Ispirato nel nome dal termine arabo “isola” (o “terra fra le acque”), torna tra il mare e le strade di Ortigia Gisira, una quattro giorni (30 maggio-2 giugno) che esplora il concetto di Mediterraneo e di Sicilia orientale attraverso musica, cultura e attività interdisciplinari. Fra dj set (in barca e sulla terraferma) e live di respiro europeo (tra cui Donna Leake, My Analog Journal e il collettivo svizzero Bongo Joe), l’evento ospita anche talk tematici (come una lecture dell’antropologo britannico Iain Chambers sulla storia e la geografia del Mediterraneo) e dedica uno speciale spazio a radio community come la berlinese Refuge Worldwide, che lavora in solidarietà con organizzazioni non-profit. Ci sarà anche un concerto del maestro Gigi Masin, al Castello del Solacium di Targia, nei giardini dell’Azienda Agricola Pupillo a Siracusa.
Per addentrarci nella realtà che il festival racconta, ci siamo affidati ad uno speciale Cicerone (tra i nomi in line-up): Mirko Fanciullo. Fondatore di Vinile del giorno (una pagina social che raccoglie dischi “dimenticati”, tra ritrovamenti per negozi, mercatini e fiere), e cofondatore del record shop ortigiano Malamore, Fanciullo è uno dei più attivi rappresentanti dell’onda mediterranea a livello nazionale. Compulsivo selezionatore e ricercatore di dischi “perduti”, la sua predilezione per le radici più esotiche della musica popolare siciliana, della world music e delle sonorità wave romantiche ne fanno un nome perfetto per una selezione di questo tipo.
In preparazione per il Gisira (qui tutte le altre informazioni utili) ci siamo fatti consigliare 10 dischi (strettamente) siciliani che appartengono a un’altra epoca e un’altra musica.
Friddo
Rosetta Del Nilo
Friddo/'O Quiz, 1972Non c’è (quasi) traccia di Rosetta Del Nilo, in rete, se non del fatto sia stata pubblicata da Presence, realtà discografica napoletana nata a fine anni ’60, con uno storico di uscite all’epoca piuttosto prolifico. Tra gli sparuti commenti sotto il video YouTube di Friddo, brano del 1972, riusciamo a ricostruire fosse di origini catanesi, ed apparentemente è scomparsa in modo prematuro, poco dopo l’inizio della sua carriera, a causa di un incidente stradale. I versi malinconici (ma sostenuti dal solito ritmo mediterraneo, che proprio qui comincia a diventare un trademark) sono in napoletano (come spesso è accaduto nella tradizione siciliana dagli anni ’70). Stavolta, però, raccontano di un grande tema della canzone italiana, cioè della fine della stagione più amata: «Freddo, ti sei portato via l’estate scordandoti di me».
Sirene
Gianni Bella
Io canto e tu, 1977Fratello di Marcella, dopo un esordio come cantante e chitarrista Gianni Bella inizia a scrivere e fare la musica ispirato da ritmi e parole dal simile richiamo. Tratto dal suo secondo album, Sirene mescola influenze soul, funk a inserti vocali romantici, da qualche parte tra Alberto Radius e i Nu Genea.
Tu sei la mia musica
Tony Ranno
3° Festival Della Nuova Canzone Siciliana, 1982La particolare storia di questo pezzo è legata alla sua partecipazione al (dimenticato) Festival Della Nuova Canzone Siciliana, rassegna inaugurata nel 1953 (e terminata con uno storico di 11 edizioni), e che in quegli anni stampava vinili celebrativi, contenenti le canzoni in gara. In quel periodo, a condurre è Pippo Baudo, poco prima di avere la sua definitiva consacrazione in Rai.
Cioè... troppu pazzescu
Piscarias
Ova, Opi & Rock'n Roll, 1984Altra band cult (stavolta della storia catanese, in particolare), Angelo Romeo, Dario Stivala e Salvo Lo Vecchio alias Pisacarias (il nome è un riferimento alla famosa pescheria di Catania, nel centro storico della città) sono una centrifuga di anni ottanta in salsa funk che gioca su stilemi, peculiarità e riferimenti legati alla città dell’elefante. Una conferma, lo spoken-word giocherellone e matto (che si alterna a synth che ancora oggi suona incredibilmente fresco) di Cioè… troppu pazzescu, tra i brani più memorabili del gruppo.
Fatte allà
Carmelo Zappulla
Immenso, 1984Siracusano poi successivamente trapiantato poco più che ventenne a Napoli (strano, eh?), inizia il suo successo a fine anni settanta con un brano a firma Nino D’Angelo, Pover’ammore (che lo includerà anche nel suo Celebrità, nel 1980, ricantandolo). Tratto dall’album Immenso, Fatte allà è una classica jam funkettona dall’aria spensierata, che continua il racconto di quell’inscindibile link tra Napoli e la Sicilia in quegli anni.
La collegiale (Messicana)
Mino Germani
Lasciati Baciare, 1986Folk esotico, ritmiche disco e di nuovo un incalzante racconto d’amore sofferto. Altro giro, altro ritrovamento che parla di radici, ma che ci porta però anche un elemento particolare, che comincerà a diventare ricorrente in quegli anni: il cantato in napoletano (come abbiamo già visto per Zappulla e Del Nilo). Questione radicata profondamente nella storia della canzone popolare siciliana, la scelta di ispirarsi ai primi neomelodici trova correlazioni socio-culturali molto specifiche di quel periodo: le alleanze tra mafia e camorra degli anni ’70, la vasta diffusione di dischi di autori napoletani nell’isola (che vanno spesso a toccare temi molto simili, tra amore, sofferenza e criminalità) e l’influenza specifica di artisti dell’epoca, che cominciano a diventare molto celebri e imitati. Tra tutti, Nino D’Angelo.
La Isla Bonita (Esisti solo tu)
Tuccio D'Amico
San Valentino, 1988Tra le note dell’omonima e celebre canzone di Madonna, che viene riadattata come base per il brano, una voce femminile dedica pensieri d’eterno all’innamorato. Come elemento ricorrente, profondamente radicato nella storia della musica popolare siciliana (specie di questo tipo), il cantato è rigorosamente in lingua napoletana (vedi sopra).
Taranta
Kunsertu
Shams, 1989Storico gruppo messinese nato sul finire degli anni settanta, per i Kunsertu c’è sempre stato un occhio di riguardo quando si scava nei ricordi della musica che parla di Sicilia orientale. L’album Shams, che contiene le ritmiche vibranti di Taranta, è uno dei tasselli della loro importante (quanto sotterranea) storia di musica folk e altromondismo siciliano.
Sole
Jano Zappulla
Sole, 1992Cosa sappiamo di questo brano? Praticamente nulla, o quasi, anche perché l’autore ha pubblicato solo tre dischi (incluso quello in questione), per poi sparire ad inizi anni novanta. La lingua? Il napoletano, che domande. E una curiosità, che siamo riusciti a trovare scavando tra i crediti del disco: ci figura Enzo Rossi, lo stesso Enzo Rossi che sbuca tra quelli di Lasciatemi cantare. Di che parliamo? Dell’album d’esordio di un certo Gigi D’Alessio.
Ma guarda guarda
Alfio Antico
Antico, 2016Prodotto da Colapesce e Mario Conte, l’album (e il pezzo in questione) proseguono il racconto di ballate e canti popolari che hanno reso peculiare la penna (e soprattutto il tamburo) di Alfio Antico, tra echi di campagne e sentieri sperduti dell’entroterra siracusano.