L’Italia e il metal – in tutte le sue declinazioni – vantano una liaison lunga e solida. Il genere gode da sempre di uno zoccolo duro di fan agguerriti. Ma a parte il fandom solido e nutrito, il metal italiano vanta molti protagonisti che negli studi e sui palchi lo hanno suonato e continuano a suonarlo.
Per l’occasione faremo un viaggio indietro nel tempo, tornando al decennio che per l’heavy metal rappresentò una vera rinascita in tutto il mondo: gli anni ’80. E andremo a rievocare i fasti delle band che nel nostro Paese, in quel periodo, suonavano e pubblicavano dischi (spesso da emergenti o esordienti) e che a oltre tre decenni di distanza sono divenute quasi leggendarie. Per farlo abbiamo scelto 10 (sono pochissimi, è vero) fra LP ed EP di metallo italiano degli anni ’80, imperdibili per fotografare un periodo vivissimo e fondamentale per il genere.
Nota: i 10 dischi selezionati sono citati in ordine cronologico e alfabetico in caso di annate coincidenti, non c’è quindi alcun giudizio di valore legato alla posizione nell’elenco. Nell’articolo sono contemplati solo gruppi che hanno effettivamente pubblicato dischi fra il 1980 e il 1989, ragion per cui è rimasto escluso qualche nome che, pur essendo attivo negli anni ’80, ha inciso solo nel decennio successivo (o non ha realizzato nulla a parte demo tape).
“Game Over” Vanadium (1984)
A metà degli anni ’80, Pino Scotto e i suoi pubblicano il terzo album: in Italia sono, in quel momento, la realtà metal/hard rock più importante a livello di riconoscimenti, fama e discografia. Con quasi 55 mila copie vendute, l’album è un successo e segna l’implementazione di sonorità più mature pur rimanendo fedeli alle strutture hard & heavy – fra hard anni ’70 e NWOBHM con lievi tocchi AOR. Il tour promozionale è molto ben accolto e porta la band a essere chiamata per una serie di date come spalla di Motörhead e Twisted Sister. Piaccia o no, i Vanadium sono stati pionieri (e non solo), conquistandosi uno status leggendario, almeno per quanto concerne la storia del metallo in Italia.
“The Long Loud Silence” Astaroth (1985)
L’attacco dei legionari “de Roma”: ricordata da molti – ingiustamente – solo per il look da centurioni delle milizie di Giulio Cesare, la band capitolina fu tra le primissime a firmare un contratto con una label straniera (la Rave-On olandese aveva nel proprio roster i Mercyful Fate di King Diamond: mica bruscolini). Il loro metal piuttosto classico in stile NWOBHM con iniezioni di speed/power è maturo, entusiasmante e perfettamente al passo coi tempi: a testimoniarlo, purtroppo, c’è un solo EP, The Long Loud Silence. La band si sfalda quando, in seguito alla decisione di trasferirsi negli States per cercare fortuna, non raccoglie i frutti sperati. Se trovate il disco, fatelo vostro: è piuttosto raro, ma ne vale la pena.
“The Day of Wrath” Bulldozer (1985)
Nonostante siano ritornati sulle scene nel 2008, la golden age dei meneghini Bulldozer è tutta racchiusa negli anni ’80: fra il 1984 e il 1998, infatti, hanno consegnato al mercato tre LP semplicemente fondamentali e un 7” (l’esordio, raro e ricercato, autoprodotto). Il sound della band capitanata da A.C Wild è, in quel momento, devastante e questo esordio su album – prodotto nientemeno che da Algy Ward (Damned e Tank) – è un vero pugno alla bocca dello stomaco, distillando la violenza motörheadiana fino al parossismo, condendola di velocità, blasfemia venomiana e voglia di andare oltre. Non per nulla il disco, anche se è un debutto, esce per la blasonata Roadrunner, a testimonianza della validità della loro proposta a livello internazionale. Ottimi, ovviamente, anche gli album seguenti: The Final Separation, IX e Neurodeliri.
“Dirty Armada” Skanners (1986)
Ancora attivi tutt’oggi, dimostrando una longevità e una tenacia non comuni, i bolzanini Skanners si formano nel 1982. A metà anni ’80 lasciano un’impronta indelebile con l’album d’esordio Dirty Armada, che li vede protagonisti di un heavy metal che omaggia grandi del genere come Judas Priest, Accept e Scorpions, con qualche piccola incursione in territori più vicini all’AOR. A premiarli ulteriormente è una professionalità elevatissima, che si riflette in un lavoro in studio encomiabile per qualità dell’incisione e livello della produzione. Questo LP unisce melodia ed energia, hard & heavy, toccando apici che pochi altri avrebbero sfiorato in seguito in Italia.
“The Story of Death SS 1977-1984” Death SS (1987)
Il termine “leggenda” per i Death SS è quanto mai appropriato – e nessuno può ragionevolmente obiettare in proposito. Dopo un demo, alcuni pezzi in compilation e un 7” molto raro pubblicato – e ritirato dopo poco – dalla benemerita Electric Eye (con marchio Metal Eye) nel 1983, il gruppo entra nel limbo anche per via di una serie di traversie e attriti interni. Nel 1987, però, con il beneplacito e la collaborazione di Paul Chain, la Minotauro dà alle stampe questa raccolta che raggruppa tutto ciò che la band aveva inciso fino al 1983: un documento speciale, a base di metal, rock sepolcrale e punk che dà il “la” a un ritorno del gruppo con l’ottimo album In Death of Steve Sylvester del 1988. Questa compilation, tuttavia, offre uno sguardo sulle origini e sull’originalità di una simile proposta in anni in cui doveva sembrare semplice follia suonare horror music come la loro. Fra vari stop e vicissitudini, il gruppo è ancora attivo.
“We Fuckin’ Care” Extrema (1987)
La band lombarda capitanata da Tommy Massara è ancora ben salda sulle proprie gambe, nonostante ben oltre 30 anni di metal (è stata fondata nel 1985). Questo EP è l’unica produzione anni ’80 degli Extrema – se si esclude il nastro del 1989 Rehearsal 24-02-1989, autoprodotto – e mostra il gruppo nella sua forma primigenia, molto debitrice alle grandi thrash band americane, con qualche leggerissimo tocco hardcore. Del resto l’EP (esiste anche in vinile blu) uscì per la label Sonic Attack, sottoetichetta della bolognese Attack Punk di Jumpy/Helena Velena, nata proprio nell’humus punk. L’EP, prodotto discretamente a livello di suono, lascia chiaramente intendere di essere in presenza di una formazione solidissima nel comparto tecnico e capace di exploit che si concretizzeranno appieno nel decennio successivo. Consigliatissimo ai thrasher amanti del Bay Area sound originale.
“Into the Macabre” Necrodeath (1987)
La Liguria è stata terra fertile per il metallo degli Eighties; i genovesi Necrodeath, che nascono nel 1984 con il nome di Ghostrider (quasi subito poi mutato nella ragione sociale che conosciamo), ne sono una delle più brillanti testimonianze. Il loro esordio su LP è un concentrato di puro thrash/black/death che metabolizza al meglio la lezione di Slayer, Possessed, Kreator, Sodom, Venom e Celtic Frost: un concentrato di violenza scura con striature esoteriche e malvage che ha un’ottima risonanza anche fuori dai confini nazionali. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche l’album seguente, del 1989. Il gruppo è ancora attivo, dopo diversi cambi di formazione e una pausa protrattasi dal 1989 al 1998.
“Back from the Ruins” Vanexa (1988)
Ancora Liguria, ma ci si sposta a Ponente rispetto ai Necrodeath – più precisamente in provincia di Savona dove, nel lontano 1979, nascono i Vanexa – una delle prime band hard & heavy a raggiungere una certa notorietà nazionale, insieme ai Vanadium. Dopo l’ottimo debutto del 1983, passati cinque anni di pausa forzata a causa di una fregatura da parte di un sedicente discografico, i Vanexa tornano con il loro masterpiece: un LP di heavy metal dritto, classico, graffiante e melodico al contempo (e non esente da influenze NWOBHM, così come heavy rock). Probabilmente i brani sono un filo meno convincenti e cattivi rispetto al debutto eponimo, ma il suono e la produzione sono decisamente superiori. Parrebbero ancora in attività e l’ultimo disco pubblicato risale al 2016.
“Main Frame Collapse” Schizo (1989)
Catania, 1984: dalla fascinazione per i Venom (il nome della band è un tributo al trio di Newcastle e cita il titolo di una canzone di Welcome to Hell) nascono gli Schizo. Si tratta di un trio violentissimo dall’animo thrash con striature hardcore e rimandi al black metal. Dopo una tripletta di demo fra il 1985 e il 1987, i ragazzi giungono all’esordio su album con Main Frame Collapse: un disco di culto per tutti gli amanti del metallo più estremo, che chiude gli anni ’80 con un’eruzione di violenza marcia e furibonda, esaltata da una produzione/registrazione grezza, minimale, sporca. Più bastardi degli Slayer e più putridi dei Kreator nei loro intenti, gli Schizo vengono penalizzati per la loro provenienza e una distribuzione poco buona del disco. Ma non demordono e sono infatti ancora in attività – con formazione rimaneggiata.
“Rock & Roll Prisoners” Strana Officina (1989)
Qui siamo nel regno dei giganti del genere: una band che – come lo stereotipo impone – non ha certo bisogno di presentazioni. I livornesi Strana Officina nascono a metà anni ’70; dopo un paio di EP (del 1984 e 1987) raggiungono il traguardo dell’album con questo LP che è ormai una vera pietra miliare dell’hard & heavy made in Italy. Le influenze spaziano dal blues all’hard rock, ma con tanto metal a fare da collante. Energia, melodia, anima e perizia tecnica sono gli ingredienti degli 8 brani (tutti in inglese) che costituiscono Rock & Roll Prisoners. Un grande disco, ma anche – purtroppo – l’ultimo della Strana Officina con i due compianti fratelli Fabio e Roberto Cappanera che perdono la vita in un maledetto incidente stradale nel 1993. La band è ancora attiva, riformatasi nel 2006 dopo un periodo di stop.
BONUS TRACKS
Come si diceva in apertura, 10 dischi sono tragicamente pochi per raccontare una scena come quella metal italiana degli anni ’80 tanto viva e sfaccettata – e, nella prima parte del decennio, anche sotterranea, fuori da ogni circuito che garantisse visibilità. Tutto, almeno fino al 1986, si reggeva sul passaparola, su poche fanzine e sullo scambio di nastri, dischi e informazioni fra appassionati.
Detto questo, un affresco del decennio dell’edonismo in salsa Italian metal non può non comprendere, ad esempio, una menzione per i sabaudi Fil Di Ferro, dediti a un heavy rock/heavy metal con una marcia in più e dalla storia iniziata nei ’70 (da ascoltare gli LP Hurricanes del 1986 e l’eponimo del 1988); oppure, sempre per restare in Piemonte, i Morgana della conturbante Roberta Delaude (un EP omonimo e rarissimo del 1988 su Video Star) e i thrasher torinesi Creeping Death (un album del 1989 dal titolo Errare umanum Est… Perseverare Diabolicum).
Imperdibili gli ottimi metal warrior triestini Steel Crown (in particolare l’album del 1987 Sunset Warriors), i The Black del geniale Mario Di Donato con il loro “metal mentis” (l’unico disco degli anni ’80 è Reliquiarium su Minotauro, del 1989), i cupissimi doomster veronesi Black Hole (Land Of Mistery, City Records 1985).
Ricordiamo sicuramente, poi, i Dark Lord di Mestre da cui proviene il blasonato guitar hero di fama mondiale Alex Masi (da ascoltare i due mini-LP Dark Lord e State of Rock, oltre all’album It’s Night Time, rispettivamente del 1985, 1985 e 1988), i veterani toscani Dark Quarterer (ottimo metal striato di prog, con gli LP Dark Quarterer del 1987 e The Etruscan Prophecy del 1988), i Crossbones del chitarrista Dario Mollo con base a Ventimiglia e autori di un metal molto classico (un solo disco: l’eponimo del 1989 su Dischi Noi). Infine gli Elektradrive di Torino definiti da Kerrang! “Italian AOR gods” per il loro Due del 1989, i ruvidissimi romani RAFF (LP omonimo del 1985 su SPQR) e i loro concittadini Fingernails (album omonimo del 1989 su Cobra Records). E, per chiudere – ma non per finire – i fiorentini Sabotage dei fratelli Caroli che negli 80s sfornano due 12” e due LP tutti da ascoltare (in particolare Hoka Hey del 1989 su Metal Master).