Un brano folle e schizofrenico, che in poco meno di due minuti alterna atmosfere, suoni, un’infinità di rime diverse e un ritornello annacquato e nebbioso. È Dita cotte, il nuovo singolo di Deepho. Il rapper, che in realtà si chiama Matteo Di Felice, dice di averlo scritto per «farti prima volteggiare tra maracas e imagini per il primo minuto, poi spappolarti il cervello in quello successivo».
Il titolo è un riferimento «a cosa succede alle dita dopo che restano troppo a lungo nell’acqua», ma in realtà ha una storia particolare, legata all’amico e collaboratore Deriansky, che ha curato la produzione del singolo. «Si era trasferito in una casa nuova e stava sempre stipato a copulare, da lì nasce il tormentone “Dita cotte come Dario in casa nuova”. Il perché potete capirlo da soli», dice Deepho. «Dario è un fratellino, spacca come pochi ed è il primo con cui ho fatto un pezzo su produzione inedita. Abbiamo viaggiato e calcato tanti palchi insieme, continuiamo a beccarci per fare musica quasi tutti i giorni ed era inevitabile che il brano finisse nel disco».
Dita cotte è il primo singolo estratto dal nuovo album Chiaro, in uscita a giugno per peermusic ITALY, ma Deepho dice che «chi si aspetta altri pezzi così resterà deluso. Questo è solo uno dei tanti capitoli di Chiaro. Per il momento io e Dario stiamo gettando le fondamenta degli stili che ci contraddistinguono. Ciò non toglie che domani potremmo curare un progetto insieme e farvi un culo tanto».
Il video, girato da Giorgio Cassano e Bruno Raciti, è psichedelico, tetro e imprevedibile tanto quanto il brano. Vediamo una villa di campagna che si trasforma in un luogo abbandonato, una fotografia di famiglia che lascia spazio a immagini allucinate, un campo da tennis vuoto, inquadrature sghembe e lisergiche. «Si passa da contesti di agio ad ambiente completamente degradati che rappresentano il vuoto, la consapevolezza di chi vive in un mondo in cui tutto è il contrario di tutto», dicono rapper e regista. «È un video immaginato in un lampo, il quotidiano estremizzato che lascia spazio a una visione oscura di momenti intimi».