C’è un disco poco noto ai più che, a tratti, si potrebbe considerare il vero e proprio seguito del colosso In the Court of the Crimson King. Sto parlando di McDonald and Giles del fiatista/tastierista e del batterista della prima formazione dei King Crimson. Il disco è meno cupo/favolistico dell’esordio della band di Robert Fripp, con una bella aura flower power, momenti irresistibili quasi funk-prog, profumi beatlesiani, delizie acustiche e una lunga suite che fa del crescendo sinfonico finale il suo punto di forza. Senza nulla levare al drumming fantasioso di Mike Giles, è sulle invenzioni di Ian McDonald che questo disco è in larga parte basato, ed è lo spunto per rendersi conto di quanto il musicista fosse all’epoca un vero vulcano.
Tutti conoscono l’importanza di Robert Fripp nella storia dei King Crimson, ma ascoltando il loro esordio come non rendersi conto dell’importanza di McDonald? Il musicista, scomparso il 9 febbraio a 75 anni d’età per un cancro, è anzitutto fiatista. Il suo sax devasta 21st Century Schizoid Man facendo sua la lezione di certo free jazz quando si tratta di improvvisare ed essendo di una precisione assoluta nelle parti obbligate più ritmiche. Passato l’uragano iniziale, per il resto del disco Ian passa al flauto decorando i brani di grande dolcezza e melodia. McDonald suona inoltre lo strumento principe dell’album: il Mellotron, ed è inutile ricordare quanto questo strumento abbia caratterizzato la primissima incarnazione dei King Crimson.
In questo frangente non è solo strumentista ma anche compositore. Unicamente suoi (e del paroliere Peter Sinfield) sono due capolavori come la leggiadra I Talk to the Wind e il maestoso inno da cui l’album prende il titolo. McDonald aveva portato la prima in dote quando era entrato a dar man forte al trio composto dai fratelli Giles (Mike e Peter) e a Robert Fripp, affidandone l’interpretazione alla sua fidanzata del tempo, la cantante folk Judy Dyble. Sarà poi Greg Lake, ultimo entrato in formazione, a occuparsi di cantare uno dei brani più celebri di In the Court of the Crimson King.
Dopo avere registrato il capolavoro i King Crimson diventano una delle realtà più brillanti della nuova musica inglese, partono in tour e iniziano i problemi, specie quando si tratta di esibirsi negli Stati Uniti. McDonald è stanco, scopre di non sopportare la vita on the road, prova nostalgia per la fidanzata, ha voglia di fare le valige e tornarsene a casa. Il tutto porta a diversi screzi con Fripp, la tensione sale, la macchina si rompe, McDonald torna in Inghilterra deciso a lasciare la band. Non sarà l’unico, anche Greg Lake farà lo stesso, così come Mike Giles che diventerà il partner di Ian per il disco citato.
L’album in coppia però non ha alcun riscontro e da questo punto la carriera del fiatista/tastierista sprofonda in un semi-anonimato, interrotto da qualche sporadica collaborazione. Il colpaccio arriva nel 1976 quando forma a New York i Foreigner, insieme al chitarrista Mick Jones (proveniente dagli Spooky Tooth) e ad altri musicisti americani. La band diventa una vera macchina sforna-hit in ambito AOR, ma alcuni screzi con Jones portano al suo allontanamento.
McDonald continuerà negli anni a suonare in svariate occasioni (da ricordare il suo coinvolgimento nella 21st Century Schizoid Band, con quasi tutti i membri crimsoniani della prima ora) senza mai che il suo nome lasci il segno.
I meccanismi dello show business non hanno mai fatto per lui. McDonald si è trovato nella situazione di far parte di due band di successo, ma qualcosa è sempre andato storto, un po’ per il suo carattere, un po’ per destino. Ora che se ne è andato, per capire che musicista di gran classe fosse bisogna tirare fuori per l’ennesima volta In the Court e il disco con Giles, ascoltare il suono del sax, del flauto, delle tastiere. All’epoca in fondo i King Crimson erano molto più Ian McDonald che Robert Fripp.