Tamarro, truzzo, maranza, coatto, cozzalo, vrenzola. E così via, in un ricco menu di sottovarianti regionali di ciò che nel villaggio globale è diventato trash. Termine che però non riesce a tradurre tutte le sfumature di senso del neologismo tamarraggine, concetto che in realtà è ancora tutto da approfondire anche nel nostro vocabolario: è ora di rigettare con forza la definizione classista del Sabatini Coletti — “Giovane provinciale o di periferia che si sforza di adeguarsi ai modi di vita cittadini, ma in maniera eccessiva, volgare” — dopo decenni di tamarraggine metropolitana e mediatica.
E se è innegabile l’esistenza di tanta musica genuinamente truzza, ben più interessanti sono quei territori di confine tra la vera tamarraggine e la sua parodia. Ecco quindi una piccola antologia di canzoni che sono un autentico catalogo di stereotipi trash, capitoli dell’evoluzione storica e geografica dell’homo tamarrus negli ultimi quarant’anni, tra volgarità, immaginario erotico, slang, abbigliamento, modelli sociali e culturali. Ritratti dei quali si ride, probabilmente per esorcizzare la paura di rispecchiarvisi. E allora forse è il caso di porre anche a noi stessi la domanda che vorremmo rivolgere agli interpreti in questione: ci sei o ci fai?
Il rock dei tamarri
Tony Tammaro
1989Ci fa, decisamente, il re della musica tamarra. Vincenzo Sarnelli in arte Tony Tammaro, figlio del cantante e chitarrista Egisto, ha votato la sua intera esistenza artistica alla parodia della tamarraggine partenopea nelle sue mille sfaccettature, tra concerti, dischi e tv (andate a cercarvi la sua Tamarradio). Questo pezzo, tratto dall’album d’esordio Prima cassetta di musica tamarra, non è che il primo manifesto della sua arte, celebrata lo scorso dicembre con una Notte dei Tamarri in Piazza del Plebiscito. Genio.
‘O tiempo se ne va
Squallor
1983In principio furono gli Squallor a interpretare, in maniera credibilissima, i panni dei tamarri ante litteram. Anche se in realtà questo aspetto è solo una piccola parte di quell’universo grottesco e triviale creato ad arte da Alfredo Cerruti, Daniele Pace, Totò Savio e Giancarlo Bigazzi, esponenti di primissimo livello dell’industria discografica del tempo. Un cortocircuito culturale e un’esperienza difficilmente replicabile, che in tanti stanno riscoprendo.
Il funkytarro
Articolo 31
1996Gli anni ’90 salutano l’ascesa del tarro, le cui gesta sono qui cantate dagli Articolo 31 nell’anno di grazia 1996. Un brano che sintetizza i desideri più inconsci del narratore, che un po’ ci è e un po’ ci fa, “Funky come Pino D’Angiò, però tarro come Massimo Ciavarro”; ma che non manca di tributare con riverenza i padri fondatori del genere: “Io sono quello che impennava con il Ciao con la maglietta degli Squallor Arrapaho”.
Entro in pass
Il Pagante
2016Il maranza, evoluzione della variante meneghina del tarro, è messo in musica dalla band Il Pagante (che peraltro intitolerà il suo secondo album Paninaro 2.0). Il termine è già attestato nell’uso comune durante gli anni ’80, ma acquista un significato più pregnante una volta accostato al fenomeno dei discotecari. Amante della trap e della drill, il maranza doc vuole essere ancor più appariscente dei suoi antenati. E, come dimostra il video, ci riesce.
Supercafone
Piotta
1999Regione che vai, tamarro che trovi. Ce lo ricordiamo tutti, l’ultimo tormentone estivo del secolo scorso. Esaltato dal video dei Manetti Bros. con Valerio Mastandrea e Angelo Bernabucci, il rapper romano racchiude in un solo brano tutta l’essenza del trash di ispirazione capitolina. Su una base campionata da Tyrone Davis scorrono come in una lunga serie di credits i nomi (tra gli altri) di Lando Buzzanca, Franco Califano, Mario Brega, Gianfranco Funari, Er Monnezza e del Manuel Fantoni di Borotalco. Un Olimpo romanesco in cui può mancare il giovane Totti, i cui “versi” più noti sono citati dalla maglia indossata all’inizio del video: “Vi ho purgato ancora”.
Coatto classico
Coronetta
2021Che poi, a essere filologici, il tamarro romano è il coatto. Termine che il dizionario Treccani definisce in quarta accezione come “individuo rozzo, dalla parlata volgare e dall’abbigliamento privo di gusto, che vive nelle zone suburbane, nelle borgate” (riecco la questione classista e topografica). Ispirandosi alla celebre Radio Coatta Classica di Lillo e Greg, Coronetta intende «dare risalto al lato umoristico del romano medio» con un testo che, come molti degli esempi citati, è costruito sul canovaccio di un elenco di caratteristiche o di azioni quotidiane. L’abc dell’essere coatto.
Te si mangiate la banana
Leone Di Lernia
1994Al confine tra l’esserci e il farci ci sono due grandi vecchi del trash moderno. Il primo è il compianto Leone Di Lernia, in attività sin dalla fine degli anni ’60 e capace di guadagnarsi a spallate la notorietà nazionale, dopo aver impallato per anni gli inviati a San Siro di 90° minuto e Quelli che il calcio. Il suo format è semplice quanto eterno: prendere una hit (nel caso in esame The Rhythm of the Night) e tradurla nel dialetto di Trani, condendola di doppi sensi a sfondo sessuale.
Trapanarella
Gigione
2012L’altro nume tutelare è lui, Luigi Ciaravola in arte Gigi One (tentato anglicismo ben presto compresso in Gigione). Alfiere del trash campano capace di attraversare almeno tre decenni di carriera riempiendo (assieme al figlio d’arte Jo Donatello) le piazze di tutto il mezzogiorno e dei paesi europei in cui è più massiccia la presenza di immigrati italiani. Anch’egli dedito ai centoni in stile Leone Di Lernia, si è specializzato in quello che potremmo definire genere agro-erotico, esemplificato alla perfezione da questo brano scritto da Franco Staco nel 1991 e tornato misteriosamente in voga di recente.