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10 canzoni per entrare nel mondo di Jane Birkin

Da sola o con Serge Gainsbourg, cantando di amori veri o di fantasia, fra pensieri di morte e giochi erotici, decadenza e lolitismo: introduzione a un repertorio cupo e sexy, mai inutilmente pudico

Foto: Reg Burkett/Daily Express/Getty Images

Nel 1968 Jane Birkin era un’attrice ventunenne inglese in cerca di un ingaggio. Si è presentata al provino per il film Slogan con Serge Gainsbourg, cantautore di mezza età e dongiovanni di fama chiarissima. «Non parlavo francese», dirà nel libro di Sylvie Simmons Serge Gainsbourg: A Fistful of Gitanes, «a avevo un paio d’ore per impararlo». Alla fine s’è presa sia il ruolo, sia Gainsbourg, che all’epoca aveva una storia con Brigitte Bardot, a sua volta sposata. Birkin è diventata l’ossessione di Gainsbourg: l’ha aiutata a diventare una cantante francese di successo, pubblicando il singolo dai contenuti esplicitamente sessuali Je t’aime… moi non plus e il loro album di debutto insieme, Jane Birkin/Serge Gainsbourg, nel 1969. «Voleva che diventassi una star», ha detto l’attrice a proposito del fatto che il suo nome era il primo, nel titolo del disco. «Faceva così con le persone che amava».

La loro partnership artistica è durata più del loro amore e Birkin, che ha cantato con voce tenue da soprano fino alla morte all’età di 76 anni, è rimasta fedele allo stile cupo e sexy che aveva creato in quei primi anni. Ecco 10 delle sue migliori incisioni.

Je t’aime… moi non plus

1969

Il pezzo che ha reso famosa in tutto il mondo Birkin – i suoi gemiti di piacere ben noti continuano a risuonare anche mezzo secolo dopo – non era destinata a lei. Gainsbourg l’aveva scritta per Brigitte Bardot e con lei aveva registrato una versione che in seguito ha bollato come «troppo sexy», per poi stringere una partnership, in studio e a letto, con la giovane star inglese. I vocalizzi di Birkin, simili a flauti, hanno spinto Je t’aime oltre il limite dell’assurdo fino a raggiungere il campo del sublime. In occasione della prima session di ascolto, in una enoteca parigina, è stato subito chiaro che la canzone era speciale: «I coltelli e le forchette di tutti erano in aria, sospesi», ha raccontato Birkin nella biografia di Simmons su Gainsbourg. «Nessuno mangiava più. Serge ha detto: “Credo che abbiamo per le mani una hit”». Aveva ragione, anche se il mood spudoratamente erotico della canzone l’ha fatta bandire in gran parte del mondo, nonostante i milioni di copie vendute. La critica non ha mai smesso di analizzare e studiare la vita complicata di Gainsbourg e Birkin ha continuato a cantare il loro brano-simbolo fino all’inizio di quest’anno. «Non era affatto una canzone volgare», ha detto nel 2004. «Non so perché sia stato sollevato una tale polverone. Gli inglesi non l’hanno capita. Ancora adesso non sono sicura che sappiano cosa significhi». (S.V.L.)

69 année érotique

1969

Uno come Serge Gainsbourg non poteva ignorare di essere nel 1969. Nel pieno della rivoluzione sessuale, 69 année érotique sarebbe diventato il pezzo più scandaloso della coppia Jane Birkin/Serge Gainsbourg, se non fosse stato per Je t’aime… moi non plus incluso nello stesso album. Gainsbourg si occupa delle strofe, raccontando dei due che girano fra Parigi e Londra: “Sono innamorati e il loro viaggio durerà un anno”, canta in francese. Potrebbe essere una metafora, ma poi Birkin intona il titolo della canzone con la sua voce acuta, ansimando e sospirando. E gli archi dell’orchestra svaniscono in dissolvenza. (K.G.)

Ballade de Melody Nelson

1971

Sempre determinato a spingere la propria arte oltre i limiti del perbenismo, Gainsbourg dedica il suo album successivo al racconto di Nabokov incentrato sulla tragica ossessione di un adulto per una quindicenne. Se tutto ciò non vi sembra abbastanza inquietante, tenete conto del fatto che questa storia era il suo modo di omaggiare Birkin, che allora aveva 24 anni ed era incinta della loro figlia Charlotte. Sulla copertina c’è lei, vestita in modo provocante, che stringe un peluche; ed è sempre lei che, con la sua voce morbida, sfiora quella roca e cupa di Gainsbourg nel brano dedicato a Melody. «Melody è Jane», ha poi detto lui. «Senza Jane non ci sarebbe stato nessun disco». Proprio come la prosa splendida che descrive comportamenti indecenti in Lolita, la musica di Ballade de Melody Nelson è così ricca a livello melodico da portarti a canticchiare la canzone anche se la voce narrante è quella di un pervertito. Le orchestrazioni lussureggianti di Histoire de Melody Nelson hanno poi influenzato enormemente artisti come Beck e gli Air, anche se nessuno di loro ha osato spingersi, come invece avevano fatto Jane e Serge, nei regni più inquietanti del subconscio. Anni dopo la morte di Gainsbourg, Birkin parlava ancora con grande passione del tempo trascorso insieme, mentre incidevano quei dischi. «Era un genio, ma non è mai stato un genio noioso». (S.V.L.)

La décadanse

1972

In pratica, una seconda Je t’aime… moi non plus in cui Gainsbourg e Birkin dichiarano il loro amore reciproco sussurrando su un tappeto di archi, chitarra e organo. Di tanto in tanto le voci agganciano una melodia ascendente, fino a raggiungere La décadanse, un gioco di parole che si può tradurre approssimativamente in “decadanza”, unione delle parole decadenza e danza, ossia un ballo proibito. La voce di Birkin sembra sottile ed estasiata mentre canta delle mani di Gainbourg che le sfiorano il seno “e il mio cuore, che è tuo”. Uno dei suoi versi più sexy è quello in cui dice a Gainsbourg “tu mi uccidi, amore mio”. Forse perché non era così scandalosa come quella precedente, la canzone è entrata solo nella Top 50 francese. (K.G.)

Ex-fan des Sixties

1978

Alla fine degli anni ’70 il classic rock non esisteva ancora. Disco, punk e prog dominavano le classifiche pop, molte delle grandi star erano morte e Gainsbourg stava iniziando a darsi al reggae. Così Ex-fan des Sixties, una sorta di elegia funebre dedicata al rock degli anni ’60, è sarcastica, ma anche sincera per il modo in cui Birkin canta rivolgendosi a una “petite baby doll” che ballava ascoltando il rock’n’roll. “Che fine hanno fatto tutti i tuoi idoli?”, le chiede, citando i Byrds, i Doors, gli Animals e i Moody Blues, ma anche gli ex Beatles. Elenca tutte le vittime più famose del rock degli anni ’60 come Jimi Hendrix, Jim Morrison e Janis Joplin e un paio di personaggi più famosi per quanto fatto nel decennio precedente (Buddy Holly ed Elvis Presley). “Dove sono finiti i tuoi anni folli?”, canta in un modo accattivante che è al contempo indagatore e beffardo. Solo Birkin poteva creare un cocktail del genere. (K.G.)

Amour des feintes

1990

Gainsbourg ha scritto la sua ultima canzone dedicata a Birkin, una classica ballata ironica su una relazione andata in malora, circa sei mesi prima di morire d’infarto. La canta lei e il titolo è una frase che, in modo acuto e triste, evoca la finzione a a cui si ricorre per ignorare i problemi reali. E intanto, Birkin analizza gli eventi che hanno segnato quella relazione ormai fittizia, tra cui un bambino perduto, le bugie sulle emozioni e qualche momento di felicità. Alla fine declama: “Chi potrebbe essere e chi avrebbe potuto essere, mi pongo la domanda / Forse ero destinata a sognare la fuga”. Amour des feintes in francese vuol dire “amore per la finzione”, ma anche “amore per i morti”, ha detto una volta Birkin, stando alla biografia di Gainsbourg Relax Baby Be Cool. «Il riferimento era a Pavane pour une infante défunte di Ravel, una delle composizioni che Serge più amava. Era un tipo complicato». E Birkin l’ha reso in modo magistrale. (K.G.)

Je suis venu te dire que je m’en vais (Live)

1992

In apertura di Vu de l’extérieur, l’album del 1973 che segue Histoire de Melody Nelson, Gainsbourg piazza subito un benservito gelido: Je suis venu te dire que je m’en vais, sono venuto a dirti che me ne vado. In sottofondo una donna, forse Birkin, piange mentre lui le dice che le sue lacrime non significano nulla e una chitarra acustica folkeggiante continua a suonare. A quasi 20 anni di distanza, e dopo la morte di Gainsbourg, Birkin ha eseguito il brano dal vivo infondendogli tutta l’emozione che mancava alla versione di Gainsbourg. Dove lui dice con semplicità “sì, ti ho amata… i tuoi lunghi singhiozzi non possono cambiare nulla”, lei dà l’impressione di avere raggiunto la consapevolezza di non poterne più. Che attinga alla sua bravura di attrice o alle sue emozioni vere, dice addio in modo bello e tragico. Il pubblico, come si sente nell’album dal vivo del 1992, la acclama entusiasta dopo che lei ha cantato le ultime battute: “Sì, mi dispiace dirti che me ne vado perché me ne hai combinate troppe”. (K.G.)

Harvest Moon

2006

Tutti, dai Pearl Jam ai Sunflower Bean passando per Maggie Rogers, hanno aggiunto un tocco personale alla canzone d’amore per eccellenza di Young. Ma la versione di Birkin ha uno stile unico. Nella cover della canzone per il suo album Fictions del 2006 evoca un’atmosfera a metà strada tra caffè parigino e ranch californiano. L’arrangiamento minimale e vivace non adombra mai la voce delicata di Birkin, creando così una ninnananna celestiale e immortale. L’album contiene anche altre cover come Alice di Tom Waits e Mother Stands for Comfort di Kate Bush, ma quella che brilla di più è Harvest Moon. (A.M.)

Pourquoi

2008

In Pourquoi, ballata per pianoforte che Birkin ha scritto col cantautore Alain Lanty inclusa nel suo album Enfants d’hiver del 2008, l’artista si rivolge a un amante ormai passato a miglior vita, chiedendogli: “Perché è sempre troppo tardi per gridare ti amo?”. Mentre il pianoforte e la voce si muovono a un ritmo perfetto per una ballata strappalacrime, il testo di Birkin vira verso una rabbia misurata, svelando una sfumatura più profonda del dolore. “Perché vivo ancora, trascinando emozioni ormai tardive e modeste?”, si chiede. “Troppo spaventata per gridare: sei tu, amore mio?”. Confessa persino di sentire la mancanza del sarcasmo e del disprezzo del suo amante. “Non voglio vedere quel rivolo di sangue che svuota la tua vita scorrere fuori da te. Ti terrò la testa e dirò, come fosse una preghiera: scusa per i silenzi di ieri”. Alla fine, il pianoforte chiude con una nota acida: un finale perfetto. (K.G.)

À marée haute

2020

L’ultimo album di Birkin Oh! Pardon tu dormais… era nato come una pièce teatrale. Si è trasformato in qualcosa di più cupo quando ha iniziato a collaborare con i cantautori e produttori Étienne Daho e Jean-Louis Piérot, mentre, nel 2013, elaborava la morte prematura della figlia Kate Barry. «Étienne mi ha aiutato a liberarmi di un vecchio dolore, salvandomi dalla malinconia e dall’apatia», ha detto Birkin. La musica di À marée haute ha le caratteristiche tipiche delle sue registrazioni degli anni ’60 e ’70 (chitarra twang e surf e parti massicce di archi orchestrali), mentre lei fa un bilancio della sua vita “nell’alta marea”. Canta della sconfitta, dell’Inghilterra e della sua stessa morte, chiedendosi in un sospiro: “Con quale morte eroica potrei riscattarmi?”. E in un altro: “Sarò lì, sulla spiaggia degli impiccati”. Alla fine, dichiara: “Se non mi ami più, io non amo più nemmeno me stessa” con l’effetto drammatico, lo strazio e la potenza delle sue canzoni migliori. (K.G.)

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