Come la Quaresima ha creato il Filet-O-Fish, e altre storie di cibo pasquale | Rolling Stone Italia
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Come la Quaresima ha creato il Filet-O-Fish, e altre storie di cibo pasquale

La vera storia del panino preferito da Donald Trump, e molto altro. Ovvero, com'è che, ancora una volta, la religione ha influenzato quello che mangiamo

Filet-O-Fish

Foto: Instagram

Guardatevi intorno: sette italiani su dieci sono “cattolici”. Secondo un’indagine CENSIS condotta tra settembre e ottobre del 2024, il 71,1% della popolazione si definisce cattolico, anche se solo il 15,3% ammette di trovarsi nel livello del funnel “praticante”.

Fatta questa veloce premessa, sempre a guardarsi intorno, direste che siamo nel pieno periodo di Quaresima? Per i meno avvezzi ai riti cattolici, la Quaresima sono i quaranta giorni, circa, che precedono il Giovedì Santo (quello prima della Domenica di Pasqua) e che, di conseguenza, prendono il via con il Mercoledì delle Ceneri (il mercoledì che conclude il Carnevale). Rappresentano i 40 giorni che Gesù Cristo trascorse nel deserto, senza cibo né acqua, dovendo resistere anche alle tentazioni del Demonio.

Vien da sé che, per la Chiesa Cattolica, questi quaranta giorni dopo i bagordi del Carnevale, e prima di festeggiare la Pasqua di Resurrezione, siano diventati un momento di penitenza, purificazione e preghiera. L’elemento più rappresentativo di questo periodo di espiazione è l’eliminazione della carne dai pasti.

Più nello specifico, gli ultimi aggiornamenti in fatto di menu quaresimali sono del 17 febbraio 1966, contenuti nella Costituzione Apostolica “Paenitemini” di Papa Paolo VI. È concesso solo il pasto di mezzogiorno, anche se si può mangiare qualcosa la mattina e la sera, «attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate». Le persone dai 14 anni iniziano con l’astinenza dalla carne e poi, dai 21 (ai tempi età in cui si diventava legalmente maggiorenni) ai 60, devono attenersi alla legge del digiuno.

Potrebbe stupirci, ma un tempo i giorni di magro (senza carne) nel calendario erano più di quelli in cui era lecito mangiare salsicce e bistecche. Come ricostruisce Massimo Montanari nel suo libro La fame e l’abbondanza, le norme della Chiesa imponevano l’astinenza dalla carne per circa 140-160 giorni all’anno, poco meno del 50% dei pasti. Si trattava di una pratica che nei primi secoli del cristianesimo riguardava principalmente eremiti e monaci, ma che successivamente si era estesa a tutta la società: oltre alla Quaresima, i mercoledì, i venerdì, le vigilie delle festività e le Tempora, momenti di penitenza e preghiera che cadevano ognuno in concomitanza con una stagione.

I motivi della riduzione della carne non erano solo liturgici e penitenziali. C’era in primis un elemento culturale: il consumo di carne era considerato “pagano” dato che apparteneva meno alla tradizione mediterranea e greco-romana che per prima incorporò il cristianesimo, unendolo al “pacifismo vegetariano” della filosofia ellenistica. Poi, c’era la credenza che la carne stimolasse la sessualità e un buon cristiano doveva allontanare il più possibile i desideri carnali – per l’appunto.

Nei primi secoli del cristianesimo anche il pesce veniva escluso dalla dieta quaresimale. Solo nel IX-X secolo inizia a diventare il piatto principale dei giorni di magro, facendo nascere, nel tempo, un’opposizione con la carne che è diventa sempre più marcata fino a raggiungere la dicotomia prevalente dei menu, nella battaglia mari contro monti che nel Medioevo diedero vita anche a pometti allegorici in cui si sfidavano il licenzioso Carnevale e la morigerata Quaresima, uno con i suoi piatti a base di carne, l’altra di pesce.

Ancora oggi, il venerdì pesce è un retaggio di questa cultura alimentare, così come le abbuffate della Vigilia di Natale a base di scampi, vongole e capitone, che complici i vari boom economici si sono trasformate da momento di privazione e penitenza a celebrazione di abbondanza, con una deviazione semantica il cui paradosso salta immediatamente all’occhio.

La Quaresima dovrebbe quindi incarnare tutti questi valori legati alla privazione, ma come si dice: l’occasione fa l’uomo ladro e nei decenni, quella particolare astuzia che si scatena nei momenti di difficoltà ha permesso di creare ricette in grado di non far rimpiangere la carne grazie a preparazioni complesse, saporite e sfarzose.

Si va dal baccalà alla cappuccina tipico del Friuli, che già dal nome evoca l’origine religiosa del piatto, condito con sarde, pinoli e uva passa (alcune ricette prevedono anche un twist inaspettato di zucchero, cannella, canditi o cacao); fino al cappon magro ligure: una serie di strati di verdure, diversi pesci e salsa verde, sostenuti da una base di pane secco, che creano una cupola molto scenografica. E poi: la frittata di scammaro cioè una frittata di pasta (ma senza uova) con filetti di alici, prezzemolo, pinoli, olive e uvetta, gli spaghetti con le sarde, il baccalà con le patate, la polenta concia. Insomma, in Italia, Paese cattolico e mediterraneo, le alternative magre (oggi diremo pescetariane) non mancano, neppure nei ristoranti.

Ma se attraversiamo l’Atlantico, negli Stati Uniti dei fast food le tradizioni sono molto diverse. Qui la Quaresima, nei decenni, è diventata un limited time (per usare le parole del magazine Eater), alla stregua di Halloween con i dolci a forma di ragni o San Valentino, che fa virare tutti i meni in una palette di rossi. Non è un caso se il Filet-O-Fish, panino a base di pesce del McDonald’s, nato proprio per rispondere all’esigenza di cibo di magro dei cattolici durante il venerdì, è diventato il simbolo della catena durante il periodo quaresimale.

L’intuizione fu di Lou Green, che gestiva un McDonald’s a Cincinnati e che nel 1962 decise di inserire un’alternativa senza carne nel menù per venire incontro alla clientela cattolica che osserva la Quaresima. Il sito Chowhound stima che di 300 milioni di Filet-O-Fish venduti durante l’anno, 75 milioni vengono consumati durante i quaranta giorni tra Carnevale e Pasqua. Non solo: vista la sua capacità di andare incontro a particolari esigenze di consumo, il Filet-O-Fish è diventata l’esca di McDonald’s per entrare in nuovi mercati nazionali o target religiosi/culturali che non consumano carne.

Ma non di solo McDonald’s vivono gli americani. Come detto, le grandi catene trovano nella Quaresima il momento perfetto per menu a base di pesce: Burger King, Del Taco, Popeyes, Arby’s, White Castels: ognuno di questi fast food approfitta dei quaranta giorni che anticipano la Pasqua per promuovere offerte speciali senza carne.

Anche se è molto difficile stimare quanti siano i cattolici davvero praticanti e, tra questi, quanti rispettino le imposizioni quaresimali, è innegabile che grazie a queste offerte le grandi catene riescano a dare risposta ai consumatori che, a prescindere da usanze e credenze religiose, decidono di togliere o ridurre la carne dalla loro dieta.

La bi-millenaria Quaresima sembra così godere di una forte attualità, un Veganuary before it was cool che risponde a nuovi/vecchi trend alimentari e sociali tenendo insieme, in una dieta, un secolare bisogno di purificazione e di ricerca del sé attraverso la privazione con le nuove battaglie animaliste e per la lotta al cambiamento climatico.

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