Ammettiamo pure che i Tenue siano un po’ paraculi. Già il fatto che si presentino con una posa che, tolto l’aspetto tricologico della questione, sembra uscita dalla session fotografica di Steve Eichner ai My Bloody Valentine freschi di Loveless, come faccia tosta non c’è male. E in confronto poi alla nu gaze alla quale sembrano aderire appaiono una versione edulcorata; magari non proprio gradita alla nicchia indie/snob che aspetta ancora i nuovi eredi dei primi dischi di A Place To Bury Strangers. Si potrebbe dire: la perversa unione tra pop e saturazioni sonore va bene, ma per alcuni molto meglio se indurita da dosi massicce di goth, psich e industrial rock, come APTBS o Times New Viking.
Ebbene, i Tenue saranno pure spudorati e sfacciati, come l’idea di uscire con un video in verticale in pieno stile smart generation, ma la traccia d’esordio del loro debutto discografico, previsto nei primi mesi del prossimo anno, con un taglio in parte figlio del emo-gaze di Nothing, Title Fight o Gender Roles, funziona che è una meraviglia. Traccia, che potete sentire qua in esclusiva, è un travolgente inizio, con il drumbeat di Eloise che cattura e le scivolose grattugie chitarristiche di Angelo che ben lasciano presagire cosa possa creare a briglia sciolta. Il cantato di Antimo, che è anche la seconda chitarra nel gruppo, pulsa in nome del più accattivante crepuscolarismo dream-pop. Chiude tutto il basso di Giovanni, metronomico com’è giusto. Rispetto al profilo underground e no-wave che altri gruppi sembrano incarnare, i Tenue, con simili premesse, passano come prototipo da competizione tirato al massimo: date loro il pubblico di un festival estivo e lo faranno ciondolare fino all’alba.
Non c’è nulla da fare: con una continuità più che allettante, dalla terra campana escono fuori sempre realtà che meriterebbero la vostra incondizionata attenzione. Gruppi come La Via degli Astronauti o Astolfo sulla Luna nel passato meno vicino, i Gomma in quello prossimo, e ora i Tenue. Sarà l’aria, sarà l’acqua, sarà il caffè, non sappiamo spiegarcelo, ma nell’Italia bollita, gente così ammodo che fa della musica così ammodo, come fa fa, ridesta messaggi cardiaci che credevamo oramai persi.