'La voce del padrone' racconta il nostro amore smisurato per Battiato
Il film documentario di Marco Spagnoli chiama a raccolta chi ha conosciuto e amato Franco Battiato, da Morgan a Nanni Moretti passando per Carmen Consoli e Willem Dafoe. Scopo: raccontare l’album capolavoro del 1981 e compiere un viaggio fisico e ideale verso il musicista. Per comprendere la grazia con la quale riusciva a coniugare genialità e ironia, cultura e leggerezza
Negli ultimi due anni è uscita una gran mole di dischi, libri e documentari su Franco Battiato. Ci aveva abituati troppo bene in oltre 50 anni di carriera, non si era risparmiato, non aveva mai fatto mancare la sua voce. E quando questa voce si è spenta, il desiderio di averlo ancora con noi si è tradotto in una massa di pubblicazioni, quasi a volerlo rendere presente nell'assenza.
L'ultimo di questi materiali arriverà nei cinema il 28 novembre e ci resterà fino al 4 dicembre. È un docufilm diretto da Marco Spagnoli, già presentato la scorsa estate al Taormina Film Fest, prodotto da RS Productions e ITsART. Si intitola Franco Battiato – La voce del padrone e, viste le premesse, si potrebbe pensare all'ennesima rimasticatura della storia di Battiato senza guizzi o sorprese. E invece no: La voce del padrone riesce a distinguersi per una certa originalità e per l'affetto e il rispetto con cui racconta il musicista. Il merito va in larga parte a Stefano Senardi, discografico di lungo corso e profondo estimatore dell'artista siciliano, che accompagna lo spettatore in un viaggio assai meno scontato di quello che si può immaginare.
Il titolo La voce del padrone è esplicativo: il film racconta del suo disco più venduto, uno degli album cardine nella storia della popular music italiana. L'ingegnere del suono Pino “Pinaxa” Pischetola smembra nel suo studio le particelle sonore di Centro di gravità permanente permettendo di comprendere nei dettagli cosa succede all'interno della canzone: l'uso della voce, i movimenti degli archi, del coro, della sezione ritmica, delle chitarre, il lavoro certosino di composizione e arrangiamento svolto in compagnia di Giusto Pio. Cose che nemmeno il più fervido degli appassionati può dire di avere ascoltato vengono alla luce per far capire quant'era stratificata la musica di Battiato. Dall'apparente semplicità del brano si scende nei meandri di uno stupefacente mix tra disco e musica classica, con le ampie venature pop che hanno consegnato la canzone alla leggenda.
Da qui Senardi si imbarca in una sorta di pellegrinaggio in direzione di Milo, verso la casa nella quale Battiato ha vissuto fino alla morte. Continuando a disquisire dell'album del 1981, il discografico si imbatte in amici ed estimatori che dicono la loro su La voce del padrone e contribuiscono ad analizzare la portata rivoluzionaria di testi e partiture. Ecco quindi sfilare alcuni dei musicisti che hanno suonato nell'album, Alberto Radius, Filippo Destrieri, Donato Scolese, Claudio Pascoli, orgogliosi protagonisti di un disco che ha fatto epoca e generosi divulgatori della propria esperienza. Nel mezzo tante dichiarazioni di Battiato e spezzoni di concerti che aiutano a capire la portata deflagrante di quell'esperienza, specie per uno che veniva dall'avanguardia più spinta.
Il critico Riccardo Bertoncelli racconta di essere stato abituato a vedere Battiato suonare davanti a un pubblico striminzito nelle situazioni più underground. Ecco però che d'improvviso se lo ritrova all'Arena di Verona a gestire una folla immensa e adorante, desideroso di sgolarsi persino su Areknames. Ci sono poi Francesco Messina e il compianto Roberto Masotti con i retroscena della copertina. È come se si cercasse di sviscerare la metafisica della vita e delle opere battiatesche, di cogliere ciò che sta al di là delle apparenze.
Il critico Riccardo Bertoncelli racconta di essere stato abituato a vedere Battiato suonare davanti a un pubblico striminzito nelle situazioni più underground. Ecco però che d'improvviso se lo ritrova all'Arena di Verona a gestire una folla immensa e adorante, desideroso di sgolarsi persino su Areknames. Ci sono poi Francesco Messina e il compianto Roberto Masotti con i retroscena della copertina. È come se si cercasse di sviscerare la metafisica della vita e delle opere battiatesche, di cogliere ciò che sta al di là delle apparenze.
Il film non è tutto qui, anzi. Comprese le motivazioni di quel successo e lo stato d'animo con il quale Battiato lo ha affrontato, si lasciano da parte le vicende del disco milionario e si va oltre. Ci si potrebbe aspettare un prosieguo della storia, i lavori successivi, le altre esperienze, e invece il docufilm assume un tono più introspettivo. Il tributo al genio del siciliano diventa pura commozione da parte di chi lo ha conosciuto e ne ha conservato traccia. È evidente che tutti sono stati sfiorati dalla grazia di questo maestro che non voleva essere chiamato tale, ma che illuminava con la sua sola presenza.
Sfilano quindi Nanni Moretti, Willem Dafoe, Giada Colagrande, Caterina Caselli, Mara Maionchi, Morgan, Corrado Farina, Alice, Carmen Consoli, Vincenzo Mollica, Andrea Scanzi, Francesco Cattini, Eugenio Finardi, Juri Camisasca, Padre Guidalberto Bormolini, Carlo Guaitoli. Conoscevano bene Franco e possono restituire al pubblico uno spaccato della sua filosofia di vita, del suo essere serio ma mai serioso, profondo con ironia, della sua passione per il mistero della morte e al tempo stesso per le barzellette, del suo essere un solitario che amava circondarsi di amici fidati.
Colpisce in particolare il contributo di Oliviero Toscani che parla dell'arte di Battiato come profondamente pacificante, consolatoria, ma che allo stesso tempo spinge a esplorare i propri confini, a mettersi in gioco e a sondare l'insondabile.
La presenza di Senardi è discreta ma vigile, tira le fila del racconto non celando mai il suo enorme affetto per Franco. E alla fine di Franco Battiato – La voce del padrone la condivisione del trasporto nei confronti dell'artista è inevitabile e profonda. Ci si dimentica di quante informazioni più o meno inedite si sono ricavate dalla visione del film e si partecipa a questo smisurato amore.
Dal 28 novembre al 4 dicembre al cinema