Il Covid ha fermato la musica dal vivo, ma quella registrata sta benone a giudicare dai dischi usciti nella prima metà del 2020. Ce n’è per tutti i gusti: dal pop delle Haim alle jam spericolate dei Dream Syndicate, dai grandi ritorni dopo otto anni di Bob Dylan e Fiona Apple al soul contemporaneo di Moses Sumney fino al rock più tradizionale di Pearl Jam e Strokes, al mischione di Childish Gambino, al disco postumo di Mac Miller, alle sperimentazioni di Arca e Yves Tumor. Ecco 30 fra gli album migliori usciti da gennaio a giugno.
“There Is No Year” Algiers
Un mix di gospel, industrial ed elettronica horror ispirato al southern gothic di William Faulkner e Tennessee Williams, per raccontare l’ansia e l’esasperazione dell’America contemporanea. La nostra intervista.
“KiCk i” Arca
Il punto più estremo del viaggio di Arca nell’identità. Attraversa in modo audace così tanti stili da creare un non-genere. Le canzoni, incise con la complicità di Björk, Rosalía, Sophie, sono finestre su mondi affascinanti e intimidatori. Ne abbiamo parlato qui.
“Rough and Rowdy Ways” Bob Dylan
La vita, la morte e l’America. L’ultimo di Dylan è un disco crudo e commovente, fatto di autoritratti vertiginosi, immensi giri per l’immaginario americano, un mare di citazioni e canzoni d’amore per la storia. Le nostre impressioni dopo i primi ascolti.
“how i’m feeling now” Charli XCX
Il vero disco della quarantena, ideato e realizzato con la complicità dei fan, una narrazione pop transmediale che passa da picchi di entusiasmo a momenti di down. Qui vi abbiamo raccontato com’è andata.
“3.15.20” Childish Gambino
Per metà album e per metà mixtape, è un disco caotico e assurdo come questo 2020. Parla di algoritmi, violenza, insicurezza, amore. È grandioso e frustrante, un po’ come la nostra vita digitale. Ne abbiamo parlato qui.
“Future Nostalgia” Dua Lipa
Pieno com’è di riferimenti alla vecchia disco music e anche al sound anni ’80, Future Nostalgia è un disco per certi versi passatista. Ma nel bel mezzo della pandemia è diventato una porta d’accesso a una mondo in cui si poteva ancora ballare. La recensione.
“Fetch the Bolt Cutters” Fiona Apple
La cantautrice americana usa ironia e immaginazione per trasformare vicende traumatiche in un’esperienza sonora grandiosa e originale, tutta percussioni potenti e melodie esilaranti. Qui spieghiamo perché è un capolavoro.
“Alfredo” Freddie Gibbs and the Alchemist
Le basi morbide, tutte soul, jazz e R&B di The Alchemist incontrano il flow impeccabile di Gibbs (con vari ospiti tra cui Tyler, The Creator e Rick Ross). Il caldo abbraccio della storia.
“Miss Anthropocene” Grimes
La sempre più controversa cantante canadese veste i panni della dea malvagia del cambiamento climatico in un disco ultra-digitale che suona come la colonna sonora di un film ambientato in un futuro post apocalittico. Potete leggere la recensione qui, mentre a questo link c’è la nostra intervista.
“Women in Music Pt. III” Haim
Le tante facce delle sorelle Haim: riferimenti al pop-rock anni ’70, echi di Lou Reed e Joni Mitchell, un bel po’ di divertimento, un pizzico di depressione. Il disco più potente del trio. La recensione.
“To Love Is to Live” Jehnny Beth
Nell’album che ha iniziato a scrivere la notte in cui è morto David Bowie, la cantante dei Savages si scava dentro con un flusso di coscienza inquietante, testi strazianti e caos elettronico. Una apocalisse privata. La nostra intervista, e la recensione.
“Loom” Katie Gately
Un affascinante collage digitale assemblato al computer, un’esplorazione delle possibilità del software Ableton Live, un rito funebre per la madre della musicista. Quando il sound designing esprime emozioni. La nostra intervista.
“Mordechai” Khruangbin
Nel nuovo album del trio amato da Jay-Z e da Leon Bridges si canta di tempo, memoria, passato. «Ha il suono di una città ricca di diversità come Houston», dicono loro. Ne abbiamo parlato qui.
“Song for Our Daughter” Laura Marling
Una specie di lettera alla figlia che la cantautrice non ha, ma soprattutto una raccolta di canzoni folk contemporanee composte con un gusto classico che non sconfina mai nell’imitazione. La nostra intervista.
“Eternal Atake” Lil Uzi Vert
Un concept che mette assieme rime veloci da strada e senso melodico, una specie di trip in cui Lil Uzi Vert viene rapito dagli alieni. «Vivo come un cartoon, la realtà non fa per me»: ce n’eravamo accorti.
“Good Souls Better Angels” Lucinda Williams
Con la sua voce popolaresca e consumata dalla vita Lucinda Williams racconta pezzi di mondo in tutta la loro problematica verità attingendo al blues. E lo fa con un’intensità che ha pochi pari nel panorama contemporaneo. La nostra intervista, e la recensione.
“Circles” Mac Miller
L’album postumo del rapper, rifinito da quel gran musicista che è Jon Brion, è imperfetto, malinconico e incompiuto. Un po’ come la vita dell’artista. Ne abbiamo parlato qui.
“We’re New Again” Makaya McCraven
Uno dei musicisti interessanti della scena jazz americana reimmagina l’ultimo album in studio di Gil Scott-Heron, I’m New Here. Con lui c’è tra gli altri Jeff Parker, chitarrista dei Tortoise che nel 2020 ha pubblicato l’eccellente Suite for Max Brown.
“grae” Moses Sumney
In grae, disco pubblicato in due parti, Moses Sumney riscrive la musica nera americana mescolando antico e contemporaneo, canzoni intime e universali, suoni fragili e muscolari. Tema chiave: la molteplicità dell’identità. La nostra intervista, e la recensione.
“Cenizas” Nicolas Jaar
Dall’isolamento scelto, non forzato, per tentare di liberarsi da ogni forma di negatività Jaar ne è uscito con un disco apparentemente statico, ma emotivamente forte, cupo, meditativo e alieno.
“Italian Ice” Nicole Atkins
Musica salvifica, tour rocamboleschi, la santa patrona dei malati di mente, influencer chiuse in una casa degli specchi, l’uragano Sandy: Italian Ice è un viaggio nella realtà, nell’immaginazione, nei sogni e nella collezione di dischi country-soul di Atkins. Il disco raccontato traccia per traccia.
“Gigaton” Pearl Jam
Piccoli esperimenti, strumenti scambiati, nuovi metodi di scrittura, sedute di registrazione casalinghe. Per rimanere vivi i Pearl Jam cambiano un po’ di cose. Nei testi, Eddie Vedder ringhia contro Trump e dispensa speranza. La recensione, e l’intervista al produttore Josh Evans.
“Set My Heart on Fire Immediately” Perfume Genius
Quasi una rilettura in chiave queer dello stile dei rocker americani anni ’50 che, racconta Mike Hadreas, «cantavano in modo emotivo e vulnerabile, è musica magica e lenitiva». Ne abbiamo parlato qui.
“Punisher” Phoebe Bridgers
È la nuova regina dell’emo folk. Dopo il bel debutto e le collaborazioni con Conor Oberst e le Boygenius, nel secondo disco evoca lo sguardo tagliente di Warren Zevon e le opere della scrittrice Joan Didion. Morbido e visionario. La nostra intervista, e la recensione.
“I Disagree” Poppy
Potrebbe essere al figlia segreta di Madonna e Marilyn Manson. Ha ucciso il personaggio finto naïf dell’automa che vive in internet e che ha interpretato du YouTube per mettere assieme metal e pop elettronico. Ne abbiamo parlato qui.
“RTJ4” Run the Jewels
In piena epoca Black Lives Matter i due “cazzoni” Killer Mike ed El-P sono diventati supereroi dell’hip hop e punto di riferimento del movimento. Nel loro quarto album ci sono impegno, rime tecniche e beat da filologi. La nostra intervista.
“The Universe Inside” The Dream Syndicate
L’arte della jam secondo la band di Steve Wynn che da quando s’è rimessa assieme non sbaglia un colpo. È un album bello e strano: una lunghissima jam, durante la quale i musicisti hanno suonato liberamente, poi riassemblata in pezzi lunghi anche 20 minuti. Trovate qui la playlist con la musica che ha ispirato il disco.
“The New Abnormal” The Strokes
Altroché “new normal”. Gli Strokes cantano il “new abnormal” in un disco molto newyorchese e parecchio decadente. Ed è bello proprio per questo motivo. “I vecchi tempi sono andati”, cantano, “meglio reggersi ai sostegni”. La recensione.
“It Is What It Is” Thundercat
Un frullato di generi sospeso tra farsa e tragedia. Il bassista, cantante e produttore affronta il vuoto lasciato dalla morte di Mac Miller in un disco avventuroso, spaziale e malinconico scritto con Flying Lotus. La recensione.
“Heaven To a Tortured Mind” Yves Tumor
Yves Tumor è enigmatico e tormentato. Scrive canzoni oscure e spigolose. Ma riesce a raccontare le relazioni in modo intenso e originale, a tratti persino accessibile. Un altro pop è possibile. Ne abbiamo parlato qui.