A una settimana dalla fine del Festival di Sanremo, sono rimaste brutte intenzioni, maleducazione, brutte figure di ieri sera e una vagonata di mail. Come quelle che sono arrivate ieri ai giornalisti, tra grassetti e CAPS LOCK. La prima recita così: “Achille Lauro nominato Chief Creative Director di Elektra Records / Warner Music Italy, che diventa la ‘sua nuova casa artistica’”.
Il tutto confermato anche da un post Instagram dai toni mistici:
“È un onore per me dirvi che da oggi sarò il nuovo Chief Creative Officer di Elektra Records per l’Italia, etichetta internazionale che nella storia ha rappresentato Jim Morrison, i Doors, i Queen e altre leggende della musica internazionale. Anche le mie attività discografiche confluiranno in questa etichetta grazie alla firma di un nuovo contratto discografico tra i più importanti della storia della musica italiana degli ultimi anni. Dio c’è”.
Dio c’è, forse ha ragione Lauro, ma ci sono anche migliaia di persone normodotate che leggono e capiscono che Achille Lauro è passato a Warner ed è diventato pure art director di una sotto etichetta, la Elektra appunto. Bel colpo per entrambi. Warner si prende Achille dopo Sanremo, nel momento di massima celebrità, e gli affida un ruolo creativo oltre a ingaggiarlo come artista. Lauro invece continua la sua scalata all’Olimpo degli imprenditori di se stessi, ben oltre le canzoni e le ‘cose normali’ che fanno tutti i suoi colleghi.
Sony Music però non ci sta, e pochi minuti dopo manda anche lei un comunicato (e siamo a due) in cui si legge: “Si precisa che l’artista Achille Lauro ha in essere un contratto di esclusiva con Sony per ogni sua pubblicazione discografica”.
Come è possibile? Partiamo dalle origini e dal fatto che Achille Lauro non sia mai stato a tutti gli effetti un artista Sony. C’era un accordo di licenza, che è diverso. I cantanti possono firmare direttamente con l’etichetta ed entrare in ‘cast’ oppure siglare un accordo di licenza, appunto. Nel primo caso, l’etichetta è anche proprietaria del master, che in legalese è “la matrice, il supporto/file sul quale viene fissata la prima registrazione, il prodotto artistico definitivo, già pronto per la riproduzione e la vendita in copie”. Il CD dal quale vengono prodotti tutti gli altri, se fossimo nel ‘99. L’etichetta finanzia il progetto dalla fase embrionale e poi si tiene il prodotto finito. Non fa una piega. Nel secondo caso invece, se è l’artista ad aver finanziato la produzione del master, quelli rimangono di sua proprietà. Li può cedere in licenza, dunque, a una label che si occuperà di duplicarli, distribuirli, occuparsi della promozione eccetera.
Le regole cambiano da caso a caso, ma generalmente funziona così. Ed è vero che Achille Lauro, che da anni ha la sua label, ha firmato un accordo di licenza proprio con Sony Music. Guardate questo post del 2017:
Per quanto sembri legittima la risposta di Sony però, sembra strano che Lauro abbia potuto firmare un altro accordo con un contratto ancora in essere. Ma la risposta del suo manager Angelo Calculli chiarisce anche questo dubbio:
“Achille Lauro non ha alcun contratto diretto con Sony Music bensì era concesso in licenza dalla De Marinis s.r.l. Non essendo un artista in cast, era tenuto solo a licenziare dischi. È azzardato comunicare la titolarità della persona. La società, attraverso l’avvocato Andrea Pietrolucci e me, ha comunicato già da mesi a Sony Music che l’artista sarebbe andato in licenza ad altra discografica, prova ne è l’ampia corrispondenza intercorsa. Si evidenzia infine come tale informazione fosse già di dominio pubblico al punto che l’artista ha affrontato Sanremo palesemente senza il supporto di Sony Music e che, essendo nota la fine del rapporto con la stessa, ha ricevuto durante il periodo sanremese proposte da tutte le major di settore. Ove Sony Music ritenga di essere lesa nei suoi diritti potrà nel caso percorrere altre strade piuttosto che quelle giornalistiche, ma ciò non toglie che ufficialmente da oggi Achille Lauro è un artista Elektra Records / Warner Music Italy”.
Una guerra a mezzo comunicati stampa che, più di tutti, sembra essere la solita diatriba tra due aziende leader che devono dimostrare di fare la pipì più lontano dell’altra. A loro stessi in primis, e poi agli artisti. La prima, Sony, che (giustamente?), si vuole prendere il merito del successo sanremese, e non, dell’artista. La seconda, Warner, che sbandiera ai quattro venti tutta la modernità di questa operazione. Resta da capire se tutto si sia svolto secondo le regole e i tempi, o se qualcuno stia facendo il furbo.
A conti fatti però, tutto questo circo ha scarso valore economico. Perché Lauro, nonostante nell’ultimo anno abbia goduto di un enorme successo, di dischi ne vende pochi. Il suo 1969, album di Rolls Royce, è stato certificato disco d’oro a un anno dall’uscita. Bene, ma non benissimo.
E allora, di che cosa stiamo parlando? Di branding, con Warner che grida al mondo di essere la label del futuro, aperta e dove i cantanti possono prendere decisioni su altri progetti artistici (un po’ come succede ed è successo in America con Fred Durst e Jay-Z). E poi perché gli artisti hanno un valore di mercato, ed essendo le major quotate in borsa, questo conferisce un maggiore potere azionario. L’unico vero beneficiario di questa operazione, a oggi, sembra essere Lauro. Sicuramente andato via da Sony perché gli è stata fatta un’offerta economica più vantaggiosa, Achille si è portato a casa pure il titolo diventando il primo artista italiano a ricoprire un ruolo del genere in una major. Chapeau.
Per quanto riguarda i due litiganti invece, rimarranno chilometri e chilometri di comunicati stampa che i nostri pronipoti riscopriranno come incisioni rupestri in Val Camonica, e forse qualche leggenda metropolitana tramandata dagli addetti ai lavori più complottisti. Dal canto nostro, auguriamo a Lauro tutto il bene con la sua nuova etichetta e, nell’attesa di ricevere un altro comunicato – magari sul primo artista con cui sceglierà di lavorare – ci occupiamo dell’altra Elektra che conosciamo bene. Elektraaaaa, Elektra Lamborghiniiiiii.