Aleksej Pažitnov è un ingegnere informatico sovietico impiegato presso il Centro di Calcolo dell’Accademia delle Scienze, all’interno del quale nei primi mesi del 1984 si occupa di riconoscimento vocale e intelligenza artificiale. Nell’anno orwelliano per eccellenza, sarebbe fin troppo ovvio parlare di distopia. Ma Pažitnov passa alla storia per ben altro: tra una funzione e un algoritmo (dico così per dire, non ho la minima idea di cosa si faccia davvero in un centro di calcolo), l’ingegnere tira fuori il suo microcomputer Ėlektronika-60 e inventa un videogioco destinato a un discreto successo anche oltre cortina, il Tetris.
Ora, il lettore ci perdonerà la metafora, se affermiamo che la musica italiana di quarant’anni fa è essenzialmente guidata dagli stessi criteri alla base del noto puzzle geometrico. Se l’intelligenza artificiale e il riconoscimento vocale studiati da Pažitnov sembrano ancora una questione distopica, il centro di calcolo dell’industria discografica planetaria ragiona già per algoritmi: ha debellato gli effetti della crisi del 1979 — dice — grazie alle fusioni aziendali tra le major e alla tecnologia, tanto produttiva quanto ri-produttiva. Il neonato compact disc, prima ancora di sopravanzare il vinile, si rivelerà presto una manna dal cielo, perché permetterà di rivendere tutto il vecchio catalogo a costo zero su nuovo supporto, riducendo — almeno quantitativamente — le nuove produzioni discografiche. Le quali, in un mercato sempre più frazionato in scompartimenti, devono ritagliarsi il loro spazio proprio come i mattoncini del Tetris; soprattutto in Italia, dove gran parte delle forme geometriche vengono dettate dalle multinazionali del disco.
Volendo semplificare, potremmo dire che le strategie a disposizione del giocatore sono due: occupare aree libere assumendo nuove forme e posizioni, oppure consolidare la propria identità andando a cercare spazi laddove nessun altro riuscirebbe a vederli. È poi cambiato così tanto, negli ultimi quarant’anni?
Fotografie
Garbo
Febbraio 1984Tra i nomi che ritornano periodicamente tra le cronache di questi 12 mesi c’è quello di Mister Fantasy Carlo Massarini, il quale è responsabile — almeno parzialmente — anche del temporaneo successo dell’amico Renato Abate, in arte Garbo, esponente della new wave italiana frettolosamente dimenticato dal grande pubblico. In quello stesso anno partecipa a Sanremo confermando la regola non scritta che vuole gli ultimi in classifica premiati dalla critica. Radioclima, brano in questione, converge in questa strana antologia che ricompone le tessere del suo primo periodo, decisamente il migliore.
Crêuza de mä
Fabrizio De André
Marzo 1984È l’album italiano dell’anno, anzi del decennio. Più che un Tetris un mosaico bizantino in cui si incastrano tessere antiche e moderne, atlantiche e mediterranee, lignee ed elettroniche, poetiche e musicali. Quelle centrali, più grandi, hanno un nome: Mauro Pagani (che meriterebbe menzione paritaria in copertina) e Fabrizio De André. Le composizioni del primo, sostanzialmente già finite, trovano nella penna, nella voce e nell’immagine del secondo il tassello mancante per diventare capolavoro.
Puzzle
Gianna Nannini
Marzo 1984Un titolo come questo non può che corroborare la metafora del Tetris, applicata in prima persona dalla più influente donna del pop-rock italiano anni 80. Trainata dal successo di Fotoromanza, Gianna si piazza ai vertici delle classifiche del 1984, superata solo dal primo live di Vasco (Va bene, va bene così). A completare il Puzzle della Nannini, tra tessere rock (Se vai via, L’urlo) ed elettropop (Ballami, Ciao), c’è la mano bavarese di Conny Plank alla consolle.
Mediterranea
Giuni Russo
Aprile 1984Vecchie e nuove forme convivono anche in questo disco, all’epoca il meno battiatesco tra quelli di Giuni Russo, che pur fatica a liberarsi dai riferimenti mistici del maestro in Champs Elysées e Keiko. E fa ancor più fatica ad accordarsi con le forme imposte dalla regia discografica della CGD, il cui interesse principale è replicare il successo delle formule estive scegliendo come tassello iniziale — in disaccordo con Giuni — il singolo Limonata cha cha cha. Riascoltata a distanza di quarant’anni, quella di Mediterranea è la distopica colonna sonora di un’estate al mare mentre le nubi di Chernobyl si addensano all’orizzonte.
Musicante
Pino Daniele
Maggio 1984Tra chi sceglie di consolidare la propria identità modificando le posizioni precedenti c’è anche Pino Daniele. Dopo le scorribande con Wayne Shorter e Alphonso Johnson, Musicante si presenta come un ritorno a casa, per via della forte componente acustica che lo avvicina al sound di Terra mia. Ma la chitarra elettrica battente che apre Keep On Movin’ ci dice che non c’è più spazio per la restaurazione e che la world music così in ascesa nel 1984 è destinata a incastrarsi con un pop destinato a essere sempre più dominante da Ferryboat in poi.
Il grande esploratore
Tony Esposito
Primavera 1984Proprio la world music prodotta in Italia, essendo agli albori, si espone più di altri generi al rischio del cliché. Sin dal titolo, questo exploit di Tony Esposito attraversa i luoghi comuni seducendo il pubblico di massa con Kalimba de luna ma lasciando a ben vedere tracce musicali più profonde. Brani come Terra di fuoco e Lagos nobilitano la firma di un musicista ancora dedito allo studio e alla sperimentazione, come dimostra l’invenzione del tamborder, strumento che caratterizza tutto l’album.
Aristocratica
Matia Bazar
Primavera 1984Di Garbo si accorge anche Antonella Ruggiero, che dopo aver collaborato con lui per Quanti anni hai? lo vuole in un feat ante litteram per la traccia Ultima volontà. Anche per questo, il puzzle sonoro di Aristocratica si accorda di buon grado alle forme della new wave limate in stile elettropop dalla mano attenta di Roberto Colombo, compagno di Antonella, ex PFM e soprattutto produttore dei Matia Bazar. Che nel 1984 esportano il loro occidentalismo sonoro in URSS e in Giappone (dove arrivano secondi al Festival di Tokyo). Altro che vacanze romane.
Gaber
Giorgio Gaber
Giugno 1984Gaber si congeda dai palchi teatrali, giusto qualche mese, nella stagione 1983-’84. Collabora con la moglie Ombretta Colli per Una donna tutta sbagliata e si mette in proprio con l’etichetta Goigest, con cui pubblica questo disco: la più classica delle ripartenze, come sembra indicare il titolo eponimo. Ed effettivamente il suo sound esce trasformato dall’incontro con Mark Harris e, di conseguenza, con i sintetizzatori Fairlight. Ma nel Tetris gaberiano l’elettronica si incastra con il legno delle chitarre acustiche e dei palchi stessi. Citando Io e le cose, “io non so niente / ma mi sembra che due corpi / nel buio di una stanza / debba essere esistenza”.
Cuore
Antonello Venditti
Luglio 1984Anche Roma diventa da bere, verso la metà del decennio, e il Cuore di Venditti si scopre molto più vicino a quello del De Amicis che all’omonima rivista di satira politica. I giorni della contestazione sono lì dietro l’angolo eppure sembrano passati interi decenni; se ne può cogliere l’eco in Qui e L’ottimista, ma per il resto prevalgono i buoni sentimenti. È uno dei primissimi album missati in digitale, segno di ulteiori cambiamenti in arrivo; ma soprattutto è l’album di Ci vorrebbe un amico e Notte prima degli esami.
Italiani mambo
Sergio Caputo
Agosto 1984Quando pensiamo agli anni ’80 come a un’epoca di vuota apparenza, ricordiamoci che in quello stesso decennio emergono personalità come quella di Sergio Caputo, che l’anno prima si è guadagnato un posto tra i classici con Un sabato italiano. A puntare su di lui, gente come Nanni Ricordi, Caterina Caselli e Carlo Massarini (che lo insedia in pianta stabile nella sua trasmissione di culto Mister Fantasy); gente dall’occhio lungo, capace di vedere uno spazio libero che può essere occupato solo da una figura così poliedrica e dal suo jazz-pop al gusto di Citrosodina.
Viaggi organizzati
Lucio Dalla
Settembre 1984Inverte la rotta anche Dalla, ma in direzione opposta, dopo l’acclamata trilogia a cavallo tra anni ’70 e ’80. Si congeda dagli Stadio e da gran parte della sua rodata équipe di turnisti,per lanciarsi in un’avventura elettronica ai confini della dance. Un unicum, prima di riposizionare la bussola verso il pop d’autore con Bugie e Dallamericaruso due anni dopo. Un album divisivo, si direbbe oggi.
Ventilazione
Ivano Fossati
Autunno 1984D’accordo, il rullante di Viaggiatori d’Occidente è il suono più anni ’80 che potremmo immaginare. Ma al giro di boa del decennio la musica di Ivano Fossati inizia a cambiare forma, lasciandosi progressivamente alle spalle le bande che suonano il rock (di stampo americano) per riappropriarsi di una forma canzone autoctona, espressa con quel canto anti-metronomico che da qui in poi diventerà firma stilistica. Un percorso in buona parte parallelo a quello dell’altro grande genovese: a fine decennio, fatalmente, i loro carruggi dovranno pur incrociarsi.
Uccelli d’Italia
Squallor
Autunno 1984Quarant’anni fa anche il politically correct era agli albori. E oggi vale la pena riscoprire l’ornitologia con cui Alfredo Cerruti e i suoi sodali irridono l’industria discografica letteralmente dal suo interno. Irriverenza, trivialità, dissacrazione ai massimi livelli, prima che l’edonismo della Milano da bere renda anche la volgarità telegenica e addomesticata. Per i fondamentalisti del politicamente corretto, la traccia finale è una dedica perfetta.
Paolo Conte
Paolo Conte
Ottobre 1984Un altro Tetris, quello del Mocambo, si completa con l’ultimo brano della trilogia, Gli impermeabili. Sotto le stelle del jazz, per citare un altro titolo, c’è uno chansonnier che ha appena conquistato l’Olympia di Parigi e che, dopo aver codificato una propria personale poetica con Paris Milonga (1981) e Appunti di viaggio (1982), rivolge lo sguardo al disvelamento della sua stessa interiorità, contapponendo all’edonismo imperante un’idea differente di individualità.
Fabio Concato
Fabio Concato
1984
Il 1984 di Concato è tutt’altro che orwelliano. Il delicato cantautore milanese è in stato di grazia anche se il titolo sembrerebbe tradire una stasi di fantasia (è il secondo eponimo di fila, dopo quello del 1982). Rileggendo oggi la tracklist, la si crederebbe un’antologia contenente tutti i suoi successi più noti, con una varietà stilistica senza precedenti. Per quest’ultima, continuando a leggere in quarta di copertina, rendiamo merito alla compagine che attornia Concato: nel disco c’è il gotha dei sessionmen nostrani, la quintessenza analogica del sound di quegli anni.