Lo sappiamo bene: i piatti sacri della tradizione culinaria italiana sono la pasta e la pizza. Su questi due non si scherza, si consumano litigi in casa nostra e con i blasfemi all’estero. A modo loro ci definiscono, sono portatori di cultura e sinonimo di felicità. Più o meno quello che succede a New York con la pizza, appunto, newyorkese. Niente ananas, tranquilli. Un assedio, forse.
Perché la “pizza NY style”, dopo essersi già diffusa in altri luoghi del Vecchio Continente, sta tentando il grande assalto ai nostri palati. E se ancora siamo titubanti per quella made in Chicago (cioè la deep dish pizza) per la variante tipica della Grande Mela le cose stanno diversamente. Forse a causa della sua vicinanza a quella più tradizionale – del resto è pur sempre italo-americana – la “slice” newyorkese ha trovato oggi a Milano due stuzzicanti espressioni che meritano di essere provate. L’introduzione si conclude con la seguente precisazione: parliamo appunto di slice, cioè fette, tranci, deliziosi triangoli serviti in formato grande. Non una pizza intera che, anche se è possibile acquistare, potrebbe essere impegnativa da mangiare a causa delle sue dimensioni.
Il primo locale che ha avuto il merito di portare la slice newyorkese a Milano è Pepperoni Pizza. Già dal nome ci racconta qualcosa a stelle e strisce: non si tratta dei “nostri” peperoni, quelli decantati nelle ricette della Sora Lella, ma di un insaccato. Il “pepperone” è l’epiteto con il quale i cugini d’America chiamano il salamino piccante. Ogni considerazione in termini di gusto, bontà e sapore ha ovviamente carattere soggettivo, ma in questo caso siamo fortemente vicini all’oggettività con grande soddisfazione.

Foto: Niccolò Sandroni
Se possibile, l’estetica lo è ancora di più: rigore geometrico e richiami cinematografico-televisivi hanno un forte impatto, quasi ipnotico. Geometria perché la slice è un armonioso triangolo isoscele impreziosito da perfetti dobloni concentrici di salamino (i famosi pepperoni di cui sopra). Cinematografia e televisione perché già dal primo sguardo si è subito trasportati dalla mente alle pizze viste in film, serie tv e cartoni animati. In questo senso guardiamo con nostalgico sorriso le Tartarughe Ninja – celebri consumatrici di pizza – omaggiate nel locale stesso.

Foto: Niccolò Sandroni
Tuttavia, se vogliamo essere più precisi è proprio l’emoji della pizza (🍕) che meglio esprime la sua estetica. Pepperoni è pensato per essere un locale che serve street food ma dà il meglio di sé quando le sue slice vengono mangiate a casa (asporto o delivery, decidete voi), dopo un periodo di riposo dai bollori del forno. Inoltre, nel caso in cui aveste gli occhi più grandi della bocca in fase di ordine, si presta bene a essere gustata anche il giorno dopo. Per le dosi consigliate può essere d’aiuto un adagio tipicamente associato ai Martini (che a sua volta si rifà ai seni di una donna): uno non è abbastanza, tre sono troppi. Nel menu ci sono interessanti variazioni sul tema con gusti più arditi (come la quattro formaggi e pepperoni) ma anche la classica margherita e altre delicatezze salate. In particolare è da segnalare nel reparto bevande la presenza di una birra che difficilmente si incontra in Italia, una cerveza di origine messicana che ha trovato successo in California incarnandone le vibes: la Pacifico.

Foto: Niccolò Sandroni
Il secondo locale che da qualche settimana si sta facendo largo a Milano è Pizza Stella. Qui vengono servite slice molto simili a quelle che si possono gustare a New York e personalmente mi hanno ricordato quelle di John’s of Bleecker Street. Un menu dai gusti tradizionali quali margherita, salamino e marinara è impreziosito da un’impronta newyorkese con alcune peculiarità portate qui dal Nuovo Mondo. Licenze poetiche che negli States sono quasi una consuetudine come il dipping, cioè immergere le croste nelle salse (per finire in bellezza la slice) e il topping, cioè spolverare qualcosa sopra, come il Parmigiano Reggiano o i pickled chillies. Il risultato è senza dubbio interessante anche se non esplosivo.
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Stella ha dalla sua una spiccata propensione alla socialità e non è pensata per essere una pizza “eat-and-run”. Anche se è ovviamente possibile l’asporto (ma non il delivery, almeno per ora), si è tentati di fermarsi qui per mangiare, non senza alcune difficoltà. Il servizio e le porzioni sono due aspetti da rivedere attentamente, inconvenienti dovuti alla recente inaugurazione e al numero elevato di avventori che sta popolando il locale, il quale ha avuto una buona risonanza a livello social grazie anche alla “parentela” con il vicino Bar Paradiso (condividono lo stesso fondatore). Gli interni, con il forno a vista, sono decorati in chiave memorabilia-millennial: ritroviamo le Tartarughe Ninja (un must) e una serie di capolavori cinematografici in VHS adagiati sul bancone.
Caratteristica molto interessante è l’orario di chiusura (in fase di testing): l’1 di notte durante la settimana e le 2 il venerdì e il sabato. Così facendo si candida a risolvere quelle frustranti serate nelle quali, dopo un aperitivo lunghissimo e nell’indecisione di dove poter andare, fai tardi e non trovi posto da nessuna parte oppure nel caso in cui il ristorante ti abbia lasciato un po’ insoddisfatto e decidi di metterci su una pezza o meglio una pizza. Nota dolente: il pranzo è possibile solo nel weekend. Nel reparto bevande troviamo birra italiana ma anche vini naturali, quasi a sottolineare la sua cifra stilistica foriera di una New York contemporanea.
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Qualche giorno dopo l’apertura e la nuova attenzione mediatica su Pizza Stella, nelle storie di Pepperoni hanno cominciato a comparire delle scritte: siamo gli originali, siamo i primi. Quasi da diffidare delle imitazioni, insomma. Per dirimere questa “slice war” torna a esserci d’aiuto Anthony Bourdain, il quale diceva che da dove veniva lui (New York, per l’appunto), la scelta della pizza definisce la persona.
Pepperoni e Stella servono due slice distinte, con uno stile e un gusto proprio, ma soprattutto si rivolgono a momenti e consumatori differenti. Cosa rimane da dire? Che dopo la pizza alta tipica di Milano (avete detto Pizzeria del Sole?), quella croccante romana, quella al tegamino, quella controversa di Crazy pizza, il lungo dominio della napoletana e la casertana (o cilentana) che scalza con i suoi morbidi cornicioni, con la slice newyorkese sembra essere arrivato un nuovo sceriffo in città. Che vinca la migliore.