Chi ha detto che il prog è musica fatta in laboratori, artefatta e pensata in ogni millimetrico particolare? Una musica che trova la sua ragione d’essere in studio di registrazione, luogo ove il musicista, come uno scienziato pazzo, può divertirsi a fare combaciare generi diversi in architetture sonore sempre cangianti, con il rischio che il tutto si riveli molto pensato e poco vissuto? Questo non è affatto vero. Moltissimo prog trova vera vita sul palcoscenico. È lì che questo materiale diventa una questone di sangue e passione, dove scompare il presunto intellettualismo e questa forma colta di rock comunica in maniera forte e deflagrante.
Dal vivo i musicisti sul palco cercano di capire quanto certa musica, così elaborata, possa arrivare a chi sta sotto. Negli anni ’70 ci riuscivano alla grande, anche perché molti dei gruppi che hanno fatto la storia del genere non si accontentavano di rifare paro paro il disco, ma impreziosivano il tutto con divagazioni varie e… assoli. Già, gli assoli, croce e delizia del prog: un conto è rielaborare i brani offrendo sorprese che diano senso al concerto, un’altro è lanciarsi in masturbazioni sul proprio strumento. Non si può fare di tutta l’erba un fascio: in alcuni dei 10 dischi capisaldi del prog dal vivo di questo elenco l’assolo è spesso lungo e debordante, ma non si può che rimanere sbalorditi da tanta forza. Il numero di note conta fin a un certo punto. È l’energia che fa la differenza: nella maggioranza dei casi i musicisti erano al massimo 20-30enni. Quindi gioventù, irruenza, anche un poco di faccia di bronzo e sfrontatezza nel mettere alla prova il pubblico, offrire numeri da circo giocosi.
Sbaglia chi dice che il prog si è sempre preso troppo sul serio. Questi ragazzi andavano sul palco e suonavano quello che veniva, cercando di divertire se stessi e il pubblico, mettendo in gioco tutta la loro abilità per offrire anzitutto una performance piena di pathos. Discorso diverso per chi invece se ne fregava di mostrare i muscoli e preferiva concentrarsi sull’arte di rifare sul palco i brani nella maniera più aderente possibile alle incisioni realizzate in studio. Anche in questo caso però guai a perdere spontaneità e calore: ascoltate il live dei Genesis per capire cosa vuole dire essere fedeli, ma allo stesso tempo riportare le canzoni a nuova vita.
Per quello che riguarda l’ascoltatore segnalo che il prog dal vivo non è un qualcosa (come spesso accade) da subire tutti belli seduti e ordinati come si fosse a teatro, tutt’altro: il prog dal vivo si può urlare, cantare, persino ballare. Ricordo a un concerto degli Yes nel 1991 a Milano: nelle gradinate c’erano quelli seduti comodamente, ma davanti al palco c’era una bolgia che arrivava anche a pogare.
10“Bursting Out” Jethro Tull (1978)
Registrato durante il tour europeo a supporto di Heavy Horses, nel maggio-giugno 1978. Le versioni dei brani sono belle toste, con le giuste divagazioni a renderli ancora più intensi. Spicca la presenza di tutti i classiconi del caso in una succulenta antologia di prog, folk, blues, hard rock e molto altro. Da Aqualung a Locomotive Breath passando per un bell’estratto di Thick as a Brick qui c’è tutto quello che c’è da sapere sui Jethro Tull.
9“Live at the Fairfield Halls, 1974” Caravan (1974/2002)
Pubblicato nel 1980 solo in Francia e Germania con il titolo The Best of Caravan Live, Live at the Fairfield Halls, 1974 vede ufficialmente la luce nel 2002. La formazione è orfana di Richard Sinclair, nonostante ciò la riproposizione di classici vecchi e nuovi è fresca e scintillante, i brani corrono via con quella dolcezza pastellata tipica della scena ma anche con una decisa spinta ritmica. Su tutti un orecchio alla suite L’Auberge du Sanglier, qui in una toccante versione.
8“Seguendo le tracce” Banco del Mutuo Soccorso (1975/2005)
Il Banco del Mutuo Soccorso non ha purtroppo pubblicato un album live negli anni ’70. A colmare questa lacuna ci ha pensato nel 2005 l’etichetta specializzata Ma.Ra.Cash Records recuperando un’ottima registrazione di un concerto del 1975. La formazione dei castelli romani è in stato di grazia, i pezzi sono spesso rivisitati e ampliati, vedi su tutti una Danza dei grandi rettili che solo in parte si rifà all’originale e che diventa una composizione nuova di zecca, oppure una Metamorfosi dilatata fino a 25 minuti. I fratelli Nocenzi fanno faville con le loro tastiere, la sezione ritmica svetta potente, Rodolfo Maltese è una garanzia e Francesco di Giacomo… è unico.
7“Vital” Van Der Graaf (1978)
Il disco dal vivo che mette d’accordo prog e punk. I Van Der Graaf (nel ’77-78 si presentavano così, facendo a meno di “Generator”) spogliano i loro brani di tutti gli orpelli e ne offrono versioni scarne, quando non scheletriche. Vital è soprattutto un Peter Hammill teso e spettrale, con la ritmica secca di Guy Evans, il basso di Nic Potter e gli archi di Charles Dickie e Graham Smith. David Jackson fa solo un’ospitata e le tastiere di Hugh Banton sono assenti. Ma non importa, è tutto tanto aspro quanto fascinoso. Spicca la versione di Still Life: un urlo in una notte senza stelle.
6“Welcome Back My Friends, to the Show That Never Ends” Emerson Lake & Palmer (1974)
Possiamo affermare che questo disco è la causa della caduta del prog rock. Non si è infatti mai visto nulla di tanto tronfio e sovrabbondante, non si sono mai sentiti assoli così lunghi e tirati allo spasimo in un triplo album nel quale il trio prende brani già lunghi e ci caccia dentro di tutto fino a portarli a durate dalla mezz’ora in su. Detto ciò Welcome Back My Friends è una vera manna per chi ascolta senza paraorecchie ed è disposto a farsi trasportare in una baraonda di suoni meravigliosamente esagerati, con una Tarkus galattica che ospita la citazione della crimsoniana Epitaph.
5“Playing the Fool” Gentle Giant (1977)
Chi conosce i Gentle Giant sa che la band sfoggiava innumerevoli strumenti, su disco e sul palco. I soliti basso-batteria-chitarra, una pletora di tastiere e poi violini, violoncelli, flauti di ogni tipo. Oltre ciò le armonizzazioni vocali, acrobazie incredibili che spesso seguono i canoni della musica rinascimentale con una forza tutta rock. Un vero laboratorio di possibilità. Pubblicato in epoca tutt’altro che propizia per il prog, Playing the Fool ospita il meglio della band, con brani spesso uniti in spericolati medley nei quali accade veramente di tutto. Una girandola che rischia di fare perdere la cognizione di spazio e tempo.
4“Live in U.S.A.” Premiata Forneria Marconi (1975)
Negli anni ’70 la PFM non era seconda a nessuno in fatto di carica live. Sul palcoscenico i brani della band milanese venivano eseguiti con grande furia e sempre in maniera creativa, inserendo spesso riarrangiamenti e assoli mai strabordanti. Qui c’è la testimonianza di uno dei loro tour americani, quando sembrava che il successo in quel mercato fosse a portata di mano, con versioni fiammeggianti di Four Holes in the Ground e di Celebration. Magnifici poi i 15 minuti dell’inedito Alta Loma Five till Nine: un Franco Mussida al massimo dell’ispirazione.
3“Live in Chicago” King Crimson (2017)
Negli anni ’70 i King Crimson hanno pubblicato due live: Earthbound e USA. Entrambi poco più che bootleg dal suono sporco e poco curato. Dagli anni ’90 in poi, però, Fripp non farà mancare registrazioni dal vivo di ogni epoca, al momento se ne contano almeno un centinaio. Live in Chicago testimonia il lavoro dei King Crimson durante gli anni da parte di una super formazione con tre batteristi e quattro strumentisti d’eccezione. Qui la Crimso-music punta dritta allo spazio, supera ogni barriera ed esplora quasi ogni anfratto della produzione grazie a una scaletta da sogno e a un suono che è puro e gustosissimo delirio.
2“Yessongs” Yes (1973)
Yessongs è il prog dal vivo per eccellenza, con tutti i suoi pregi e i (presunti) difetti. In questo periodo gli Yes hanno più di una ragione per gioire: hanno piazzato nelle classifiche mondiali due capolavori come Fragile e Close to the Edge e si sono imbarcati in un tour mastodontico dal successo stellare. Nel frattempo ci sono stati anche stravolgimenti: il raffinato Bill Bruford ha mollato il colpo sostituito dal più rockeggiante Alan White. In stato di grazia, i cinque pescano dal meglio del loro repertorio infarcendo il tutto con una serie di sipari solisti da lasciare a bocca aperta. Da Siberian Khatru a Starship Trooper, qui è tutto un godere. E c’è pure la versione cinematografica.
1“Seconds Out” Genesis (1977)
Nonostante l’eccellenza di Yessongs, al primo posto ci vanno loro. Orfani da un paio d’anni del carismatico Peter Gabriel, i Genesis non si perdono d’animo, Phil Collins avanza dalla batteria al microfono ed escono due album tra i più belli della loro discografia. Dal vivo poi si fanno aiutare prima dall’ex Yes/Crimson Bill Bruford e poi dall’ex Zappa/Weather Report Chester Thompson. Sul palco i pezzi non subiscono particolari variazioni, ma viene instillata negli stessi una forza, una potenza che li rende superiori alle versioni in studio. Poi la presenza delle due batterie è un qualcosa di speciale, il suono spacca letteralmente. Ascoltate Firth of Fifth, quando Steve Hackett suona il tema centrale ed entrano i bass pedals di Mike Rutherford: sentirete tremare i muri. Poi Cinema Show, Afterglow, Dance on a Volcano, Los Endos… la perfezione prog live.