Il 13 febbraio 1970 i Black Sabbath hanno cambiato il mondo con il loro album di debutto, un disco che ha fondato un genere. Per festeggiare l’anniversario, Rolling Stone ha parlato con 12 tra le persone coinvolte nella creazione dell’album, tra cui il chitarrista Tony Iommi, il bassista Geezer Butler e il batterista Bill Ward, insieme a molti dei collaboratori dell’epoca. In più, hanno contribuito alcuni musicisti che conoscevano il gruppo all’epoca dell’esordio. Come Rob Halford dei Judas Priest, che ci ha raccontato com’è stato vedere i Sabbath dal vivo quando ancora si chiamavano Earth. Abbiamo anche raggiunto l’artista che ha curato la copertina, Keith MacMillan, e la misteriosa donna dei boschi, Louisa Livingstone, che per la prima volta hanno parlato di quell’immagine così incredibile.
Ecco le cinque cose che (forse) non sapete sulla nascita del primo album della storia del metal.
1. Secondo Rob Halford, la svolta è arrivata col cambio di nome da Earth a Black Sabbath
I quattro membri dei Black Sabbath hanno suonato per la prima volta insieme in un sestetto chiamato Polka Tulk Blues Band. Hanno licenziato due membri (un chitarrista e un sassofonista) e cambiato nome in Earth. È in questo periodo che Rob Halford, ben prima di entrare nei Judas Priest, ha visto il gruppo dal vivo.
«Ho un ricordo vago del concerto degli Earth in un oscuro club di Birmingham, suonavano una sorta di heavy blues, prog con sfumature jazz», ricorda. «Visivamente non succedeva niente che valesse la pena ricordare. Ricordo uno dei primi brani dei Sabbath, Evil Woman, una cover dei Crow. All’epoca gli arrangiamenti dal vivo erano ancora piuttosto vaghi, ma essenzialmente erano già un gruppo molto heavy. Quando sono diventati i Black Sabbath, la loro identità era più definita. I riff di Tony avevano un ruolo più importante, e in quel momento il gruppo aveva caratteristiche uniche che li distinguevano da tutti gli altri, sia in zona che nel resto del mondo. Ozzy aveva un look e una voce speciale, e le dinamiche tra Geezer e Bill cementavano un suono che non aveva eguali».
2. L’album è stato scritto durante l’orario d’ufficio
Dopo una breve esperienza con i Jethro Tull, il chitarrista Tony Iommi è tornato negli Earth e ha detto agli altri che voleva fare sul serio. Dopo aver visto come Ian Anderson gestiva il suo gruppo prog, organizzando prove quotidiane, Iommi suggerì che gli Earth facessero la stessa cosa. Spesso iniziavano a suonare alle 9 del mattino. «Convincere Geezer ad alzarsi dal letto al mattino era maledettamente difficile, ma ci siamo riusciti, e abbiamo provato. Funzionava, perché all’epoca ci sembrava di avere qualcosa a cui lavorare», ha detto Iommi. «Avevo lasciato un gruppo importante, all’epoca, e quando sono tornato gli altri avranno pensato: “Oh cavolo, è tornato. Meglio rimboccarsi le maniche”. Si sentivano tutti così, e forse anch’io».
3. Geezer Butler ha scritto il testo di ‘Behind the Wall of Sleep’ nel sonno
Il titolo di questo brano quasi psichedelico riecheggia quello di un racconto di H.P. Lovecraft (Beyond the Wall of Sleep), ma il bassista sostiene che quasi tutto il testo proviene dal suo subconscio. «Stavo leggendo Beyond the Wall of Sleep, mi sono addormentato e ho sognato il testo e il riff», ha detto. «Quando mi sono svegliato l’ho scritto su un foglio e ho suonato il riff al basso così da ricordarlo – non avevamo modo di registrare, all’epoca, quindi andava tutto memorizzato. Poi l’ho suonato alle prove con gli altri».
4. L’artista che ha disegnato la cover voleva un artwork sexy
Quando l’art designer dell’etichetta Vertigo “Keef”, che in realtà si chiama Keith MacMillan, ha sentito per la prima volta Black Sabbath, è rimasto colpito da quanto fosse oscuro e ha capito dove avrebbe scattato la cover: un mulino ad acqua del 15esimo secolo nella campagna inglese. Negli ultimi 50 anni, MacMillan è sfuggito a ogni intervista – ne ha fatte solo due prima di quella con Rolling Stone, e solo perché era costretto – e ci ha detto che questo era il suo primo colloquio diciamo così ‘volontario’. Ha accettato solo perché ama i Sabbath.
L’artista ha rivelato che all’inizio voleva che Louisa Livingstone, la modella in copertina, venisse ritratta nuda, ma poi ha cambiato idea. «Sotto il mantello non indossava niente, perché all’inizio avevamo un’idea più audace. Poi abbiamo capito che non avrebbe funzionato», dice. «Ogni riferimento sessuale avrebbe depotenziato quell’atmosfera così inquietante».
Livingstone, che non aveva mai parlato della cover, ha detto a Rolling Stone che la cosa che ricorda di più dello shooting è il freddo. «Mi sarò svegliata verso le 4 del mattino», ha detto. «Keith andava in giro col ghiaccio secco, lo gettava nell’acqua. L’idea non funzionava, quindi ha usato una macchina del fumo. Poi ha detto: “Mettiti lì e fai così”».
5. Le session di registrazione hanno quasi rovinato un cartoon in lavorazione al piano superiore
L’ingegnere del suono Tom Allom ricorda che il Regent Sound Studio di Londra era vicino a uno studio più prestigioso, dove si registravano pubblicità per la TV. «Facevano molta animazione, il che significa che la videocamera doveva restare immobile mentre muovevano gli oggetti da animare», ha detto. «A un certo punto ho ricevuto una telefonata: “Cosa succede lì sotto, Tom?”. Il basso di Geezer Butler stava spostando un enorme dolly. Ballava sul pavimento. Gli ho dovuto dire: “Mi spiace, ma questo studio costa 10 sterline l’ora, lì sopra sono 100 e si stanno incazzando”. L’ho convinto a suonare il basso direttamente nell’impianto, non nell’amplificatore. L’idea non gli piaceva finché non ha sentito il risultato, poi ha detto: “Questa è la prima volta che sento il mio basso su un disco”. Il suono dell’amplificatore era grosso, flatulento e flaccido».