Secondo Vinicio Capossela, intervistato nel documentario di Giulia Giapponesi che racconta la genesi del canto partigiano per eccellenza, Bella ciao «è un salvavita che scatta davanti alla privazione di libertà, di un diritto, come un anticorpo ci soccorre».
Che la consideriate una canzone universale o di parte, che conosciate la storia complessa delle sue origini o meno, che parteggiate per la versione partigiana o per quella delle mondine, Bella ciao è anche cultura popolare. Lo dimostrano queste 15 versioni prese fra le tante esistenti, alcune storiche e altre recentissime, alcune fedeli al significato originario e altre decisamente kitsch.
Quando hanno chiesto a Giovanna Marini, una delle custodi del canto popolare italiano, che pensasse delle tante e strane versioni di Bella ciao uscite, rispose che «va benissimo, la musica cammina, ha la qualità di volare». Forse non immaginava che un giorno l’avrebbero rifatta Steve Aoki o Becky G.
L’invenzione di una tradizione: Il Nuovo Canzoniere Italiano
Nato dall’omonima rivista che recupera la canzone popolare italiana in ottica socialista, il gruppo porta in giro per l’Italia a metà anni ’60 uno spettacolo di canzoni popolari italiane che prende nome da Bella ciao. La canzone è qui interpretata da Giovanna Daffini che è stata mondina e la propone nella versione delle mondine. Seguirà un dibattito su quale versione sia nata prima, se quella delle mondine o dei partigiani, su chi l’abbia scritta, su quando di preciso sia nata, sulle ascendenze.
L’interpretazione: Milva
Milva recupera la versione delle mondine (“Alla mattina appena alzata o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao, alla mattina appena alzata in risaia mi tocca andar”), che è femminista e di sinistra e in qualche modo crea un legame fra lotta di classe e coscienza antifascista, e la porta nel mondo della nuova canzone italiana. La cantò anche a Canzonissima nel 1971, un filmato che è molto girato dopo la morte della cantante avvenuta il 23 aprile 2021, due giorni prima della Festa della Liberazione.
L’estro: Giorgio Gaber
A metà anni ’60 Gaber dimostrò che Bella ciao, nella versione partigiana e titolata qui O bella ciao, non era una pagina di storia, ma una canzone moderna che si poteva rifare con estro.
L’internazionalizzazione: Mercedes Sosa
Anni prima che si cominci a parlare di musiche del mondo, la grande Mercedes Sosa rifà Bella ciao in concerto in Italia, negli anni di esilio dalla dittatura argentina, un segno del riconoscimento internazionale del pezzo che è passato negli anni ’60 attraverso la versione, sempre in lingua italiana, di Yves Montand e nei ’70 in quella in norvegese dei Tramteatret, per citarne due.
Il combat folk: Modena City Ramblers
Negli anni ’90 una nuova generazione si rimpossessa del pezzo. La riscoperta del patrimonio folk italiano in chiave politica dà il via a una serie di versioni “combat” del pezzo. Quella dei Modena City Ramblers ne è il simbolo. I Ramblers ci mettono dentro un po’ di Pogues e molto ritmo.
La sexy malinconia: Anita Lane
Dopo la morte di Anita Lane, la tempesta fatta donna, è stato ristampato e riscoperto il suo album del 2001 Sex O’Clock che conteneva una versione malinconica e sexy di Bella ciao quasi sussurrata (in lingua inglese). Qui non è più una canzone di resistenza, ma d’amore.
La storia che torna: Giovanna Marini
Nell’album in coppia con Francesco De Gregori dedicato al recupero di antichi canti popolari, l’ambasciatrice del canto tradizionale Giovanna Marini recupera la versione delle mondine. Del resto Marini era già presente all’epoca dello spettacolo del Nuovo Canzoniere Italiano. Per lei Bella ciao «è chiaramente una canzone d’amore, un canto popolare che narra la storia di una donna che si uccide per amore».
Il G8 di Genova: Chumbawamba
Nel 2005 il gruppo di Tubthumping esplora maggiormente le radici folk con un album titolato A Singsong and a Scrap sulla cui copertina la band è armata di violino e fucile. La loro Bella ciao a cappella è dedicata a Carlo Giuliani, ucciso durante il G8 di Genova. In coda c’è una parte cantata in italiano.
La lounge giapponese: Tiki Tiki Bamboooos
Bella ciao surf. Le Tiki Tiki Bamboooos sono un trio, suonano la musica di Jawaii, un’isola immaginaria, e hanno scritto un disco che parla di posti segreti e luoghi immaginari. La loro versione è praticamente strumentale, con un arrangiamento 60s tutto basato sulle chitarre e una parte di voce essenziale, un po’ in italiano e un po’ in giapponese. Ascoltatela e non riuscirete a smettere di dire “parucizano”.
Il revival: La casa di carta
Se Bella ciao è conosciuta in tutto il mondo anche dalle nuove generazioni un po’ è grazie alla serie Netflix sui rapinatori “etici” spagnoli, che l’ha utilizzata in diversi momenti e sempre con arrangiamenti diversi. Lo sceneggiatore Javier Gomez Santander l’ha scoperta all’università, grazie a uno studente Erasmus italiano che la suonava a tutte le feste, e l’ha sempre ascoltata nei momenti difficili. «Mi piace il significato di questa canzone, la lotta che porta con sé», ha detto. «Un giorno mi sono svegliato con il pensiero fisso della serie che mi tormentava e ho deciso di metterla su. Ho capito che Bella ciao e La casa di carta condividevano l’anima. Ho gridato: siamo partigiani». Probabilmente non aveva realizzato che effetto avrebbe avuto su Steve Aoki.
La zarraggine: Steve Aoki & Marnik
Un effetto collaterale avverso per chi esagera col binge watching della Casa di carta. La versione di Steve Aoki (insieme al duo italiano Marnik) è senza dubbio la più zarra della lista, con tanto di drop Italo dance esageratissimo che all’epoca dell’uscita fu accolto come una specie di sacrilegio. La descrizione del videoclip – a cui hanno partecipato diversi youtuber italiani – parla della «magia della musica» e di come può «unire le persone di tutto il mondo».
Il Latin pop: Becky G
A ulteriore testimonianza non solo del successo, ma anche dei danni fatti dall’inserimento di Bella ciao nella Casa di carta c’è questa versione latin pop di Becky B legata alla serie.
Il tocco d’autore: Marc Ribot feat. Tom Waits
Per capire perché due giganti come Tom Waits e Marc Ribot abbiano suonato Bella ciao bisogna tornare agli Stati Uniti del 2018, in piena era Trump, e alle polemiche sulle sue politiche sui bambini migranti separati dai genitori. È in questo periodo che Ribot confeziona Songs of Resistance 1942-2018, una raccolta di canzoni di protesta a cui hanno partecipato moltissimi artisti. Tra questi c’era Tom Waits, che ha scelto personalmente Bella ciao e l’ha interpretata con la solita enorme intensità, avvolto da un arrangiamento rallentato e atmosferico. «Fare qualche tipo di musica politica, oggi, è contraddittorio», ha detto Ribot. «Bisogna agire contro qualcosa senza trasformarsi, senza finire per assomigliare a quello che detesti. Ma dal giorno dell’elezione di Trump sapevo che non sarei rimasto zitto di fronte a un dittatore sfigato e arancione».
L’immigrazione: Marlene Kuntz & Skin
Una Bella ciao sospesa e atmosferica, un arrangiamento scarno e misterioso – ispirato da un’altra cover, quella di Tom Waits e Marc Ribot – e la seconda voce di Skin, di nuovo con i Marlene quasi un decennio dopo La canzone che scrivo per te. La cover è uscita per raccogliere fondi per la Fondazione “È stato il vento – Artisti per Riace” e sostenere la città di Riace, «un modello funzionante di coesistenza tra le genti» dove è stato anche girato il videoclip. «È una canzone per la libertà, il canto di tutti», ha detto all’epoca Cristiano Godano. «Non si tratta di buonismo, ma di avere la mente predisposta a sentimenti di pace, a comprendere gli altri, a cercare soluzioni umane per tutti».
Le variazioni colte: Enrico Gabrielli
Per la Festa della liberazione del 2021 viene commissionata a a Enrico Gabrielli (Calibro 35, Winstons, 19’40”) da parte della sezione Anpi della Scala di Milano una suite per orchestra da camera basata su Bella ciao pensata inizialmente come sigla di un programma di Gad Lerner: 10 variazioni di uno dei temi musicali più canticchiati di sempre.