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12 canzoni da ascoltare nella Giornata contro la violenza sulle donne

Dalla denuncia dell’omertà maschile fatta dalle Raincoats al pezzo di Lady Gaga contro la violenza sessuale nei campus americani, ecco come autrici e interpreti hanno trasformato i traumi in musica

Foto: Kevin Winter/Getty Images

Omertà maschile, complicità della polizia, menzogne, corruzione del sistema giudiziario. Ma anche la necessità di reagire e mettersi la violenza alle spalle.

Dalle Raincoats che una quarantina d’anni fa cantavano di un uomo violento a cui tutto è perdonato in quanto militare a Lady Gaga che nel 2016 ha portato sul palco degli Oscar il tema della violenza sessuale nei campus, dal rock elettrico delle Bikini Kill ai suoni sofisticati di Joni Mitchell fino alle canzoni a cappella di Tracy Chapman e Tori Amos, ecco come autrici e interpreti hanno trasformato i traumi in musica.

Amanda Palmer cerca di scuotere un’amica che viene picchiata e non reagisce, le TLC cantano della quindicenne di colore che nel 1987 ha accusato di violenza sessuale quattro uomini bianchi senza essere creduta, le Chicks mettono in musica una vendetta contro un marito violento. E Fiona Apple invita a mettersi tutto alle spalle, per non essere vittime per sempre.

“Off Duty Trip” The Raincoats (1979)

Nella seconda metà degli anni ’70 il punk ha fornito alle ragazze uno strumento attraverso cui esprimersi ed essere orgogliose di farlo. Questo pezzo delle inglesi Raincoats, tanto amate da Kurt Cobain, è tratto da una storia vera. Una coppia nel parco, lei urla, nessuno fa nulla perché lui è un militare e “la vita del soldato è dura”. “Join the professionals” recita il ritornello che punta il dito contro l’esistenza di un codice professionale omertoso attraverso uno slogan per attirare reclute.

“Behind the Wall” Tracy Chapman (1988)

Niente musica, solo voce per un racconto di ordinaria violenza. La cantante sente delle urla provenire dall’appartamento dei vicini dei casa: il marito sta picchiando la moglie. Chiamare la polizia non serve a niente, in quei quartieri: se arrivano, arrivano troppo tardi e dicono di non volere interferire con il ménage famigliare. Era il 1988 e non era un tema di cui si cantava tutti i giorni.

“Me and a Gun” Tori Amos (1991)

Non è una delle canzoni più famose di Tori Amos, ma è una delle più influenti per la crudezza con cui la cantante racconta lo stupro subito a Los Angeles quando aveva 21 anni, alla fine di un concerto (l’uomo aveva un coltello, non una pistola). Pur essendo cantata a cappella è stata pubblicata come singolo. Ha l’aria di un inno religioso e un ritornello pazzesco: “Eravamo io e una pistola / E un uomo dietro di me / E cantavo ‘holy holy’ mentre lui si slacciava i calzoni”. Il particolare dell’inno intonato durante la violenza è vero: lo stupratore le impose di farlo.

“Liar” Bikini Kill (1991)

All’inizio degli anni ’90 il movimento delle riot grrls ha portato temi come violenza e parità di genere all’interno della conversazione sul rock, all’epoca decisamente maschilista. “Sei uno stramaledetto bugiardo del cazzo”, urlano le Bikini Kill a un uomo che nega d’essere violento e trae vantaggio dalle sue bugie. C’è anche un passaggio intersezionalista che allora poteva suonare strano, oggi molto meno: “Mangiare carne, odiare i neri e picchiare la moglie sono la stessa cosa”.

“His Story” TLC (1992)

A chi credere quando viene denunciata una violenza? A lui o a lei? E poi, a un uomo bianco o a una ragazza nera? Nel 1992 le TLC ci dicevano che la società tende a credere all’uomo citando il caso di Tawana Brawley, quindicenne di colore che nel 1987 aveva accusato di violenza sessuale quattro uomini bianchi senza essere creduta.

“Not to Blame” Joni Mitchell (1994)

La voce e il piano di Joni Mitchell, la pedal steel di Greg Leisz, il sax soprano di Wayne Shorter accompagnano un’invettiva contro un uomo violento. Il protagonista è un personaggio noto (si pensa ispirato a Jackson Browne, anche per via del riferimento al suicidio della moglie) e la notizia passa di bocca in bocca: “Hai picchiato la ragazza che amavi”. Gli amici dell’uomo “scommettono tutte le loro fortune e la loro fama che lei era inopportuna e a te non si può dare la colpa”.

“Sullen Girl” Fiona Apple (1996)

Sullen Girl significa ragazza imbronciata. “È così come mi chiamano, ragazza imbronciata? Non sanno che navigavo acque profonde e quiete finché lui non mi ha gettata sulla spiaggia, ha preso la mia perla e mi ha lascia così, un guscio vuoto”. È il racconto di uno stupro subito a 12 anni d’età. Ma anche del rifiuto di trasformarsi in una vittima a vita. «Quell’esperienza mi ha resa più forte», ha detto la cantante, «mi ha insegnato parecchio su chi sono e su com’è la vita. Capitano cose che ti fanno soffrire, ma non devi ingigantirle. Sono stata stuprata. È finita, è passata. E ho imparato qualcosa».

“Goodbye Earl” Dixie Chicks (1999)

Il country ha una bella tradizione di canzoni di vendetta femminile. Questa è la storia di due amiche di scuola, Mary Ann e Wanda (nel video la Jane Krakowski di Ally McBeal). La prima va a vivere altrove, la seconda resta in città e si sposa con Earl, un marito violento contro cui la donna ottiene un provvedimento restrittivo. L’uomo lo viola e “la manda in terapia intensiva”. Mary Ann torna in città e decide con l’amica di ammazzare il bastardo. Lo avvelenano e fanno sparire il corpo. Amen.

“I’m OK” Christina Aguilera (2002)

“C’era una volta una ragazza”, canta Christina Aguilera all’inizio del pezzo, ma non è una favola, è un pezzo scritto con Linda Perry sulle violenze subite dalla cantante e dalla madre a opera del padre. Il finale è positivo: “I lividi svaniscono, papà, ma il dolore rimane / E ricordo ancora quanto mi spaventavi / È stata forte la mamma a darmi tutto il suo amore / Ogni mattina mi sveglio e mi guardo indietro / Ma sto bene”.

“Delilah” The Dresden Dolls (2006)

La storia di una relazione abusiva piena di immagini prese dalla vita sbandata di Amanda Palmer da teenager. C’è una ragazza che pensa di essere innamorata del suo aguzzino e c’è la cantante che le apre gli occhi: “No, non lo sei, ti piace essere usata” e “Ti menerà come un cuscino”. La parte “Hai bisogno di un passaggio, Delilah? Vediamo quanto forte si può andare” è stata scritta con in testa il film Thelma & Louise.

“Oblivion” Grimes (2012)

La canzone parla della paura di uscire di casa la sera dopo essere stata aggredita con violenza. L’arrangiamento elettronico giocoso in contrasto con il tema è voluto: Grimes ha detto che è un modo per depotenziare il potere dei maschi e superare la sensazione di impotenza, rendendo la storia leggera e pop.

“Til It Happens to You” Lady Gaga (2016)

Scritta per il documentario The Hunting Ground sulla violenza sessuale nei campus americani, chiede empatia per le vittime: “Finché non succede a te non sai come ci si sente”. Agli Oscar nel 2016 Lady Gaga l’ha cantata circondata da 50 sopravvissute a violenza sessuale. La stessa Gaga ha detto di avere subito violenza quando aveva 19 anni.

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