Nonostante la gran quantità di ristampe che in anni recenti è andata a colmare una lacuna anche tra i più ferventi conoscitori, la library music rimane un fenomeno quantomeno misterioso. Di misteri in realtà ce ne sarebbero pochi, anche perché questo tipo di proposta è quanto di più normale possa esistere.
Immaginate di essere un produttore televisivo alle prese con documentari, reportage, eventi sportivi o di costume. È da sempre norma andare a sottolineare le immagini con musiche disparate. Non si parla di vere e proprie colonne sonore, come possono essere quelle per un film o una fiction, ma di suoni che non distraggano l’utente televisivo, ma allo stesso tempo servano a sottolineare emozioni come gioia, dolore, preoccupazione, ansia, idillio, forza, oppure facciano da sfondo per la visione di un quadro, di una città, di un deserto, di un panorama. Per ogni tipo di situazione visiva c’è la giusta musica composta da mestieranti che tirano fuori ore di questo materiale, messo poi a disposizione di registi e produttori che ne decideranno l’utilizzo, a volte anche riciclandolo per varie situazioni.
Solitamente questo tipo di proposta non interessa granché agli appassionati, sono materiali così poveri a livello artistico che è giusto rimangano confinati al loro uso. C’è stato però un momento nel quale anche la library ha saputo ergersi a forma d’arte offrendo commenti sonori d’alta classe composti da fior di musicisti. In anni di grande fermento come il periodo che va dalla fine dei ’60 alla fine dei ’70, molti si sono misurati con queste composizioni mettendoci dentro tutta la loro maestria e sfruttando il mezzo per sbizzarrirsi con sperimentazioni che non avrebbero avuto spazio nei “normali” canali discografici. Deve essere stato un atto creativo per Ennio Morricone dedicarsi a bozzetti che poi andavano a fare da sfondo a servizi televisivi sulla droga o altri disagi sociali. Grande amante delle più ardite forme musicali, era libero di spaziare in lungo e in largo nei suoni senza preoccuparsi d’altro. E come lui Piero Umiliani e altri meno noti (ma non meno importanti) come Giorgio Carnini, Daniela Casa, Egisto Macchi e Stefano Torossi.
Questi lavori finivano poi su dischi che a volte non erano nemmeno pubblicati negli usuali canali, ma venivano stampati in un esiguo numero di copie che circolavano solo tra gli addetti ai lavori. Dentro ci si trova di tutto: lounge, elettronica, jazz, contemporanea, industrial, dark, funk, psichedelia, prog e molto altro. L’Italia si è contraddistinta per la qualità dei commenti sonori che sono andati oltre la loro caratteristica primigenia e hanno saputo anticipare molte tendenze, influenzando band e artisti della scena post punk e altri più vicini ai nostri tempi, come Stereolab, Demdike Stare, Burial, Broadcast, Air, Boards of Canada. In Inghilterra c’è addirittura un’etichetta chiamata Ghost Box che produce solo musicisti dediti alla riscoperta di tali suoni.
Il catalogo discografico della library music italiana conta centinaia, se non migliaia di titoli. Ho provato a segnalare dieci tra i più meritevoli, con un ringraziamento alle etichette che in anni recenti hanno ristampato lavori che altrimenti sarebbero rimasti per sempre nell’oblio.
“Meccanizzazione” Oronzo De Filippi (1969)
Oronzo De Filippi è un completo mistero, tale nome non è infatti riconducibile ad alcun musicista vivente o del passato e molti pensano che dietro lo pseudonimo si celi Ennio Morricone. Sia come sia il fantomatico De Filippi è stato in grado, addirittura nel 1969, di tirare fuori un album tra jazz, lounge e industrial ante litteram. Del resto da titoli come Raffineria, Industria metallurgica, Termomeccanica o Architettura industriale, cosa aspettarsi di diverso? Ristampato nel 2021 da BTF.
“Eroina” Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza (1971)
Nel Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza militavano figure come Franco Evangelisti ed Ennio Morricone a formare un ensemble di pura improvvisazione musicale tra contemporanea e rumorismo. Il titolo di uno dei loro album dice già tutto, in Eroina la fanno da padrone atmosfere cupe e angoscianti ispirate e diversi effetti della droga. I brani si muovono tra free jazz, funk, elettronica e inquietudini varie. Mai uscito ufficialmente all’epoca, il disco è stato pubblicato nel 2015 da Cometa Edizioni Musicali.
“L’uomo nello spazio” Piero Umiliani (1972)
Come si evince dal titolo in questo album il famoso compositore fiorentino si da da fare per commentare tutto ciò che riguarda le immagini spaziali. E lo fa usando a man bassa il famoso sintetizzatore Moog in un viaggio elettronico tra ambienti a gravità zero, momenti allucinatori e misteriosi, schegge romantiche e pulsazioni che anticipano di almeno un decennio la techno. Ristampato nel 2015 da Dagored.
“Insight Modulation” Zanagoria (1972)
Zanagoria è lo pseudonimo di Giorgio Carnini. Il suo Insight Modulation offre 35 minuti di sperimentazione elettronica senza confini, a tratti imparentata con certe opere krautrock di mostri sacri come Amon Düül, Kluster o i primi Tangerine Dream. Ma qui, se possibile, siamo in territori ancora più estremi. Lo ristampa nel 2013 la spagnola Wah Wah.
“Controfase” Ennio Morricone (1973)
Il Maestro in persona (contornato sempre dai suoi amici del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza) mette su disco diverse sue composizioni quasi tutte tese a descrivere atmosfere claustrofobiche. Controfase è un disco che contiene dissonanze, esperimenti al sintetizzatore VCS3, obliqui spunti orchestrali e rumorismi assortiti. Anche qui titoli come Follia o Degenerazione dicono tutto. Ristampato nel 2015 dalle label australiane The Omni Recording Corporation / The Roundtable.
“Feelings” Jay Richford & Gary Stevan (1974)
Jay Richford e Gary Stevan non esistono, dietro tali nomi c’è il compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra Stefano Torossi coadiuvato da una serie di altri protagonisti delle sonorizzazioni e colonne sonore. Su Feelings c’è da dire una sola cosa: è una delle gemme assolute del soul/funk/lounge tricolore, un vero idillio sonoro tra svolazzi di archi e groove caldi e sensuali. Ristampato da Schema nel 2019.
“Società malata” Daniela Casa (1975)
Quello di Daniela Casa è uno dei dischi più riusciti del lotto library. Società malata contiene 11 magnifici bozzetti atmosferici (dai titoli eloquenti: Ignoto, Pericolo, Angoscia, Oppressione, Vizio) che si dipanano in un magma che contempla oasi lounge, psichedelia tribale, sperimentazione dadaista, minimalismo e clangori industrial. Lo ristampa Dagored nel 2016.
“Voix” Egisto Macchi (1975)
Egisto Macchi fa parte del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza ed è uno dei più attivi musicisti library, con diversi capolavori alle spalle. In cima a tutti c’è Voix, puro astrattismo sonoro in uno studio particolareggiato sulla voce umana a creare atmosfere tese e spettrali. Da lì a poco arriveranno i Throbbing Gristle, i Current 93 e i Nurse with Wound. Macchi li anticipa tutti. Ristampato anche questo dagli australiani di The Omni Recording Corporation / The Roundtable nel 2012.
“Rock Satellite” Puccio Roelens (1977)
Si cambia completamente con la musica di Amleto Armando Roelens, conosciuto come Puccio Roelens. Il suo Rock Satellite, raccolta di musiche per vari utilizzi, è una vera delizia exotic-jazz-lounge, con sintetizzatori caramellosi e groove funky. Pubblicato all’epoca per i soli addetti ai lavori viene ristampato nel 2016 dalla label ceca Fifth Dimension.
“Desert” Antonio Vuolo & Elio Grande (1979)
I due misconosciuti musicisti danno vita a un grande album dal sapore prog-disco. Desert è un concept con una facciata densa di ascendenze Goblin e un eccellente interplay tra tastiere, chitarra e sezione ritmica che sfocia in momenti vicini a certo jazz rock americano. Nell’altro lato dominano invece atmosfere più acustiche e rarefatte, sempre di uguale fascino. Ristampato nel 2013 dall’inglese Strut in occasione del Record Store Day.