Processo sentimentale alla panna da cucina | Rolling Stone Italia
smooth criminal

Processo sentimentale alla panna da cucina

C'è chi qualche volta si lascia tentare dalla morbida scioglievolezza di questo trucco d'antan, e chi mente. Tra cucina ed emozione, la panna densa, strizzata dallo scatolotto, ci sopravviverà sempre

panna da cucina

Foto: @eatdontrepeat su Instagram

Se dovessi dare un sapore ai primi anni dell’università, sarebbe quello della pasta panna e salsiccia. Vivevamo in una casa con tante camere e pochi spazi in comune. La piccola cucina, con i fornelli e il forno che si accendevano solo con gli accendini, era l’unico ambiente sociale. Avevamo un meraviglioso televisore Philips Discoverer, una delizia retrò a forma di casco di astronauta. Non funzionava. Come non funzionavano tante altre cose. Sicuramente la nostra dieta, in cui il kebabbaro e il ristorante cinese sotto casa giocavano un ruolo cruciale.

La pasta panna e salsiccia combinava tutte le caratteristiche per essere il pasto perfetto di quattro ventenni fuorisede: facile e veloce da preparare, gustosa, pesante abbastanza per fare da fondo ai vodka tonic del weekend. Ancora oggi, quando torno a casa e mia madre mi chiede che cosa voglia mangiare appena arrivato, le chiedo un soffice abbraccio di panna (nel piatto, non tra le sue braccia), puntellato da piccoli meteoriti di salsiccia croccante, in cui si rincorrono decine di mezze maniche.

Sono figlio del benessere diffuso degli anni Novanta, e la panna per me è stata una fedele compagna di pasti. Prima dei Duemila, non c’era ristorante che non avesse nel menu la pasta alla norcina, quasi sempre mezze maniche affogate tra panna, salsiccia e salsa tartufata piena di aglio. Voluttuose ed esagerate, ma senza troppe pretese. Un piatto lussurioso che non ci provava neppure, a essere sexy. Lo era e basta.

D’altronde, l’eredità del decennio precedente era ancora forte. Gli sfavillanti e opulenti anni Ottanta avevano portato sulle tavole il filetto al pepe verde, le penne alla vodka, i tortellini panna e prosciutto, le farfalle alle tre P (panna, prosciutto e piselli), la pasta con panna e salmone. Piatti iconici che, letti oggi su un menu, farebbero lo stesso effetto dell’orso polare nell’isola di Lost. La panna era l’architrave di un movimento culinario barocco, pensato per stupire i commensali, per sorprendere, giocare. Tra aspic e cocktail di gamberi, ci si prendeva, al tempo stesso, tantissimo e pochissimo sul serio.

Manifesto di questa filosofia, tra i tanti, i maccheroncini (sedanini) al fumè, inventati a Castelpiano in provincia di Ancona, poco prima degli anni Ottanta – nel 1978 – da Maciste, al secolo Stefano Marzi, chef e body builder che nel tempo ha gareggiato più volte per la carica di Mister Universo. La ricetta (circa): panna, pomodoro, pancetta affumicata (cotta con un mix di spezie top secret) e formaggio, preferibilmente Emmenthal. Un tripudio carnascialesco di ingredienti finiti ormai tra i cocci degli ostracizzati.

Poi, al giro di boa del secondo millennio, è iniziata una damnatio memoriae, una guerra senza precedenti per demonizzare la panna da cucina. Le prime scorribande sono arrivate sul campo di battaglia della carbonara. Non ricordo come sia successo, ma credo che a un certo punto una spia abbia lanciato l’allarme: a Roma ci sono cuochi che mettono la panna in mezzo alle uova per rendere più cremosa la carbonara. Così è partita la caccia alle streghe. Ci si sedeva, si ordinava una carbonara e iniziava l’ispezione. Ci sarà o meno la panna?

Intanto, nel resto del mondo, la panna continuava a essere un supporto per la maggior parte dei ristoratori italiani che negli anni precedenti avevano esportato la nostra cucina all’estero. Un ingrediente, più o meno segreto, che rendeva più creamy i piatti della nostra tradizione per andare incontro ai gusti dei local.

Basta pensare alle devianze prese dalle fettuccine alla Alfredo, soprattutto negli Stati Uniti. Nate come “semplici”fettuccine burro e Parmigiano all’inizio del Novecento dalla mano di Alfredo Lelio nel suo ristorante di Roma, diventarono famose nel jet set hollywoodiano grazie alle due star Douglas Fairbanks e Mary Pickford, che le assaggiarono nella Capitale nell’unico locale che le aveva in carta: Alfredo alla Scrofa, per l’appunto.

La coppia rimase talmente incantata dal piatto da far esplodere nel loro Paese una mania, trasformando le fettuccine in un simbolo di italianità. Nonostante, dalle nostre parti, la pasta burro e Parmigiano rimase per decenni un piatto da problemi di stomaco. Comunque negli States, la riproposizione di questa ricetta, solo apparentemente semplice, vista la difficoltà di ricreare la cremina di Alfredo, vide la panna come ingrediente sine qua non per amalgamare il tutto. Dalla base di burro, panna e Parmigiano, negli anni sono gemmate decine di varianti: con i broccoli, con il pollo, con i funghi e con i gamberi.

E così la panna è diventata sinonimo di cucina fuori moda o per turisti. Oggi, la cucina di prodotto che valorizza le materia prima, che schiva le preparazioni troppo invadenti, che santifica la tecnica, ha chiuso a doppia mandata l’accesso ai fornelli alla panna che è diventata sinonimo di approssimazione e faciloneria.

Per le persone che affinano per anni le proprie abilità con l’obiettivo di rendere cremoso un piatto, chi usa la panna è un lestofante, uno sciatto. Qualcuno di cui non fidarsi. Scansafatiche che passa intorno agli ostacoli invece di scavalcarli.

Ma in una società che ci spinge costantemente a confrontarci con l’eccellenza, usare una punta di panna significa davvero barare? In un mondo in cui le mode si mischiano, i rimandi si moltiplicano, le citazioni vengono elevate a opera d’arte; in un mondo economicamente e socialmente al collasso, dove gli appigli sembrano sempre più sfuggirci dalle mani, non possiamo, con leggerezza, mantecare centoventi grammi di farfalle con la panna, il prosciutto e i piselli e farci coccolare da una carezza cremosa, ricordando un’epoca di spensieratezza e ricchezza che abbiamo vissuto solo poco e di riflesso? Vedete voi. I miei anni da studente mi hanno già fornito una risposta.

Altre notizie su:  Panna Pasta Penne al salmone