In attesa dell’album solista Forever, che uscirà il 16 ottobre, Francesco Bianconi ha lanciato Storie inventate, una «radiolibera dello spirito», ovvero una serie di cover per voce e pianoforte abbinate a temi raccontati da un ospite. In questo episodio canta Ti ricordi quei giorni? di Francesco Guccini con l’accompagnamento di Angelo Trabace al piano, mentre Lo Sgargabonzi parla di infanzia e famiglia.
Conosco tutto Guccini a memoria, ricordo i testi delle sue canzoni quasi più dei miei. Certo, ho i miei “periodi” gucciniani favoriti, gli album che mi piacciono di più, quelli che mi piacciono un po’ meno. In ogni caso ho sempre ammirato la sua capacità di scrivere senza filtri cose altissime dal punto di vista letterario. È sempre stato etichettato come uno politico, Guccini, equivocando su più fronti: innanzitutto che cosa che non sia melenso non è politico? Forse l’opinione comune intendeva dire “partitico”, nel senso di comunista, marxista, o che ne so. Io so solo che si son presi grossi granchi. Guccini mira all’universale, canta l’uomo. È per me un monumento gigantesco, vivente; ha scritto dei piccoli Proust in musica, come questa canzone che ho scelto di cantare, così bella da rimanerci morti stecchiti.
Ho incontrato la prima volta lo Sgargabonzi a un concerto dei Baustelle. Uno dei primissimi, se non ricordo male, in un qualche paesino della Valdichiana. Forse non era ancora uscito neanche il nostro primo disco. Dopo il concerto si è avvicinato questo ragazzo timido e mi ha regalato un teschio umano di plastica, che ancora conservo da qualche parte. Parlava di cinema, merendine degli anni Settanta, e soprattutto delle nostre canzoni come se le avesse scritte lui, e come se fossero arrivate a salvargli la vita. Non lo dimenticherò mai. Ci siam visti e scritti ogni tanto, da allora in poi; noi abbiamo fatto dischi, lui zitto zitto è diventato uno scrittore e uno stand up comedian micidiale, più bravo e cattivo di noi.
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