Barbie Girl chiamando a raccolta anche gli Aqua, Coi Leray e David Guetta che coverizzano i Technotronic e Caffellatte alle prese con Dragostea Din Tei, indimenticata hit moldava. Che vogliono dirci? Che sono tornati gli anni Novanta? Che c’è voglia di ballare ma la discoteca algoritmo riconosce solo vecchie hit? O forse è la stessa idea di tormentone a chiamare in ballo un passato di cazzeggio al mare e feste sulla spiaggia, perché l’immaginario di oggi, catastrofico e da fine del mondo, non fa muovere il culo, ma al massimo deprimere?
AP: Beh, da che mondo è mondo il dj tiene nella sua borsa (o nella chiavetta) alcune hit che lui personalmente odia ma che gli possono salvare la vita. Tipo pee-pee-pepee-pepee Brigitte Bardot eccetera. A proposito: non è bruttissima la sigla di The Idol? Scusa, poi non ti annoio più ma anche quella sta tra le novità del venerdì di Spotify, hai sentito? Sbaglio, o pare Gigi D’Alessio? Ah, l’altro giorno Gigi è incomparabilmente apparso al Tg1 delle 7 del mattino fresco come una rosa intervistato a casa sua da Giorgia Cardinaletti, le borse sotto agli occhi erano vere però il servizio registrato probabilmente alle 10.30, tempi da tv romana vecchia scuola. E questa è la new wave della tv di destra. Sto tergiversando. Mi sono dimenticato la cosa più importante: Vasco Rossi. Una rubrica come Boomer Gang dovrebbe elegantemente glissare sulle scivolate social di un settantenne per Victoria dei Måneskin, sex symbol modernissima e rock’n’roll. “Slurp” le ha scritto su Instagram. Non so che dire, davvero. O forse notare una segreta corrispondenza con il mood neo-patriarcale di The Idol.
GR: Per fortuna che è tornato con un nuovo singolo Aphex Twin, uno che aveva il carro armato nel giardino di casa secondo me c’ha sempre visto lunghissimo. Musicalmente ormai è un classico tanto che pure ieri a Roma DOMi & JD BECK ne hanno fatto una cover. Capito? Loro così cool, tipo degli Steely Dan a una sfilata di Gucci oggi, ottimisti e progressisti con ancora su il braccialetto del Primavera Festival, bambini prodigio che hanno fatto pensare ai discografici di poter riportare il classifica il jazz… che fanno? Suonano un pezzo di Aphex, il profeta dell’Antropocene, la divinità pagana – metà uomo e metà macchina – che ha creato l’IDM. Non tutto è perduto, ma ora basta tormentoni…