Un enorme cronometro al centro di Cortina scandisce in numeri rossi la quantità di giorni, ore, minuti e secondi che mancano all’inizio delle Olimpiadi Milano Cortina 2026. Quando ci finisco davanti io mancano esattamente 332 giorni, 3 ore, 15 minuti e una manciata di secondi. Nel centro di Cortina d’Ampezzo la stagione invernale è agli sgoccioli, con la neve che si scioglie su tetti fin troppo caldi, le signore ingioiellate che si fanno consigliare dalle commesse, un crogiuolo di lingue che si parlano una sopra l’altra mentre prendono un aperitivo sul corso.
Per chi a Cortina ci vive e ci lavora, però, quell’orologio digitale è il promemoria di un cambiamento radicale nella vita di tutti i giorni, un discorso che si affronta in auto, al ristorante, in riunione, come mi racconta Michel Oberhammer. L’imprenditore nato e cresciuto a Cortina ha imparato a conoscere le dinamiche di questa cittadina attraverso la storica pasticceria in centro dei genitori e, dal 2019, è diventato il patron di Baita Piè Tofana.
È passata una pandemia, diversi stop e ripartenze e finalmente, nell’autunno 2021, Oberhammer incontra la Maître Elisa Prudente e lo Chef classe ’92 Federico Rovacchi, con cui comincia il sodalizio alla base di Piè Tofana. Se n’è accorta la Guida Michelin, che ha segnalato il ristorante e la sua offerta composta da carta e due proposte di menu: una con i piatti ormai diventati classici, come il Rossini al mare (filetto di manzo, seppia, foie gras e salsa teriyaki), e una che cambia quasi di giorno in giorno, in base alle disponibilità degli ingredienti. Qui la cucina italiana contemporanea, con cenni all’Emilia di cui Rovacchi è originario, incontra i metodi della cucina francese, il burro e la brace, e poi ancora le spezie, l’acidità, i sapori dell’Asia.

MichaelOberhammer (a sinistra) e Federico Rovacchi (a destra). Foto: press
Per Baita Piè Tofana, l’arrivo delle Olimpiadi è una sorta di cerchio che si chiude: la struttura, che oggi ospita una trentina di coperti, di cui un tavolo attorno al Larin, è stata in realtà edificata in occasione delle Olimpiadi Invernali di Cortina del 1956. All’epoca la costruzione, che era molto più ampia, fungeva da stazione per i cronometristi delle gare, grazie alla sua posizione tattica proprio alle pendici delle Tofane e le sue piste da sci. Nel corso degli anni, la baita si è rinnovata e ha cambiato funzione, e rischia di farlo anche durante le prossime Olimpiadi.
Rovacchi ci racconta che il ristornate si trova tra due zone rosse, termine che ci rievoca ben altro ma che, in realtà, indica le aree nei pressi di cui si svolgeranno le gare. Stretta tra la pista per lo sci femminile e quella per il bob, Baita Piè Tofana potrebbe essere irraggiungibile – salvo permessi speciali – durante i Giochi Invernali. Una delle possibilità è che il ristornate venga temporaneamente affittato e adibito ad altro e, anzi, le richieste in questo senso non sono mancate. Per fortuna la location è fatta di spazi intimi, quindi non è molto funzionale a una trasformazione, spiega Rovacchi, mentre qualcun altro azzarda che, se rimanesse immutata nella funzione di ristorante, la Baita diventerebbe un punto di riferimento per i pezzi grossi dell’evento.
Tutto intorno, Cortina e le sue vicine fanno i conti con il cambiamento. C’è la nuova bretella autostradale che collegherà la cittadina, con tunnel, sopraelevate, ruspe, escavatori e cancellate che spuntano qua e là attorno a quella che, a oggi, è ancora l’unica via principale per raggiungere la città. Ovviamente questa modifica dovrebbe aiutare il traffico, mi dice Michel Oberhammer, ma è una questione molto più complessa, che porterà a inevitabili cambiamenti nell’ecosistema di Cortina. Le case e le attività che una volta erano isolate ora si ritrovano la superstrada sotto il naso. La nuova arteria modificherà gli equilibri della montagna, sia da un punto di vista ecologico che economico, favorendo alcune attività e sfavorendone altre, in base alla posizione.

Foto: Alex Moling
Quello del paesaggio che si trasforma per assomigliare, sempre di più, alle esigenze del turismo è un fenomeno che Cortina conosce bene. Basta pensare alle boutique di lusso che hanno preso il posto di botteghe a gestione famigliare, o al fenomeno già diffuso dei dintorni che si svuotano e finiscono per diventare paesi dormitorio per chi lavora a Cortina. Una tendenza che non potrà fare altro che accentuarsi con le Olimpiadi. Il patron di Baita Piè Tofana ci mostra gli hotel che sono, o saranno, comprati o affittati per diventare strutture d’appoggio per chi lavorerà alla manifestazione sportiva, facendo un pronostico sull’aumento del costo della vita, sullo spopolamento delle valli, con i giovani che saranno sempre più invogliati ad abbandonare la zona per cercare un migliore equilibrio tra offerta lavorativa e costo della vita.
C’è da dire che, per gli abitanti di Cortina, spesso sulla difficoltà di prevedere i cambiamenti futuri prevale un senso di praticità. Parlando con una professionista ampezzana che lavora nell’ospitalità da più di qualche decennio, mi spiega, per esempio, di non essere spaventata dalla già evidente necessità di produrre neve finta per permettere lo svolgimento dei giochi invernali. «Anche alle Olimpiadi del ’56 non c’era neve! Siamo semplicemente andati a prenderla dalle montagne vicine per fare le piste», dice senza guardare troppo alle sottigliezze del climate change.
Con la necessità di mettere le cose in prospettiva, tanti guardano già oltre il fatidico momento dei Giochi, pensando a cosa verrà dopo, alle sue opportunità. In termini di notorietà, l’impatto delle Olimpiadi sarà sicuramente positivo, dice Rovacchi, citando previsioni secondo cui la scia lunga del turismo olimpico durerà almeno 4 o 5 anni. Sempre più persone incontreranno allora la storia di Baita Piè Tofana e si inerpicheranno per provare il frico fritto con Shichimi tōgarashi, il brodo di patate arrosto e rosmarino servito in un bicchierino di ceramica, l’ostrica alla brace con un fiocco di pancetta, salsa ponzu e gomasio. O ancora per intingere il coltello nel burro salato e spalmarlo sul pane sfornato quotidianamente, impastato a partire dal lievito madre che la Sous-Chef Nicole Groff rinfresca tre volte al giorno.

Baita Piè Tofana. Foto: Alex Moling
E intanto Baita Piè Tofana continua a pensare e ripensare la sua dimensione culinaria, inevitabilmente stagionale, legata alla forza turistica di Cortina, ma anche alla vita naturale della montagna. Ci sono i prodotti che arrivano dall’orto programmato con cura nei mesi di riposo, ci sono le erbe del foraging, gli asparagi del territorio che vengono messi in conserva, il sapore aromatico del levistico e quello terroso delle lumache, il prosciutto di cervo e la coppa di testa di produzione propria. C’è la necessità di essere curiosi, quella di proteggere un progetto in cui credono veramente, dal terreno caldo che si mangia la neve, dalle logiche dell’overtourism e da quelle stesse dinamiche di dare e avere da cui dipende l’ecosistema Tofane. Finché non si troverà un modo per accogliere il cambiamento senza stravolgere. L’inverno è il periodo in cui fatturiamo di più, spiega Michel, ma se me lo chiedi il mio periodo preferito, quello in cui la montagna è rigogliosa, in salute e con meno affanno, è l’estate.