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Eurovision 2021: il meglio e il peggio della serata

Come nel mondiale 2006 battiamo i francesi che se la sentivano già in tasca. I Måneskin terremotano il palco con una grande prova e raccolgono il numero di voti più alto da parte del pubblico

Foto press

Non è stata una serata facile. Per diversi minuti sentendo parlare di Moneskin, pensavamo avessero squalificato Damiano e soci mettendo una cover band. Poi abbiamo capito che eravamo in una di quelle dimensioni parallele in cui sembra di stare dentro una di quelle telecronache sportive in cui il giornalista ha scoperto da fonte certa (uno del pub vicino allo stadio della stessa nazionalità del campione appena arrivato in serie A) la pronuncia di un cognome complicato e se lo gioca fiero a ogni azione. E dopo anni che suonano questi ragazzi, Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio svelano all’Italia e soprattutto al pubblico Rai che quella å non è muta e che in danese, così come in bolognese e in bresciano, è quella tipica o che dici con la voce impastata quando sei ubriaco. Che poi è la condizione migliore in cui vedere l’Eurovision Song Contest. Ecco il meglio e il peggio della serata.

Meglio: la rapper russa Manizha

Il rap-reggaeton Russian Woman è un inno femminista trascinante e coraggioso, osteggiato in patria dai religiosi ortodossi (tra le improbabili accuse anche quella di favorire l’odio inter-etnico solo perché si permette di ricordare le difficoltà della minoranza tagika) e dalla presidentessa della Camera, fedelissima di Putin. Se aggiungiamo che la nostra eroina è un punto di riferimento del movimento lgbtq+, vorremmo chiedere per lei asilo politico a Rotterdam. Porta il suo messaggio di incoraggiamento alle donne russe con la poesia di chi conosce bene la trincea in cui combatte: esce da una bambola enorme vestita con pezzi di stoffa provenienti da tutta la federazione russa, cucito da sua madre. Donne fantastiche quelle della sua famiglia, visto che la nonna fu la prima donna tagika a togliersi l’hijab.

Peggio: ‘Embers’ di James Newman, ed è subito Brexit

Intendiamoci, gli inglesi all’Eurovision Song Contest stanno come la Superlega al calcio. Ma Newman ci ricorda perché in fondo la Brexit non ci addolori poi così tanto. Non si sentiva una canzone così brutta in inglese da anni, con una base da pianola Bontempi e una capacità rara di non cambiare mai ritmo e mood. Una monnezza rara, come dicono quelli bravi. E non è facile prendere zero punti da ben 39 giurie di qualità (meno sobrie dei cantanti in attesa dei voti, va detto), sospettiamo sia un record. Mai così meritato, comunque. Da dieci il modo di festeggiare l’ultimo posto, pieno di alcol gettandone un po’ verso il pubblico.

Meglio: i Måneskin che fanno ballare pure gli avversari

Dopo troppo trash pop – la serba Loco Loco è così brutta che fa il giro e finisce per piacerti –, qualche follia elettronica e raffinate presenze incomprese pure dalle giurie professionali (come The Wrong Place degli Hooverphonic del Belgio e Love Is On My Side di Black Mamba del Portogallo), hanno letteralmente terremotato il palco con un live da urlo. Questi ragazzi hanno una capacità eccezionale di stare sul palco, fanno ballare pure gli avversari (su tutti il tedesco Jendrik e la greca Stefania, di cui ci siamo tutti perdutamente innamorati). Poi si prendono i 12 punti da Ucraina, Croazia, Slovenia e Georgia, dieci punti da un’altra mezza dozzina di paesi e l’incomprensibile zero da troppi altri. Ma ci fosse stato l’applausometro l’avrebbero fatto saltare in aria. Non sbagliano un colpo questi ragazzi. E sono sexy pure quando si scolano tutta la scorta alcolica del loro divanetto. Sogniamo di vederli fare l’alba con i finlandesi Blind Channel – che sembrano i loro fratelli maggiori truzzi – perché hanno detto a tutti quanti che pure in questo carrozzone alla fine quello che ti fa alzare, urlare e ballare è il rock (Blind Channel e Måneskin hanno avuto dal pubblico più voti di tutti). I 318 punti dal pubblico europeo ci dicono che a Sanremo questi ragazzi ci torneranno al massimo come superospiti.

P.S.: i francesi ci hanno ignorato nella votazione della giuria di qualità. E noi li abbiamo battuti pure questa volta. Mondiali 2006-Eurovision Song Contest 2021: non vi passerà mai.

P.P.S.: cosa avrei dato per vedere questa edizione dell’ESC con sua maestà Manuel Agnelli. Me lo immagino che al momento della proclamazione della vittoria dei suoi pupilli gli esce una lacrima. Ovviamente a torso nudo.

Peggio: «Non ci posso credere, Enrique Iglesias!»

Come cantava Samuele Bersani? “Sei solo la copia di mille riassunti”. Ecco cosa sono lo spagnolo che sembra Enrique Iglesias (ed è subito Ciro Priello, Fru e Fabio Balsamo dei The Jackal); Barbara Pravi, francese, che prova a imitare Edith Piaf come se fossimo a Tale e quale e frega tutti, ma non i francofoni; le serbe che provano a far finta di essere le Kardashian; le donne sul palco che hanno riscoperto il lamé argentato, perché l’immaginario erotico europeo legato alla donna è tutto uguale, da decenni: look catarifrangente, spacchi alla Belen, trucco pesante, estensione fino al sedere come se tutto si fosse fermato a inizio anni 2000. Roba che le commediesexi avevano una considerazione della donna decisamente più strutturata. Alla fine l’unico lamé argentato che stava davvero bene a qualcuno era di TIX, il norvegese con la sindrome di Tourette che lotta contro il bullismo. Il conformismo è il peggiore nemico della musica moderna, ma vedendo chi ha vinto scopriamo che il pubblico è migliore di critici e produttori. E pure stilisti.

Meglio: nessun sequestro, prima la musica

Vi diciamo solo che poco dopo le 23 avevamo sentito tutte e 26 le canzoni. Poi è vero che per dare tempo al televoto di esprimersi (sia benedetto, visto che ha dato la vittoria ai Måneskin, ancora più importante contando che dall’Italia non potevamo votarli) si sono ammassati ex vincitori, esibizioni improbabili inframezzate da scene da studio da festa in discoteca di fine liceo, ma vuoi mettere con Sanremo che ti sequestra fino alle 3 di notte e ti rilascia solo su cauzione? Certo, c’è qualcosa da rivedere sulla gestione temporale del voto. Due ore e trenta minuti di musica, quasi due tra televoto, performance riempitive e la lunghissima doppia assegnazione di voti di professionisti e pubblico. Ma qualcosa da imparare sulla gestione del palco (ogni cambio durava 45 secondi) e sulla centralità della musica ce l’abbiamo.

Peggio: I costumi

I tedeschi oltre ad aver rimediato una figuraccia – tre punti dalla critica e nessuno dal pubblico – vincono però nel reparto costumi demenziali. Mentre Jendrik canta una donna vestita da mano che fa il segno della vittoria si agita in modo inconsulto. Talmente tanto che l’indice spesso va giù e rimane in alto solo il medio e subito pensiamo a una svolta punk dell’ossigenato cantante teutonico. Pensavamo di aver visto tutto a Sanremo con i vestiti di Orietta Berti, ma all’Eurovision Song Contest ti fanno sempre sospettare che gli artisti possano entrare solo se vestiti molto male: una sorta di selezione all’ingresso al contrario. Per fortuna Damiano, Victoria, Thomas e Ethan erano fighi da fare schifo. Ora scusate, ma vado a comprare la salopette che aveva il nostro cantante preferito.

Meglio: Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio

Che paura ci avevano fatto nei primi venti minuti, aspettando l’ESC. Poco sincronizzati, goffi nelle battute, sembravano non azzeccarne una. Poi, come gli atleti, comincia l’agonismo e entrano in partita: al momento dei voti rendono emozionante una procedura troppo lunga e tengono alti ritmo e attenzione. Ci piacciono persino le esultanze alla Lele Adani, a un certo punto sognavamo che urlassero “la garra charrua!”. Durante le esibizioni se la cavano egregiamente sfruttando il metodo Gialappa’s, quello del commento fuori campo (format sempre troppo sottovalutato). Corsi doma il puledro imbizzarrito Malgioglio, che non le manda a dire e massacra qui e là con il sorriso sulle labbra (e peraltro è tra i pochi a capire che figata sia il pezzo degli ucraini), il momento dello spogliarello finale di fronte alla solita professionalissima Carolina Di Domenico (vogliamo ricordare quanto è brava e che in radio è una bomba?) è da storia della tv. Tra i calzini gambaletti del buon Gabriele e il boxer salviniano di un ipereccitato Malgioglio, non riusciremo più a comprare biancheria intima con la giusta serenità.

Peggio: I divanetti

Sì, le postazioni dei concorrenti sono una delle cose più cheap che si siano mai viste. Roba da sala d’aspetto di hotel che ospita congressi sfigati: studio clamoroso, precisione straordinaria nei cambi di palco e scenografie, cura estetica delle “cartoline”, organizzazione impeccabile del primo grande live internazionale televisivo degli ultimi 14 mesi (che bello vedere il pubblico festante) e poi ti perdi con i divanetti da studio medico anni ’80. Per fortuna c’era alcol a volontà sui tavoli e non riviste e rotocalchi. E non venite a dirmi che anche nelle altre edizioni erano simili, perché non è una buona scusa. Siamo passati dal Superbowl all’amatriciana a una sala bingo di periferia nel giro di dieci minuti. Un trauma difficilmente superabile. Ma anche sticazzi, abbiamo vinto! E battendo i francesi! Cosa può esserci di più bello? Dove sono Materazzi e Zidane quando servono? Siamo noi, siamo noi…

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