10 cose sul concerto dei Bealtes allo Shea Stadium di New York | Rolling Stone Italia
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10 cose sul concerto dei Bealtes allo Shea Stadium di New York

55 anni fa, il primo concerto in uno stadio in assoluto, quello dei Beatles allo Shea Stadium di New York, nel Queens. Ecco alcune cose che forse non sapevate sul quell'evento storico

10 cose sul concerto dei Bealtes allo Shea Stadium di New York

Walter Leporati/Getty Images

55 anni fa, il 15 agosto 1965, i Beatles si esibivano allo Shea Stadium di New York, zona Queens: era il primo concerto in uno stadio, nessuno aveva mai osato tanto. Per i promoter era stata quasi una necessità: la richiesta di biglietti per i Beatles era talmente alta che l’unico luogo che poteva soddisfare tutti era lo stadio di baseball dove giocavano i New York Mets: tecnologicamente era un azzardo, ma poco importava. La domanda “il pubblico riuscirà a sentirli?” non era pertinente: serviva uno spazio enorme e lo Shea Stadium era perfetto.

E così, in quel Ferragosto di 55 anni fa, 55.600 persone affollarono gli spalti del primo e secondo anello dello Shea Stadium. Il palco fu posizionato in mezzo al campo: le sue dimensioni erano le stesse dei palchi usati in luoghi molto, ma molto, più piccoli. A nessuno era venuto in mente che forse era necessario qualcosa in più. 

Ringo Starr: “La cosa che più mi è rimasta impressa di quel concerto è la distanza dal pubblico: i ragazzi erano lontani e separati da noi da una recinzione di filo metallico”. Il pubblico più vicino era a decine di metri di distanza e, ovviamente, quasi tutti urlavano. John Lennon: “Abbiamo suonato per quattro o cinque anni e tutti ci hanno ascoltato e ci siamo divertiti. Ma è altrettanto divertente suonare senza essere ascoltati però essere molto più popolari. La gente paga il biglietto, quindi se vuole gridare, gridi pure”. Ringo Starr: “Venivano a vederci non ad ascoltarci. Lo spettacolo eravamo noi, non le nostre canzoni”.

Ecco dieci fatti da sapere legati al concerto che ha aperto la strada al rock negli stadi. 

1. L’ingresso dei Beatles 

The Beatles at Shea Stadium

Presentati da Ed Sullivan, il conduttore che per primo li aveva portati negli Stati Uniti, i Beatles escono dal tunnel degli spogliatoi, Ringo con le bacchette in mano, gli altri con gli strumenti a tracolla, e a passo veloce, a volte accennando anche una breve corsa, raggiungono il palco. La scena ha dell’incredibile. Erano il gruppo più amato e popolare della Terra, erano il top, e raggiungono correndo il palco. Ve li immaginate gli U2, i Pearl Jam, Vasco Rossi o Ligabue iniziare un concerto così? Erano dei pionieri, e così eccoli, come veri pionieri, correre per raggiungere la meta. Era un’epoca talmente ingenua, che i Beatles affrontano la tournée negli Stati Uniti con due, dicasi due, rodies: Mal Evans e Neil Aspinall, con loro sin dagli esordi a Liverpool. Lo Shea Stadium è il primo concerto del tour americano: dieci città per diciassette concerti dal 15 al 31 agosto. In alcune città, i concerti erano due al giorno, pomeriggio e sera. 

2. “Riuscite a sentirci?”

La frase tormentone del concerto: “Can you hear us?”. Lennon e McCartney la ripetono in continuazione sia per l’enorme distanza dagli spettatori sia per le urla assordanti. George Harrison: “Per quel tour, la Vox produsse degli speciali amplificatori da 100 Watt. Passammo da amplificatori da 30 Watt ad amplificatori da 100 Watt, ma naturalmente non fu sufficiente”. Il pubblico ascoltava, se mai fosse stato interessato a farlo, i quattro cantare attraverso l’impianto audio dello stadio: per intendersi, era quello usato dallo speaker per le comunicazioni durante le partite di baseball. Era come ascoltare una radio gracchiante. E poi John, Paul, George e Ringo tra di loro si sentivano a stento: all’epoca non c’erano le “spie” sul palco e così faticavano persino ad andare a tempo uno con l’altro. Paul McCartney: “Non credo che il pubblico abbia sentito molto, ma fu un bene: se andavamo fuori ritmo, o se non azzeccavamo la nota giusta, nessuno se ne accorgeva. Metà del divertimento era essere coinvolti in questo evento gigantesco e contava soltanto l’atmosfera del momento”. 

3. La scaletta 

Prima dei Beatles si esibiscono Brenda Holloway and the King Curtis Band, Cannibal and The Headhunters, Sounds Incorporated, Young Rascals. Poi, nel delirio generale, entrano nello stadio i Fab4. Cantano dodici canzoni: Twist And Shout, She’s A Woman, I Feel Fine, Dizzy Miss Lizzy, Ticket To Ride, Everybody’s Trying To Be My Baby, Can’t Buy Me Love, Baby’s In Black, Act Naturally, A Hard Day’s Night, Help!, I’m Down. Dodici canzoni per una trentina di minuti di musica e poi tutti a casa. Nella tournée del 2019 Paul McCartney, a settantasette anni, ha cantato trentasei canzoni per quasi tre ore di concerto.  

4. Il film dello Shea Stadium 

Un evento eccezionale che i Beatles e il loro manager, Brian Epstein, decidono di documentare: è stato ripreso tutto, compresa la loro partenza in elicottero da Manhattan e la loro fuga all’interno di un furgone alla fine dello spettacolo. L’esibizione, però, era talmente debole che i Beatles dovettero realizzare delle sovraincisioni per migliorare Dizzy Miss Lizzy, Can’t Buy Me Love, Baby’s In Black, I’m Down, Ticket To Ride e Act Naturally. Invece I Feel Fine ed Help! non erano salvabili: i Beatles le registrarono entrambe “dal vivo in studio” in modo da farle coincidere perfettamente con le immagini dell’esibizione dello Shea Stadium. Nessun lavoro invece fu fatto su She’s A Woman ed Everybody’s Trying To Be My Baby perché le loro esecuzioni erano state tagliate dal montaggio: è il motivo per cui, essendo andate perdute, nel dvd in commercio quelle due canzoni non ci sono e sono sostituite da una serie di fotografie tratte dalla stessa esibizione. Il concerto allo Shea Stadium fu trasmesso la prima volta, in bianco e nero, dalla BBC1 il primo marzo 1966. 

5. Il pubblico 

Con gli occhi di oggi, il vero spettacolo non sono i Beatles ma il pubblico. Guardate le ragazze, osservate le loro espressioni: gioia, felicità incontenibile, isteria, disperazione, pianti. Alcune sono attaccate alla rete metallica, come se quella rete, ultimo ostacolo invalicabile che le separa dal sogno, fosse essa stessa uno dei Beatles. Alcune ragazze sono letteralmente immobili e inespressive, come pietrificante davanti a JohnPaulGeorgeRingo. Altre invece, e questi sono i momenti migliori, riescono a sfondare la rete, a raggiungere il prato e a correre verso il palco mentre John si volta, le guarda e sorride divertito: i poliziotti le inseguono, le placcano e le portano via. Erano stati mobilitati duemila uomini delle forze dell’ordine: alcuni facevano i poliziotti, ma molti altri, immedesimandosi nel ruolo di genitore, dovettero calmare le ragazze, accudirle e salvarle dalla calca. E così, ecco alcuni uomini in divisa consolare ragazze disperate, altri che cercano di fare rinvenire quelle svenute. 

6. Due ragazze del pubblico poi sposarono due Beatles 

Allo Shea Stadium c’erano 55.600 persone, in maggior parte ragazze. Diciamo che, per approssimazione, ci fossero quarantamila adolescenti: tutte sognavano di sposare uno dei Beatles. Ha dell’incredibile, ma due ci sono riuscite. La prima è Linda Louise Eastman: quel giorno aveva ventiquattro anni, era già sposata, aveva una figlia ed era allo Shea Stadium come fotografa per Rolling Stone. Due anni dopo, a Londra per dei servizi fotografici, conosce Paul McCartney: è amore a prima vista. Si sposano nel 1969: Paul adotta sua figlia Heather e insieme hanno tre figli, Mary, Stella e James. Stella McCartney oggi è una affermata stilista. Linda muore nel 1998 per tumore: aveva cinquantasei anni. La seconda fan che sposa uno dei Beatles si chiama Barbara Goldbach e all’epoca dello Shea Stadium aveva diciannove anni. A fine anni Sessanta, con il nome d’arte di Barbara Bach, diventa attrice e nel 1977 è la “Bond girl” di La spia che mi amava con Roger Moore. Nel 1980, sul set del film Il cavernicolo conosce Ringo Starr: si sposano, entrambi in seconde nozze, nel 1981. Sono ancora sposati. 

7. L’introduzione di Baby’s In Black 

John Lennon presenta così Baby’s In Black: “Ora facciamo un lento, è una canzone del disco Beatles VI o da qualche altro disco, non so. Beatles VI è un disco che io comunque non ho”. Come era possibile che John Lennon non avesse un disco dei Beatles? Semplice: Beatles VI era un album americano e su quei dischi i Fab4 non avevano nessun controllo. Negli Stati Uniti i loro album venivano creati dai discografici che attingevano, come meglio credevano, dalla produzione inglese del gruppo. Per esempio, Beatles VI era stato creato con sei canzoni da Beatles For Sale, tre da Help! e due uscite come singoli. E non c’era Baby’s in Black: Lennon si era sbagliato. Quella canzone era stata pubblicata su Beatles ’65, composto da otto canzoni da Beatles For Sale, tra cui Baby’s In Black, una da A Hard Day’s Night e due uscite come singoli. Solo da Sgt Pepper’s in avanti i Fabs riuscirono a fare uscire in tutto il mondo gli album come li avevano pensati. 

8. Il secondo Shea Stadium  

Per i Beatles c’è stato un secondo Shea Stadium: il 23 agosto 1966. Questa volta lo stadio non è tutto esaurito, i biglietti invenduti sono undicimila. Che cosa era successo? Negli Stati Uniti era scoppiato lo scandalo “i Beatles sono più popolari di Gesù”. Frase pronunciata da Lennon in una intervista per il London Evening Standard, pubblicata il 4 marzo 1966, all’interno di un discorso più ampio che, condiviso o meno, non aveva nulla di blasfemo. Non a caso, in Inghilterra nessuno ha nulla da ridire. Negli Stati Uniti l’intervista esce il 3 luglio nell’inserto domenicale del New York Times: nessuno scandalo. Il 29 luglio l’intervista esce sul settimanale per adolescenti DateBook ed è scandalo (ironicamente, pare più influente un giornale per adolescenti del New York Times). Scoppia il finimondo: proteste, minacce, dischi dei Beatles dati alla fiamme. Il Ku Klux Klan organizza picchetti durante i concerti a Washington e Memphis. Lennon è obbligato a tenere una conferenza stampa per scusarsi. La tensione è talmente alta che quando, durante il concerto di Memphis del 19 agosto esplode un petardo, Paul, George e Ringo, credendo si tratti di un colpo di arma da fuoco, si voltano verso John. La tournée, iniziata il 12 agosto a Chicago, si conclude il 29 agosto a San Francisco. I Beatles registrano l’esibizione di San Francisco: hanno già deciso che sarà il loro ultimo concerto. Torneranno a cantare dal vivo solo una volta: il 30 gennaio 1969 a Londra sul tetto della Apple. 

9. Gli incassi

L’incasso del concerto del 1965 allo Shea Stadium è di 304.000 dollari, dei quali 160.000 dollari spettano ai Beatles e al loro manager Brian Epstein. Aggiornati ai valori di oggi, l’incasso è di poco meno di due milioni e mezzo di dollari, la fetta per i Beatles è di un milione e trecentomila dollari. L’anno successivo, per il concerto nello stesso stadio, i Beatles incassano di più pur con undicimila biglietti invenduti: infatti, alla luce del trionfo del “primo” Shea Stadium, il manager aveva ottenuto un contratto migliore. L’incasso del 1966 è di 292.000 dollari, quindi inferiore, dei quali però ben 189.000 vanno ai Beatles e al loro manager. L’incasso rivalutato a oggi è di oltre due milioni e trecentomila dollari, e la parte per i Beatles è di un milione e mezzo di dollari.

10. L’ultimo concerto allo Shea Stadium 

Il 16 e il 18 luglio 2008 Billy Joel tiene due concerti allo Shea Stadium: sono un addio, lo stadio dovrà essere demolito. Il 18 luglio Joel presenta un ospite che, dice, è appena arrivato da Londra: è Paul McCartney. Un emozionato Paul canta I Saw Her Stading There e poi torna per Let It Be, ultimo bis: le note di una canzone dei Beatles dovevano essere le ultime a risuonare nello Shea Stadium. Ed è giusto che sia stato così. Tra i molti gruppi che si sono esibiti lì, vanno ricordate le memorabili esibizioni di Jethro Tull, dei Who con i Clash come gruppo di supporto, di Simon & Garfunkel, Police, Rolling Stones, Elton John con Eric Clapton e Bruce Springsteen. I New York Mets oggi giocano nel Citi Field, poco distante dal vecchio sito dello Shea Stadium, al cui posto ora c’è un parcheggio.