Quando il prog è esploso in Italia i musicisti non si sono fatti pregare per dare sfogo a tutta la loro voglia di concept. È stato quindi arduo scegliere solo 10 tra i tanti dischi “a concetto” che sono stati creati nel nostro Paese negli anni ’70. Oltre a recepire la spinta ad espandere i confini del rock, in Italia si è fatta viva la voglia di raccontare storie e si è passato a saccheggiare miti, leggende, filosofia, psicologia, letteratura, fantascienza, critica sociale… Una lunga serie di argomenti da piazzare in un disco ricordando la parola chiave quando si parla di contenuti nel rock progressivo: metafora.
Tramite la metafora questi album diventano lo specchio dei pensieri di allora, di ciò che spingeva i giovani alla ribellione, alla voglia di fuga e di combattere ciò che non funzionava. Questi lavori racchiudono il sacro fuoco del cambiamento, musicale e sociale, e vengono alla luce in un momento storico nel quale sogno e realtà si confondono senza che mai si perda il senso della lotta. Ecco che i 10 concept album essenziali del prog italiano anni ’70 spingono ancora oggi ad aprire la mente e guardare oltre.
10“Atlantide” The Trip (1972)
Parecchi sono i concept basati sul continente scomparso di cui Platone ha narrato le vicende. Quello dei Trip si distingue poiché si focalizza sulla figura di un leader dai poteri illimitati la cui bramosia condurrà Atlantide alla distruzione. L’album si sofferma quindi sul senso di onnipotenza di chi sta al potere e sulle nefaste conseguenze che esso può generare, ed è reso scoppiettante da un progressive classicheggiante di stampo ELP, con un assolo di batteria finale che per una volta non vuole essere un saggio di mero tecnicismo, ma diventa immagine sonora del crollo e dell’inabissarsi del mitico continente.
9“Inferno” Metamorfosi (1973)
I Metamorfosi scomodano addirittura il Sommo Poeta e propongono una versione musicale della prima parte della Divina Commedia ad uso e consumo dei giovani ascoltatori dell’epoca, utile anche per appassionarli all’originale. La band romana si cala nell’inferno dantesco offrendo una lunga suite che occupa entrambe le facciate, divisa (chiaramente) in gironi. La musica è un vero bombardamento di tastiere analogiche, dal suono grasso e tellurico, con la voce stentorea di Jimmy Spitaleri che trasla le invettive dantesche al presente, smascherando i mali della società moderna.
8“Palepoli” Osanna (1973)
Un viaggio nei meandri di Napoli, dall’antica Palepoli, “città vecchia”, alla moderna Neapolis. La descrizione metaforica di un luogo pieno di contraddizioni e la ricerca di un ambiente che permetta ai singoli di esprimere compiutamente la propria natura. Il disco dà inizio al cosiddetto Neapolitan power, dentro c’è tutta la viscerale energia del capoluogo campano, un suono tra rock, jazz, folk e classica oscuro e labirintico come i vicoli tra i quali è nato.
7“Maledetti” Area (1976)
L’unico concept degli Area racconta di una società futura nella quale la coscienza del mondo è rappresentata da un plasma liquido custodito nel computer di una banca. A causa di un guasto si verifica la dispersione del liquido e la conseguente perdita della coscienza. A quel punto si pongono tre alternative (dalle note di copertina del disco): «a) Potere agli anziani, come depositari della memoria del passato che esclude e respinge la problematica del contingente; b) Potere alle donne, come fornitrici di energia e contributi radicali nuovi, in antitesi alla loro repressione storica; c) Potere ai bambini, come garanzia di libertà e di reinventare la storia con la forza della fantasia». Tutto ciò si traduce in un fantasioso girovagare tra jazz più o meno free, scorribande strumentali ad alto tasso di tecnicismo, (rare) aperture melodiche, caos totale.
6“Storia di un minuto” Premiata Forneria Marconi (1972)
Rendersi conto di chi siamo, quando e cosa viviamo: l’esordio della PFM racconta di un uomo che vede scorrere la propria giornata, dal risveglio alla notte, in un minuto. Metafora del tempo che scorre inesorabile e che porta con sé momenti positivi misti ad angosce esistenziali. La musica segue i relativi saliscendi emozionali con l’inedita formula del Mediterranean rock, tra Moog e tarantelle.
5“Felona e Sorona” Le Orme (1973)
Nel 1973 Le Orme decidono di puntare in alto con un concept (e relativa suite a coprire le due facciate) a tema fantascientifico: due pianeti che vivono rispettivamente nelle tenebre e nella luce, con tutta una serie di vicende collegate alla dualità positivo-negativo, bene-male, eccetera. Alla fine si capirà che l’equilibrio tra i due poli non esiste, i due pianeti infatti si distruggeranno a vicenda mentre il trio Pagliuca-Tagliapietra-Dei Rossi ci dà dentro tra leggiadre ballate folk e momenti prog-bombastici.
4“Ys” Il Balletto di Bronzo (1972)
Forse il concept più tetro del prog: storia dell’ultimo uomo rimasto sulla terra che si ritrova a vagare in una landa spettrale e al quale, col passare del tempo, vengono strappati gli occhi, le orecchie e le corde vocali, per finire straziato da una non precisa entità. Ys (dal nome dell’isola mitica al largo delle coste bretoni) è al 100% opera di Gianni Leone, personaggio originale da ogni punto di vista e geniale tastierista/cantante, che guida la band in un vortice di cori allucinati, Mellotron ossianici, continui cambi di tempo e sfuriate chitarristiche tra psichedelia e noise.
3“Terra in bocca” I Giganti (1971)
Il primo album italiano ad affrontare apertamente il tema della mafia. I Giganti vengono dai successi beat degli anni ’60 (Proposta, Una ragazza in due, Tema) e si ritrovano al cambio di decennio in un mercato completamente mutato. I quattro vi si adattano mettendo in scena una suite che racconta dell’omicidio di un giovane come punizione alla sfida del padre nei confronti del potere mafioso. La conseguente vendetta di questi nei confronti di chi gli ha ucciso il figlio porterà il dramma a conseguenze estreme. Quarantacinque intensi minuti che si snodano tra atmosfere acustiche, innesti jazz e aperture sinfoniche, coadiuvati da session man del calibro di Vince Tempera, Ellade Bandini e Ares Tavolazzi. Le versatili voci del quartetto fanno il resto.
2“Zarathustra” Museo Rosenbach (1973)
I liguri Museo Rosenbach non temono di tirare in ballo un gigante come Friedrich Nietzsche, del quale mettono in musica alcune teorie filosofiche contenute in Così parlò Zarathustra: dall’eterno ritorno alla morte di Dio passando per l’avvento del superuomo. Una possente suite che occupa l’intera prima facciata e tre pezzi più brevi sulla seconda caratterizzano quello che è uno dei più formidabili compendi prog rock a livello mondiale, con aperture sinfoniche e una serie di cambi di tempo e atmosfera sospinti dalla voce versatile di Stefano “Lupo” Galifi, che ci mette la spinta passionale del blues.
1“Darwin!” Banco del Mutuo Soccorso (1972)
Darwin! è uno dei più importanti concept rock. Unisce musiche avventurose e il tema dell’evoluzione dell’uomo. Evoluzione intesa in molti sensi: per l’epoca mettere in dubbio il dogma cattolico dell’uomo creato da Dio fece discutere. Nel disco ci si chiede inoltre quanto questa evoluzione sia stata positiva e quanto tutti in fondo non si sia ancora primitivi. Dentro Darwin! ci sono epopee prog rock, vedi La conquista della posizione eretta, ma anche una delle più belle canzoni italiane: 750.000 anni fa… l’amore?. Bastano un pianoforte e una voce, quella indimenticabile di Francesco di Giacomo, per renderla eterna.