È difficile tirare una linea di demarcazione tra la PC Music, collettivo ed etichetta sperimentale londinese, e A.G. Cook, il suo fondatore. Le due realtà sono spesso sovrapposte. Nei primi sette anni di pubblicazioni, ci si è più volte interrogati sul valore artistico della PC Music e, quindi, dello stesso A.G. Cook. Nel 2015, a due anni dalla sua fondazione, quando già se ne parlava con forte interesse, il Guardian si chiedeva se ci stessimo trovando di fronte al futuro del pop o di fronte a una sua parodia. E ai tempi era difficile prendere posizione con certezza.
La PC Music sembrava il sogno bagnato di un gruppo di outsider della scena artistica londinese. Un playground inclusivo di geeks & freaks dove tutto era concesso. Il collettivo era riuscito a farsi notare con una serie di brani strepitosi come Lemonade di SOPHIE, Fade Away di Hannah Diamond, Broken Flowers di Danny L Harle, Hey QT di QT e Beautiful di A.G. Cook. La musica della PC Music sfondava il muro del contemporaneo, giocando con gli stilemi della canzone pop e dell’elettronica intellettualistica. Un miscuglio di voci pitchatissime da cartoon e synth trance anni ’90, elettronica sperimentale e pop culture, il tutto condito da un’estetica digitale, ironica abrasiva. Procedendo a metà tra serietà e LOL, la label si costruì attorno a sé un vero e proprio culto.
Per il riconoscimento definito, però, si è dovuta attendere la prima collaborazione con una vera popstar, Charli XCX, fresca di successi internazionali come Fancy con Iggy Azalea, I Love It con le Icona Pop e Boom Clap, scelto come colonna sonora del film Colpa delle stelle. La scintilla tra le due realtà è stata micidiale. In breve tempo A.G. Cook è diventato il produttore di Charli, inaugurando un meraviglioso periodo di avanguardia pop con la pubblicazione di due mixtape e due album che hanno portato la PC Music e il suo fondatore sotto i riflettori. La collaborazione tra Charli e A.G. è stata in grado di sintetizzare un pop futuristico accessibile al grande pubblico. L’idea alla base della PC Music si è così realizzata.
A sette anni dall’esordio e con l’exploit della collaborazione con Charli, A.G. ha pubblicato il suo primo disco solista. O meglio, i suoi otto dischi d’esordio. Perché, certo, la PC Music sarà pure un brand di successo, ma questo non significa una riduzione della propria espressività creativa. Ad agosto, A.G. Cook ha pubblicato 7G, una raccolta di sette dischi dedicati ad altrettanti strumenti e tools (Drums, Guitar, Supersaw, Piano, Nord, Spoken Word, Extreme Vocals), una sorta di collage art di idee e suggestioni più o meno complete in cui A.G. Cook ci ha mostrato una palette in grado di ricoprire una vasta emotività sonora. Il disco, composto da 49 tracce per la durata di due ore e 40 minuti, è un simposio sulla PC Music. Inspiegabile e indescrivibile a parole, è una storia musicale di un sogno geek.
Le produzioni di A.G. Cook continuano ad affermarsi come una finestra sul futuro del pop. Per questo Apple, il suo secondo album d’esordio (come lo ha definito lui stesso) uscito solamente a un mese di distanza dal monumentale 7G, è la sintesi di queste proiezioni e futuribilità. Se con QT, progetto musicale fittizio per promuovere un altrettanto fittizia bevanda energetica, la PC Music e A.G. Cook erano arrivata ai cancelli d’ingresso dell’uncanny valley, ora la rotta pare essersi invertita. L’emotività accelerata da Red Bull sembra parte del passato e, sotto strati di AutoTune e di elettricità digitale, inizia a intravedersi la specie umana. In un’epoca di AI, il futuro del pop è qui intercettato come un paradossale ritorno all’umano.
A stupire, come già spoilerato nella seconda sezione di 7G, è la bravura chitarristica e vocale di A.G. Cook. Il prodigio del digitale ci svela la sua natura di fenomeno dell’acustico. Per questo Apple è, soprattutto, un disco intimo. I suoi riferimenti si spostano verso le linee vocali di un certo pop-punk di inizio 2000 e verso la cadenza possente delle batterie delle power ballad degli anni ’80, luoghi in cui è comunque sempre presente una violenta emozione. Se la prima PC Music estremizzava la propria emotività negli eccessi linguistici della happy hardcore, ora sembra concedersi a una cadenza ritmica più accessibile. Il futuro prende la forma anacronistica di una chitarra: ci avremmo mai potuto credere anche solo un anno fa? Certo, questa è una chitarra acustica che viene frastornata da sferzate di lead synth trance anni ’90, ma la presenza in 7G di cover di brani di Smashing Pumpkins, Blur, Strokes, Tommy James and the Shondells è un cambio di riferimenti inaspettato. A.G. Cook è, ancora una volta, un Tiresia imprevedibile.
Nell’ultimo decennio la PC Music è stata la label più influente per il panorama pop sperimentale, tanto da costringerci a coniare un nuovo genere, l’hyperpop. In promozione all’uscita di Apple, Spotify lo ha reso curatore della propria playlist Hyperpop, così da introdurci al genere con un bignami curato dal suo stesso inventore. Dentro ci troverete di tutto tanto da uscirne, sicuramente, ancor più confusi: elettronica, sperimentazioni futuristiche, pop estremo. Ma in fondo tutto è sintetizzabile nella dichiarazione che A.G. Cook ha rilasciato al New York Times questo mese: per quelli dell’elettronica sperimentale sono il tizio che fa pop, per quelli del pop sono il tizio che fa elettronica sperimentale. A.G. Cook è incatalogabile, proprio come il futuro. Proprio per questo ne è il suo emissario più affidabile.