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chemtrails over l'ippodromo

Ce ne fossero di Lana Del Rey

Lo show di ieri sera a Milano è stata una immersione nel suo mondo cinemascope. Siamo circondati da canzoni che non restano, teniamoci stretti gli artisti così

Ce ne fossero di Lana Del Rey

Lana Del Rey

Foto: Sharon Lopez

«Al Primavera è stata un fiasco», diceva qualcuno prima del concerto di Lana Del Rey a Milano. «Non si sentiva, era moscia, non cantava». Le aspettative per il live agli I-Days, dopo i pareri di chi a Barcellona c’è stato (in streaming non vale), ci avevano messo in allarme. Lana non è in forma? Per fortuna che la gente però non bisogna mai ascoltarla troppo: il live di Lana Del Rey di ieri sera è stato esattamente quello che volevamo vedere da Lana Del Rey. E ci dispiace per gli altri.

Il live inizia alle 21:15, lei sale sul palco con un sorrisone enorme. «Ciao Milan, it’s beautiful to be here». Ci sono 67.000 persone, a occhio non si vede la fine. Cerchietto tra i capelli, immancabile cofana anni ‘60, Lana arriva e inizia il suo show. Sul palco una scenografia metallica che fossimo in Puglia sarebbe quella della festa patronale. Con lei full band, coriste, ballerine, un palo da pole dance che userà in più occasioni.

A differenza di Angelina Mango, se sta ferma a Lana non viene la noia, anzi. A Lana piace. E così parte questa sequenza di venticinque canzoni spalmate su un’ora e mezza dove Lana fa esattamente la che le riesce meglio: sé stessa. Ci sono piccole coreografie con i pannelli riflettenti che usavano le mamme negli anni ‘90 per prendere il sole, ci sono le ballerine che le ballano intorno e sembrano anche loro un po’ svogliate. Svogliate ma felici.
L’atmosfera diventa sognante in pochi istanti. Siamo all’Ippodromo La Maura (qualcuno un giorno ci spiegherà perché si chiama così) o siamo su Sunset Boulevard, al tramonto? Sognare non costa niente.

I fan si abbracciano, piangono. Sentiamo le urla: «Madre». Lei è rilassata, vocalmente presente (e anche se non lo fosse: non siamo al concerto di Celine Dion). Ci ricordiamo ancora quando all’inizio della carriera la massacrarono perché dicevano che fosse finta, costruita, la ragazza ricca che le prova tutte per diventare famosa. Vi ricordate quell’esibizione al SNL, i primi live incerti, il nome d’arte, il passato che tornava a bussare? Oggi, 8 album dopo, siamo davanti a una delle più grandi cantautrici del nostro tempo. Una che ha fatto qualcosa che riescono a fare davvero in pochi: regalarci un mondo, il suo. Portarci dentro fino al collo in quella dimensione cinemascope senza lasciarci più uscire. Classifiche alla mano, di quanti artisti di oggi possiamo dire lo stesso? Quanti sono riusciti a costruire stile e credibilità senza seguire le mode e i trend dei social? Lana l’ha fatto, e lo ricorda stasera mettendo in scaletta qualcosa da tutti i suoi lavori. Sempre lentamente, candidamente, tra vestiti di paillettes, candele e movimento lento (cit).

Sul palco c’è tutto quel mondo lì. Non c’è niente da dimostrare, parla il repertorio, e soprattutto non c’è fretta. Nelle canzoni, nel modo in cui parla e con cui interagisce col pubblico. 12 anni dopo quell’esordio che fece rizzare gli occhi e le orecchie di mezzo mondo, Lana è ancora qui ed è più credibile che mai. Un disco all’anno (quasi), tanti concerti e nient’altro. «Thank you for lighting up the crowd», dice quando vede una distesa di luci di cellulari che forse rendono visibile l’Ippodromo La Maura anche dalle stelle. In un mondo di mode che passano e di canzoni che non restano, teniamoci stretti Lana Del Rey. È un caso che il primo giorno in cui le temperature sono estive Lana sia stata in città? Che la summertime sadness abbia inizio.

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